Buongiorno a
tutti. Inauguriamo l’anno nuovo con una delle mie passioni: il giallo. Sì, lo
so, comincio a diventare monotona ma sono gli unici libri che riesco a leggere
in breve tempo e che quindi si prestano meglio a me in questo periodo di vita
così ricco di cose da fare. Dunque mi dispiace ma vi toccherà un’altra
recensione del mistero.
Il libro di cui
vado a parlare oggi si chiama “Revolver” di Simone Buchholz, una scrittrice tedesca, e narra la storia di un procuratore di nome Chastity Riley e dei casi che le si presentano. È il primo di una serie, dunque usciranno (o forse già sono usciti) altri libri con la stessa protagonista. Le vicende si svolgono ad Amburgo, in particolare nel quartiere a luci rosse. Il caso specifico di questo libro riguarda il ritrovamento del cadavere di una ballerina di night club cui è stato fatto lo scalpo. Da qui partono le indagini verso la ricerca di quello che sembra essere un serial killer.
vado a parlare oggi si chiama “Revolver” di Simone Buchholz, una scrittrice tedesca, e narra la storia di un procuratore di nome Chastity Riley e dei casi che le si presentano. È il primo di una serie, dunque usciranno (o forse già sono usciti) altri libri con la stessa protagonista. Le vicende si svolgono ad Amburgo, in particolare nel quartiere a luci rosse. Il caso specifico di questo libro riguarda il ritrovamento del cadavere di una ballerina di night club cui è stato fatto lo scalpo. Da qui partono le indagini verso la ricerca di quello che sembra essere un serial killer.
Partiamo subito
con il dire che è scritto in modo scorrevole e che si legge piacevolmente, ci
sono diverse storie che si incrociano alla vita della protagonista e che non
vengono approfondite più di tanto, ma questo credo sia dovuto dal fatto che,
essendo questo il primo di una serie di libri, le storie degli altri personaggi
principali verranno trattate meglio nel corso della serie.
Il libro è
scritto in prima persona, perché è la protagonista a raccontare la storia e noi
vediamo ogni cosa dal suo punto di vista nel momento esatto in cui si verifica,
in quanto il tempo verbale è il presente. Tendo a preferire, soprattutto nei
gialli e nei thriller, l’utilizzo della terza persona nonché una narrazione di
eventi passati, però non posso dire che questo stile telecronaca non sia
comunque buono.
Per quanto
riguarda i personaggi sono descritti abbastanza bene, diciamo che più che altro
sono facilmente intuibile, per esempio, il commissario Fallen non viene mai
descritto nel fisico o nel carattere, ma riusciamo comunque a farci un’idea del
tipo di persona che dovrebbe essere.
La protagonista,
Chastity, viene descritta come una donna di trentotto anni con un passato con
proprio roseo, segnato da una storia famigliare piuttosto tragica che le ha
causato e ancora le causa problemi di pressione. Questi sbalzi la portano a
svenire pare chiedo volte, soprattutto davanti alla vista di un cadavere. Viene
descritta come una donna forte, indipendente, in carriera, brava nel suo
lavoro, ma fondamentalmente sola, senza amici o relazioni amorose. Risulta una
buona protagonista, non le wonder woman perfette che spesso ci troviamo a
rivedere soprattutto nelle serie tv: bellissime, intelligenti, super sexy, brave
a fare tutto, con una marea di uomini ai loro piedi. L’unica pecca che riesco a
trovare nel suo personaggio è la sua facilità di svenimento, in quanto mi
sembra eccessivo e poco pertinente. Capisco il volerla rendere un po’ fragile
ma svenire davanti ai cadaveri o quando ci si trova sotto pressione è un
problema non proprio indifferente quando si è un procuratore. Un altro aspetto,
non proprio critico, perché ci sta con il suo personaggio, è che a volte, nel
libro, sembra comportarsi in modo irrazionale, si lascia travolgere un po’ troppo dalle emozioni e dall’impulsività.
Questo è un aspetto che non mi è piaciuto per un gusto assolutamente personale,
forse perché è un aspetto nel quale non
riesco in alcun modo ad immedesimarmi.
Per quanto
riguarda invece gli altri personaggi principali, dunque tutta la squadra
investigativa al comando della protagonista, alcuni risultano interessanti
anche se solo abbozzati, altri invece sono tratteggiato solo tramite
stereotipi. Sarà che sono italiana e forse sono anche un po’ permalosa, ma il
poliziotto italiano di Napoli è lo stereotipo vivente tipico delle altre
nazioni: pizza, mammoni, cornetto. C’è poi stata un’affermazione
dall’autrice che mi ha dato parecchio
fastidio: riferendosi a Calabretta dice che se non fosse andato in Germania
probabilmente ora non sarebbe un poliziotto ma sì troverebbe “dall’altra
parte”. Io l’ho interpretato come “sarebbe un mafioso” è dentro di me ho
sentito una buona dose di fastidio ed irritazione, perché è importante
distinguere tra mafioso e italiano o mafioso e napoletano in questo caso. Non
tutti quelli che nascono in quartieri ricchi di criminalità diventano poi
effettivamente dei criminali. Ci sono poi altri riferimenti agli italiani i in
modo stereotipato ma vabbè, diciamo che quelli sono accettabili.
Lo classifica
come giallo perché manca tutta la parte della suspense che lo porterebbe nella
categoria thriller, e anche perché il colpevole si intuisce abbastanza facilmente,
non ci sono grandi colpi di scena che fanno restare il lettore a bocca aperta.
Dunque
sicuramente un buon giallo, buona scrittura e buoni personaggi. Lo consiglio,
come sempre, agli amanti del genere, ma
anche a chi si potrebbe essere incuriosito ma vorrebbe partire con qualcosa di soft prima di passare ad
altro, magari ad un thriller.
-Pearl
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