Buongiorno!
Il
libro di oggi è nuovamente un thriller e narra la storia di una psicologa
forense che collabora con la polizia nella unità delitti irrisolti (una specie
di cold case, se vogliamo fare un paragone con il piccolo schermo), e in questa
collaborazione si imbatterà in un caso in realtà fresco e anche attuale. Il
titolo è “Ossa fredde” mentre l’autrice A. J. Cross, anch’essa
psicologa forense.
psicologa forense.
Mi
sembra importante sottolineare, in prima battuta, che è sicuramente un libro
che attira e ha attirato la mia attenzione sotto diversi punti di vista: il
primo è la presenza della psicologa e della psicologia all’interno della
polizia nell’ambito investigativo. Tratta poi un altro argomento interessante
che è quello del delitto ripetuto su base psicologica/psichiatrica, cui spesso
si fa riferimento quando si parla di serial killer. Infine c’è l’aspettativa di
vedere un romanzo che approfondisca in modo efficace e realistico questi due
aspetti insieme, aspettativa derivata dal fatto che l’autrice ricopre la
medesima professione della protagonista.
Per
quanto riguarda lo stile, si può dire che è il solito stile da giallo/thriller:
niente descrizioni lunghe o brillanti, niente di poetico, semplicemente un
racconto descrittivo fatto dopo fatto, condito di considerazioni fatte dalla
protagonista ed una storia amorosa complessa, con un bel triangolo, che non può
mai mancare.
Passando
ai personaggi della storia si possono riconoscere i grandi classiconi, le
categorie tipiche: la bella psicologa intelligente e sveglia, razionale e con
uno spiccato senso della giustizia, il bel poliziotto muscoloso ed esperto di
armi che viene dall’America e fa il piacente, il poliziotto grasso e scontroso
e l’apprendista problematico, genio del computer. Il loro superiore è
un’incompetente e arrivista, che punta solo a fare carriera e non vuole che si
indaghi troppo approfonditamente sui suoi vecchi casi. Anche gli appartenenti
alla scientifica sono abbastanza classici come personaggi, prevalentemente nerd
o stronzi. La protagonista, anche se inizialmente aveva attirato la mia
simpatia, per la professione svolta e l’aspettativa, con il tempo e il
proseguire della storia risulta essere in realtà eccessivamente saccente e
comincia a divenire irritante.
In
particolare si contraddice nelle teorie e nei pensieri, inoltre trovo che non
sia descritta molto bene la parte in cui lei comincia a collegare i pezzi del
puzzle, fondamentale perché poi porterà alla soluzione del caso. È chiaro che c’è
una differenza tra come una persona è a casa e come è al lavoro: un muratore a
casa non si mette a costruire muri e così anche lo psicologo a casa non si
comporta come tale con i familiari, ma ci sono contraddizioni nei suoi
ragionamenti. Diciamo che anche se si può trovare un riscontro con la realtà
esterna sono quei particolari che danno un po’ fastidio al lettore; ci sta che
il protagonista abbia dei difetti e commetta degli errori, ma in questo caso
c’è uno stacco troppo netto tra il ragionamento logico e professionale e gli
errori che commette nelle azioni che compie.
Non
mi è piaciuta, inoltre, la conclusione troppo rapida: la cattura e ciò che ha
portato la protagonista a scoprire la realtà dei crimini è durata sì e no tre
capitoli, capitoli brevi. Come se l’autrice avesse dedicato troppo poco tempo
alla parte finale rispetto a quella impiegata nel resto del romanzo.
Con
questo non voglio dire che il libro in sé non è godibile, ma lo classificherei un
classico thriller senza troppi fronzoli, senza grande suspense (se non per la
scomparsa improvvisa del gatto, unica parte veramente terrificante per me) qualcosa
che invece mi aspetto da un thriller che si rispetti.
-Pearl
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