Buona sera a
tutti!
Oggi parliamo di
letteratura italiana, quella parte di letteratura tipica del nostro bel paese,
ma che spesso salto, tralascio, dimentico. Infatti non ho mai letto molto
di autori italiani nonostante li senta
citare molto spesso, e devo ammettere che di solito ne sento parlare bene , se
si sorvola su certi scrittori della domenica.
Parto però
con il botto, e dopo aver recensito “Quattro gatti” di un’autrice italiana, mi dedico ad uno dei più grandi scrittori italiani: Leonardo Sciascia. Ho letto “Il giorno della civetta”, uno delle sue opere più famose, edito nel 1961 da Einaudi. Risulta essere n giallo/poliziesco che si occupa di un omicidio, che poi ne scatenerà altri, in Sicilia. L’investigatore è un capitano del nord, Bellodi, che si trova a fare i conti con un delitto legato alla mafia. Si ispira ad un vero omicidio, avvenuto per mano di Cosa Nostra.
con il botto, e dopo aver recensito “Quattro gatti” di un’autrice italiana, mi dedico ad uno dei più grandi scrittori italiani: Leonardo Sciascia. Ho letto “Il giorno della civetta”, uno delle sue opere più famose, edito nel 1961 da Einaudi. Risulta essere n giallo/poliziesco che si occupa di un omicidio, che poi ne scatenerà altri, in Sicilia. L’investigatore è un capitano del nord, Bellodi, che si trova a fare i conti con un delitto legato alla mafia. Si ispira ad un vero omicidio, avvenuto per mano di Cosa Nostra.
Sembrerà sciocco
leggere questa domanda, ma quanti di voi conoscono o sanno cosa è la mafia? E
quanti di voi sanno quanto è esteso il loro territorio di azione? La maggior
parte degli italiani conosce la mafia solo perché ne ha sentito parlare al
telegiornale o magari in qualche programma e pensa ancora oggi che sia un
problema del sud, della Sicilia o di Napoli. Altri ancora credono che la mafia
sia ormai sconfitta e che non esista più. E vi posso assicurare che all’estero
sono veramente pochi quelli che sanno che la mafia esiste veramente: per loro è
o potrebbe anche essere un invenzione fatta ad hoc per il cinema. La realtà è
ben diversa, come confermano diverse analisi e ricerche, non solo quelle
dell’antimafia ma anche quelle di coraggiosi studiosi che si interessano
all’argomento (vedi per esempio i lavori di LoVerso e Giorgi, psicologi che
studiano la mafia da questo punto di vista, o i lavori di Nicaso, giornalista
che vive e lavora in Canada).
Sciascia era
siciliano e quindi poteva vedere e sapere molto più di quello che si sapeva per
esempio al nord; e infatti il suo racconto e le sue descrizioni esprimono in
modo semplice ma molto evocativo e chiaro la realtà della mafia, quello che la
mafia fa, quello che la mafia è. Mi permetto di citarvi una parte del suo
romanzo che mi è sembrata molto efficace da questo punto di vista:
“E ciò
discendeva dal fatto, pensava il capitano, che la famiglia è l’unico istituto
veramente vivo nella coscienza del siciliano, ma vivo più come drammatico nodo
contrattuale, giuridico, che come aggregato naturale e sentimentale. La
famiglia è lo Stato siciliano. Lo Stato, quello che per noi è lo Stato, è fuori:
entità di fatto realizzata dalla forza e impone le tasse, il servizio militare,
la guerra, il carabiniere. Dentro quell'istituto che è la famiglia, il
siciliano varca il confine della propria naturale e tragica solitudine e si
adatta, in una sofisticata contrattualità di rapporti, alla convivenza. Sarebbe
troppo chiedergli di valicare il confine tra la famiglia e lo Stato. Magai si
infiammerà all’idea dello Stato o salirà a dirigerne il governo: ma la forma
precisa e definitiva del suo diritto e del suo dovere sarà la famiglia, che
consente più breve il passo verso la vittoriosa solitudine.”
Quello che
emerge e che viene narrato rispecchia un po’ la realtà dei fatti, sicuramente
di allora, ma in parte anche di oggi. Non si parla di mafia, c’è l’omertà,
quella che viaggia a braccetto e di pari passo con la mafia e che ne garantisce
il successo ed il dilagarsi della stessa. Tutto è descritto in maniera molto
precisa e, ripeto, semplice, comprensibile a tutti.
Con una nota
allegata all’edizione Einaudi nel 1972 l’autore specificò l’obiettivo di questa
opera: era un modo per sbattere la realtà in faccia a chi al governo, nel 1960
ancora negava l’esistenza dell’organizzazione criminale. Nessun libro allora
parlava di mafia e dunque questo libro ha voluto essere la “notizia bomba”, in
barba a chi sapeva e ha sempre negato. Ancora oggi in realtà c’è chi nega l’esistenza
o, la maggior parte, dichiara che non esiste più, che è un fenomeno passato e
sconfitto.
È un libro
breve, di un centinaio di pagine circa e lo consiglio molto, soprattutto a
quelle persone che la mafia non sanno nemmeno cos’è, che non sanno che si trova
anche fuori dalla loro porta di casa e che mantengono nella mente lo stereotipo
del mafioso vecchio stampo, ma il mafioso non è più quella persona ben vestita,
con la coppola e i gioielli. La mafia si adatta ai tempi che corrono e si
trasforma, portando con sé il cambiamento dell’ambiente stesso in cui si va ad
insediare. Per questo la si trova un po’ ovunque nel mondo e se noi italiani siamo
avvantaggiati perché è nata qui e dunque abbiamo una più lunga storia e una
maggiore consapevolezza (sempre troppo poca, comunque), all’estero spesso non
sanno nemmeno di averla e quando della mafia tutti rispondono “Ah sì, il film
de ‘Il padrino’!”.
Piaciuto: sì.
Consigliato: sì.
Serve altro per
convincervi a cominciare a leggere??
-Pearl
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