Gabriel
Garcia Marquez è stato uno dei più grandi scrittori, ricevendo anche un premio
nobel. Nato nel 1927 e morto nel 2014, era colombiano. Dalle foto è possibile
intravedere un sorridente vecchietto con i baffoni e gli occhiali: non saprei
spiegare perché, ma il suo volto mi trasmette allegria; un contrasto interessante
invece con il romanzo di cui sono in procinto di parlare oggi.
Premetto
che non avevo mai
letto niente di Marquez, anche se “Cent’anni di solitudine” era nella lista dei libri da leggere che la mia professoressa di italiano ci aveva dato alle superiori per le vacanze, non ricordo di quale anno. Quindi la mia conoscenza di questo autore era legata al solo “sentito dire”. Un grande fan mi ha consigliato di leggerlo e mi ha prestato due opere: “La mala ora” e “Cent’anni di solitudine”. Per il momento, purtroppo, lo studio mi sta portando via tantissimo tempo e dovrò dedicarmi alla lettura di libri meno impegnati a causa della mia incapacità di fare due cose contemporaneamente. Quindi “Cent’anni di solitudine” dovrà aspettare un po’, così come altri libri della lista.
letto niente di Marquez, anche se “Cent’anni di solitudine” era nella lista dei libri da leggere che la mia professoressa di italiano ci aveva dato alle superiori per le vacanze, non ricordo di quale anno. Quindi la mia conoscenza di questo autore era legata al solo “sentito dire”. Un grande fan mi ha consigliato di leggerlo e mi ha prestato due opere: “La mala ora” e “Cent’anni di solitudine”. Per il momento, purtroppo, lo studio mi sta portando via tantissimo tempo e dovrò dedicarmi alla lettura di libri meno impegnati a causa della mia incapacità di fare due cose contemporaneamente. Quindi “Cent’anni di solitudine” dovrà aspettare un po’, così come altri libri della lista.
“La
mala ora” è stata una lettura interessante e particolare. Opera pubblicata in
Italia nel 1970, narra la storia di un paesello sud americano e dei personaggi
che lo abitano, ciascuno con le proprie caratteristiche e la propria storia. La
narrazione è in terza persona e segue i vari personaggi in modo alternato,
raccontando un po’ di uno ed un po’ dell’altro. Sinceramente io non sono
riuscita a seguire perfettamente la trama, o meglio, la sensazione che ho avuto
è stata quella di leggere un pezzo di un racconto senza saperne però l’inizio e
la fine, come leggere una trilogia, ma saltando il primo e il secondo libro.
Come guardare fuori dalla finestra e riuscire a vedere solo uno sprazzo della
realtà esterna che mi circonda. Che di per sé in realtà risulta essere una
metafora interessante della vita umana: la nostra visione è sempre solo un
pezzo della realtà e una sola parte di verità.
Lo
stile è diverso da quello cui sono stata abituata, e questo è possibile notarlo
anche attraverso le ambientazioni che vengono descritte, fortemente lontane dal
nostro “occidente” così tecnologico. Cos’ distante che solo dopo molte pagine
mi sono resa conto che fosse un racconto moderno, ambientato negli anni in cui
l’opera è stata effettivamente scritta. La prima immagine che mi si era formata
in testa era un’ambientazione stile Zorro, devo essere sincera, e pensavo fosse
ambientata in un passato abbastanza remoto. Mi sono dovuta ricredere e mi sono
lasciata trasportare in un mondo diverso, abbandonando pre-concezioni e schemi
mentali tipici occidentali. In questo modo sono riuscita ad apprezzare meglio diversi
aspetti sia legati alla storia in sé, sia allo stile di scrittura. La storia ho
cominciato a capirla dopo un po’ di pagine, infatti la vita del paese che viene
descritta è una vita post elezioni, dove ci sono fazioni opposte che ancora si
fronteggiano e portano risentimento/rancore l’una per l’altra.
Trovo
che le descrizioni di Marquez siano molto belle, molto dettagliate, ma quel
tanto che basta per non annoiare e, anzi, affascinare.
“Si vestì senza lavarsi
e senza pregare. Era grande, sanguigno, aveva una pacifica figura di bue
mansueto, e si muoveva come un bue, con gesti densi e tristi. Dopo aver
corretto l’abbottonatura della tonaca con la solerzia languida di dita che
controllano l’accordatura di un’arpa, fece scorrere il paletto e aprì la porta
del patio.”
I
personaggi sono tantissimi e ho fatto molta fatica a starci dietro, anche perché
spesso venivano nominati senza spiegare esattamente chi fossero, come se
fossero semplici comparse che però poi successivamente venivano ripresi più
volte.
Questo
è un aspetto che credo sia legato alla differenza di stile che l’autore
utilizza rispetto a quelli che, come me, sono abituati a leggere uno stile più
americano o occidentale in generale.
Per
quanto riguarda lo stile e la capacità di scrittura mi è piaciuto molto, ma per
quanto riguarda la storia non saprei dire, onestamente, se mi è piaciuta o
meno; è stato come aprire una finestra sul paese descritto e poi richiuderla,
senza sapere come andrà a finire, cosa succederà, se i problemi si risolveranno
e quali invece nasceranno. Ma alla fine questa è la realtà, giusto? Nessuno sa
realmente come andranno a finire le cose, e qualcuno nemmeno sa come sono
iniziate. E anche per questo l’ho trovato un romanzo interessante e ricco di
spunti di riflessione.
- Pearl
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