Edgar Allan
Poe è sicuramente uno degli autori più famosi al mondo, se non altro per gli
appassionati del genere mistero e paura, anche se forse per i racconti di paura
viene secondo a Lovecraft. Autore e scrittore nato nel 1809 e morto a soli 40
anni nel 1849, si è distinto per i suoi racconti e le sue poesie. Sembrano
essere molti i meriti di tale scrittore in campo letterario, ma non mi sento adatta
a parlarne adeguatamente, dato che
anche se i suoi racconti mi piacciono molto, non mi sono mai presa la briga di informarmi in modo approfondito su di lui (sì, sono pigra e parecchio impegnata con l’università, me ne scuso). Quindi non mi ergerò a intellettuale sbrodolando su di lui per gran parte del post, ma mi concentrerò solo sui racconti di cui oggi vi voglio parlare.
anche se i suoi racconti mi piacciono molto, non mi sono mai presa la briga di informarmi in modo approfondito su di lui (sì, sono pigra e parecchio impegnata con l’università, me ne scuso). Quindi non mi ergerò a intellettuale sbrodolando su di lui per gran parte del post, ma mi concentrerò solo sui racconti di cui oggi vi voglio parlare.
Io ho una
raccolta di racconti che comprende
“Racconti del mistero e del raziocinio”, “Racconti del mistero e del terrore” e “Racconti
fantastici e grotteschi”, ma qui vi parlerò solo della prima parte, prima di
tutto perché sono quelli che più mi interessano in quanto gialli molto ben
dettagliati e pensati, in secondo luogo perché sono i precursori, se mi
permettete il termine, delle opere di Arthur Conan Doyle. Ma di quest’ultima
parte vorrei parlare quando scriverò la recensione di Sherlock Holmes, almeno
per quanto riguarda le somiglianze nella trama.
Quindi,
questa raccolta contiene 4 storie:
- I delitti
della Rue Morgue
- Il mistero
di Marie Rogêt
- La lettera
rubata
- Lo scarabeo
d’oro
“I delitti
della Rue Morgue” narra di un caso in cui due donne, madre e figlia, vengono
uccise e orrendamente mutilate; nonostante i vicini sentano le grida delle
donne, la voce di un uomo che parla in francese ed una voce stridula
incomprensibile, quando la polizia arriva e sfonda la porta, non trova nessuno.
La porta e le finestre erano sbarrate ma trovano solo le due donne. Dell’assassino
o degli assassini nessuna traccia.
“Il mistero
di Marie Rogêt” racconta invece di come il protagonista risolva un caso di omicidio,
ricostruendo i fatti e smentendo testimoni e prove solo leggendo gli articoli
di giornale dedicati a questa storia. Tutto il racconto quindi risulta essere
un dialogo tra il protagonista e l’amico.
“La lettera
rubata” si occupa di un caso in cui scompare una lettera compromettente che
potrebbe portare addirittura ad uno scontro tra due nazioni.
“Lo scarabeo
d’oro”, infine, descrive un’interessante caccia al tesoro, da parte di due
amici, un servitore ed un cane.
La prima
cosa che mi viene da dire è che sono tutti e quattro molto belli, pensati nei
minimi dettagli, con soluzioni logiche nonostante all’inizio sembrino casi
assurdi o impossibili e le uniche spiegazioni a cui si riesce a pensare hanno a
che fare con magia, paranormale o fantascienza. Le sue descrizioni sono molto
dettagliate e questo però, purtroppo, è anche un punto a sfavore, perché se a
volte le minime sottigliezze rendono il tutto più intrigante e verosimile, a
volte sono veramente troppo. Ci sono descrizioni che mi hanno davvero annoiato.
Fortunatamente non erano molte, ma la sensazione di noia è stata così grande da
farle sembrare molte di più. In più, forse, un altro aspetto che oltre alla
minuziosità ha contribuito ad aumentare questa sensazione, è lo stile della
scrittura. Ripensando agli anni in cui Poe scriveva è chiaro immaginare una
modalità di scrittura differente da quella attuale, con un linguaggio un po’
diverso, uno stile differente. Non per questo negativo, anzi, il suo modo di
scrivere mi è piaciuto ma per il mio gusto personale, se viene abbinato ad una
descrizione troppo lunga e troppo dettagliata ha il potere di amplificarne noia
e a volte anche la difficoltà.
Il secondo
aspetto che mi sembra rilevante sono i personaggi principali, Auguste Dupin per
i primi tre racconti e William Legrande per l’ultimo, che sono incredibilmente
somiglianti a quello che poi sarà Sherlock Holmes. Simili nel modo di
ragionare, negli hobbies, nella personalità. Sono entrambi Sherlock Holmes. E
le vicende sono sempre narrate da una seconda persona, amica del protagonista,
che lo accompagna e trascrive gli avvenimenti esattamente come Watson scriveva
delle incredibili imprese dell’amico. Delle somiglianze nelle trame e nello
svolgimento delle storie in sé parlerò nella recensione di Doyle, ma ci sono.
Inutile dire
che ho amato questi racconti e che li consiglio assolutamente a tutti gli
appassionati di gialli, ai fan di Sherlock Holmes: se non li avete ancora letti
fatelo, darà una nuova luce al vostro personaggio preferito e in parte, in bene
o in male, anche al suo autore. Infine lo consiglio a chi è semplicemente
curioso e non ha mai letto nulla di Edgar Allan Poe, perché credo che ci siano
autori di cui bisognerebbe leggere qualcosa, almeno un libro, almeno un
racconto nell’arco della vita. E parlo di autori che hanno fatto la storia
della letteratura. Questo non vuol dire che piaceranno per forza, ma ritengo
sia utile averne un’idea.
Mi rendo
conto che una recensione di questo genere può risultare scarna, che racconta
troppo poco delle storie e che quindi difficilmente riesce a stimolare una
grande curiosità, ma riportare le trame in modo più approfondito vorrebbe dire
fare spoiler e, i gialli sono libri da scoprire, che devono mantenere il loro
alone di mistero. Altrimenti tutto il loro fascino si sgretola e il piacere di
leggerli viene meno. Per cui mi dispiace se non ho inserito notizie più
accattivanti, ma se avete letto altre recensioni e vi siete trovati d’accordo
con me, o se in alcuni casi vi ho convinto a leggere qualcosa, fidatevi e non ve
ne pentirete.
-Pearl
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