Buongiorno a
tutti.
Oggi parliamo
nuovamente di un giallo, ma non correte tutti via alzando gli occhi al cielo,
perché questo giallo poi tanto giallo non è, dunque se i romanzi in cui
null’altro accade se non infinite descrizioni di un paesaggio inutile alla trama, o dove i personaggi sono troppo poco approfonditi e non vi è spazio per gli
avvenimenti
misteriosi, potete rimanere.
misteriosi, potete rimanere.
Oggi altro
autore tedesco, Harald Gilbers, classe 1969, studioso di letteratura inglese e
storia moderna e contemporanea. È
inoltre un regista teatrale e, prima di questo ha fatto il giornalista.
Sicuramente non uno sbarbatello nel settore. Il libro si intitola “Berlino 1944
– caccia all’assassino tra le macerie” e narra la storia dell’ex-commissario di
polizia Richard Oppenheimer, chiuso in una Judenhaus con la moglie, in attesa
del suo destino. Come il titolo può facilmente far intuire sono in piena guerra
mondiale, a Berlino, nel maggio 1944. Ex-commissario in quanto ebreo e non
ancora deportato presso un campo di concentramento in quanto sposato ad una
donna tedesca. Una notte un uomo in uniforme lo preleva dalla sua stanza e lo
porta su una scena del crimine: un corpo femminile è stato ritrovato mutilato e
viene richiesto il suo aiuto per trovare una soluzione rapida a questa indagine
che resterà segreta.
Dal punto di
vista dello stile lo ritengo un romanzo scorrevole e rapido da leggere, le
descrizioni non pesano e non annoiano, inoltre il linguaggio è semplice ed
efficace: la lettura porta immediatamente all’atmosfera del periodo, ai
costumi, alla situazione politica e culturale. Sicuramente è un autore in grado
di raccontare questo tipo di storie forte dei suoi studi.
Dal punto di
vista dei personaggi posso dire che sono ben descritti, anche se alcuni non
sono molto approfonditi, ma considerando che questo dovrebbe essere il primo
libro di una trilogia con l’ex-commissario come protagonista, immagino che le
parti rimaste oscure in queste quasi 400 pagine troveranno luce nei prossimi
seguiti. In particolare viene approfondito il protagonista, un protagonista
giusto, un uomo onesto e responsabile, ma soprattutto umano. Vengono accennati
due particolari aspetti della sua vita che lo portano alla portata del
pubblico, che gettano su di lui una leggera ombra di umanità che porta a non considerarlo
come un essere perfetto. E questo è assolutamente positivo, l’ho già scritto in
passato in qualche recensione, ma rendere i personaggi dei racconti accessibili
a tutti i lettori risulta fondamentale per l’immedesimazione ma soprattutto per
gli effetti positivi che la lettura può avere su ciascuno di noi. L’idea che
tutti possiamo essere eroi pur avendo sbagliato in passato e che è quindi
possibile recuperare anche senza poter cambiare il passato, solo assumendoci la
responsabilità di essere migliori. Dunque Oppenheimer è il personaggio meglio
descritto, viene accennato il personaggio della moglie che resta però sullo
sfondo. Gli altri due personaggi che condividono con lui molte di queste pagine
sono la sua ex aiutante nonché amica Hilde, è approfondita poco ma è una donna
forte, coraggiosa e combattiva, appassionata di psicologia e del funzionamento
della mente umana, convinta antihitleriana e molto affezionata all’amico.
L’altro personaggio è l’Hauptsturmfürer delle SS, ovvero un Capitano delle SS,
colui che decide di interpellare il protagonista nelle indagini e di sfruttarne
le capacità nonostante le sue origini ebree. Rimane ambiguo per tutto il
romanzo, tenendo il lettore in sospeso, indeciso sulla categoria alla quale
assegnarlo: quella dei buoni o quella dei cattivi. Da un lato sembra
affezionarsi all’ex-commissario mentre dall’altro si dichiara ed è fermamente
convinto di essere dal lato giusto della barricata e dunque è un sostenitore
del nazismo e di Hitler. Sarebbe interessante vedere come prosegue questa
evoluzione e dove potrebbe portare.
Ciò che risulta
particolarmente realistico sono le reazioni umane dei personaggi: la paura, la
sensazione di essere braccati, la consapevolezza di essere completamente nelle
mani di una persona per la quale non si è nulla più di un fastidio o di una
fonte di informazioni. Il punto di vista umano mi sembra analizzato in modo
abbastanza approfondito se si considera che è classificato come libro giallo. E
qui veniamo alle note dolenti.
Il giallo,
quindi la storia di investigazione e mistero non mi ha soddisfatta pienamente,
perché sì, qua e là, ci sono degli elementi succulenti che riattivano
l’attenzione e fanno drizzare le orecchie (o forse in questo caso gli occhi)
per captare ogni piccolo indizio possibile, ma poi l’attenzione scema nel giro
di poco e si perde nella storia. È come se l’indagine fosse il centro della
storia solo in quanto spunto per raccontare le vicende del personaggio, ma in
realtà resta molto in trasparenza. Non ci sono colpi di scena e nemmeno momenti di suspense, e avrei qualcosa da dire
sull’autore di questi delitti narrati ma potrei rischiare degli spoiler e
dunque mi asterrò.
In conclusione è
un bel libro e lo consiglio molto soprattutto agli appassionati dei libri
storici, il giallo è carino ma se siete amanti di Sherlock Holmes potreste non
trovarlo stimolante. Promosso il romanzo e insufficiente il giallo.
-Pearl
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