Buongiorno a
tutti!
Oggi parliamo di
un libro molto interessante che ha come protagoniste assolute le emozioni.
Inoltre rientra nella categoria di “libri per bambini” perché è adatto a
partire dai tre anni di età, ma non mi sentirei di mettere un limite a questo
libro. Anzi ci terrei molto a sottolineare che, spesso, i libri per bambini
sono divertenti ed educativi per il loro
target di riferimento, ma sono molto più esplicativi e suggestivi per gli adulti, che magari si ritrovano con figli o nipoti a leggerli.
target di riferimento, ma sono molto più esplicativi e suggestivi per gli adulti, che magari si ritrovano con figli o nipoti a leggerli.
Questo libro si
intitola “Emozionario. Dimmi cosa senti” e si pone come obiettivo quello di
spiegare in modo semplice e accompagnato da interessanti illustrazioni che cosa
sono le emozioni, cosa vuol dire essere felici, cosa significa arrabbiarsi, come
ci si sente quando si prova vergogna o quando ci si trova davanti alla
frustrazione. Non c’è un vero e proprio autore, nel senso che questo libro è
stato scritto a più mani da più di una persona, dunque una lista di diversi
autori che non sono ancora riuscita a recuperare con sicurezza, nel senso che
non ho idea di chi siano. Gli unici nomi riportati in copertina sono di coloro
che si sono occupati delle illustrazioni. Girovagando per vari siti di case
editrici e di recensioni altrui ho trovato due nomi: Cristina Nunez Pereira e
Rafael Valcarcel, che vengono citati come gli autori. Non ne sono certa al 100%
ma prendiamola per buona. Questo è infatti un libro proveniente dalla Spagna e
sembra che stia riscuotendo un gran successo.
Dal punto di
vista stilistico è molto bello e ben organizzato: aprendo il libro è possibile
vedere una grande immagine che rappresenta l’emozione specifica e che va ad
occupare una facciata e mezza. Il restante spazio è dedicato alla descrizione
dell’emozione. Ne riporto un paio, giusto per far capire come è scritto il
libro:
“Tenerezza – Alcuni
esseri risvegliano la nostra tenerezza: un cucciolo, i germogli sui rami di un
albero, un nonnino… la tenerezza è vicinanza, affetto e compassione. Proviamo
tenerezza per persone, esseri e oggetti indifesi o che non sembrano minacciosi.
Dove si trova la tenerezza? La tenerezza è dentro di te. Però sono gli altri
che aprono la porta della tua tenerezza. La fragilità degli altri risveglia il
nostro desiderio di essere gentili, attenti e comprensivi. La tenerezza è un
invito all’amore.”
“Odio – L’odio è
una grande antipatia, un rifiuto che proviamo per qualcosa o qualcuno. Di
conseguenza, desideriamo che a questa cosa o a questa persona capiti qualcosa
di brutto. Quanto dura l’odio? Certe volte l’odio dura molto tempo. Altre
volte, soltanto un pochino. Puoi provare un odio passeggero per una persona ma
questo non vuol dire che tu abbia smesso davvero di volerle bene. Se l’odio ci
spinge all’azione siamo vittime dell’ira.”
Come è possibile
vedere sono descrizioni chiare e semplici e al termine di ogni descrizione c’è
una frase che anticipa l’emozione successiva, in questo caso amore e ira. Le
emozioni descritte sono molte, 42 per la precisione e per ciascuna di esse
viene seguito questo schema.
Onestamente
parlando, lo ritengo un libro molto bello, molto utile ed educativo,
soprattutto considerando il contesto storico – sociale nel quale si inserisce:
quante volte ci è capitato di vedere bambini fare i capricci per strada? Non
ascoltare i genitori ed urlare all’improvviso senza un qualche motivo
plausibile? Sicuramente in queste situazioni gioca un ruolo importante
l’educazione, ma è bene ricordare che l’educazione compre un ampio raggio di
ambiti: non c’è solo l’educazione scolastica, l’educazione non è solo dire
“grazie” o “per favore”. Esiste anche quella che viene definita educazione
emotiva, e che attualmente tanti danno per scontata, tralasciandola per dare
spazio ad altro. Magari allo sport oppure ad altre attività ritenute più
importanti. Tanto le emozioni le proviamo tutti, quindi perché spiegarle ad un
bambino? È normale averle ed è normale capirle al momento giusto.
No, non funziona
proprio così. Provate a pensare di essere piccoli, di avere, non so, 2 anni e
trovarvi magari all’asilo, dove la mamma non c’è. Vorreste tanto giocare con
l’orsacchiotto di peluche, ma ci sta già giocando un altro bambino. Però voi lo
volete tanto, tanto, forse anche più di quel bambino, lui ci stava già giocando
prima quindi adesso tocca a voi. Pensate a quello che le emozioni suscitano
dentro di voi. Le sensazioni interne che provate quando vi sale la gelosia, o
la rabbia. Un adulto, che conosce queste emozioni, perché le ha già
sperimentate, sa riconoscerle e dunque, prima di agirle, mette in atto una
serie di strategie e competenze per mediare o pilotare l’emozione in modo da
gestirla e non lasciarla esplodere. Un bambino non lo sa. Un bambino prova le
stesse cose ma non conosce alcuna strategia per dosare la forza dell’emozione.
È l’emozione a guidare l’azione e forse il bambino potrà addirittura essere
spaventato dalle sue stesse azioni.
Riuscire a
spiegare ai bambini cosa sono le emozioni e dare un nome a ciascuna di esse è
fondamentale, perché ciò di cui non sappiamo nulla ci spaventa, ci terrorizza
e, in preda alla paura ci fa agire in modo sconclusionato o impulsivo, facendo
cose che potrebbero ritorcersi contro di noi. Riconoscerle è il primo passo per
rendere le emozioni meno spaventose, ed una volta imparato ciò il bambino sarà
in grado di dire “Sono arrabbiato”, “sono triste”, “sono geloso”, “sono
felice”. Il secondo step è sapere come gestire l’emozione che si prova. Dare un
nome a ciò che ci spaventa fa sì che la
nostra paura diminuisca, perché provare delle sensazioni senza sapere cosa
siano, sensazioni che ci portano ad agire, può mandarci in panico. Sapere che
quella specifica sensazione ha un nome, le dà un contesto, e se ha un nome
qualcuno prima di noi ci deve essere già passato e deve avere già superato
questa cosa. Qualcuno sa cosa è dunque ora posso chiamarla con il suo nome e
cercare di capire, possibilmente con l’aiuto di un adulto, come fare fronte a
tutto ciò.
È inevitabile
per me pensare a quanto sia triste che l’educazione emotiva sia stata
trascurata e lasciata da parte negli ultimi anni, perché i bambini che sanno
gestire le frustrazioni e che sanno gestire i “no” saranno adulti maturi con le
competenze e le capacità necessarie a fronteggiare le delusioni della vita,
fino ad uscirne rafforzati e arricchiti. Un bambino che non sa gestire un “no”,
che adulto diventerà? Io un’idea personale ce l’ho, e la si vede spesso in giro,
sui giornali o in tv, quindi invito tutti a riflettere su questo. IO so
riconoscere le emozioni che provo? E le so anche gestire? E i miei figli?
Consiglio questo
libro a tutti, senza distinzione di età, anzi, lo consiglio soprattutto ai
genitori, ai nonni e agli zii.
-Pearl
Nessun commento:
Posta un commento