Buongiorno a
tutti!
Oggi nuovo
appuntamento con le recensioni e
parliamo di un romanzo del 2012 scritto da Jennifer DuBois, scrittrice
statunitense nonché professoressa della Texas State University. Nata nel 1983,
pubblica per la prima volta il romanzo di cui andiamo a parlare adesso: “Storia
parziale delle cause perse”.
Questo narra due
storie che si andranno
ad incrociare, quella di Alexandr Bezetov, russo ex campione mondiale di scacchi, e Irina, giovane donna di circa trent’anni, nata e cresciuta negli Stati Uniti ma di origini russe. L’elemento che accomuna i due personaggi sono le loro cosiddette “cause perse”: lui ha perso contro un computer progettato per giocare a scacchi e si candida come presidente russo contro Putin, mentre lei è affetta dalla corea di Huntington.
ad incrociare, quella di Alexandr Bezetov, russo ex campione mondiale di scacchi, e Irina, giovane donna di circa trent’anni, nata e cresciuta negli Stati Uniti ma di origini russe. L’elemento che accomuna i due personaggi sono le loro cosiddette “cause perse”: lui ha perso contro un computer progettato per giocare a scacchi e si candida come presidente russo contro Putin, mentre lei è affetta dalla corea di Huntington.
Faccio una
piccola parentesi qui per chi non sapesse cos’è questo disturbo: una malattia
genetica neurodegenerativa irreversibile, che ha il 50% di possibilità di
essere trasmessa ai propri figli. Non so quanti di voi abbiano qualche
conoscenza di genetica ma, essendo una mutazione presente per l’allele
dominante, il 50% di possibilità significa che o ce l’hai oppure non ce l’hai e
quindi non la trasmetterai. Si manifesta intorno ai 35 anni o ai 45, insomma
presto. Il decorso prevede variazioni d’umore e problemi di memoria o di
capacità cognitive precedentemente presenti e perdita graduale della
coordinazione motoria e del controllo muscolare. Tutti questi iniziali sintomi
vanno aggravandosi man mano che la malattia procede e, dall’esordio,
l’aspettativa di vita si riduce a circa 20 anni dall’esordio. Il che significa
che se l’esordio avviene a 35 anni, l’aspettativa arriverà a 55 circa.
Chiaramente la rapidità di declino dipende e varia da persona a persona.
Questa è dunque
la corea di Huntington, la causa persa che si trova a dover affrontare la
protagonista di questo libro. Infatti trova, alla morte del padre, una lettera
da lui scritta al giocatore di scacchi in cui chiedeva consigli su come si può
affrontare una causa persa. Irina decide quindi di abbandonare tutto ciò che ha
negli Stati Uniti e partire per la Russia alla ricerca di una risposta da parte
di questo Bezetov.
Questa è la
trama. Il libro viene suddiviso in due parti, e i capitoli si alternano
narrando le vicende di entrambi i protagonisti spostando il focus dall’uno
all’altra, mantenendo però sempre la terza persona. Nella prima parte si
alternano la vita di Alexandr, dagli albori della sua carriera fino alla
vittoria del titolo di miglior scacchista del mondo (1979/1986), e quella di
Irina, che nel 2006 racconta gli avvenimenti dalla scoperta della malattia fino
alla decisione di partire per la Russia e il trovarsi faccia a faccia con
l’uomo che cerca. La seconda parte mantiene la stessa struttura ma le storie
sono coordinate, non sono più quindi semplicemente parallele ma procedono di
pari passo.
Per quanto
riguarda questa suddivisione l’ho trovata da un lato appropriata in quanto si
sposa bene con la trama: due vite separate che procedono indipendentemente ma
che ad un certo punto si incontrano e non possono far altro che influenzarsi
vicendevolmente. Di contro ho trovato la prima parte un po’ più lenta pesante
da leggere, proprio perché le due vite dei protagonisti sono scollegate e
passare da un capitolo all’altro è risultato un po’ faticoso. La seconda parte
invece è stata più scorrevole nonostante la pesantezza del tema trattato e
l’avvicinarsi della risposta che il lettore attende dalla prima pagina: come si
affrontano le cause perse?
Il romanzo è
scritto bene ed è molto chiaro, facilmente comprensibile, poi io non so
praticamente nulla sulla Russia quindi non ho idea di quanto il suo racconto
sia realistico per quanto riguarda ambientazioni e situazioni sociali, anche se
tendo a credere che l’autrice abbia fatto ricerche al riguardo. La trama però, come ho già accennato, nella
prima parte scorre in modo troppo lento per i miei gusti e non tratta così
approfonditamente come mi sarebbe piaciuto l’aspetto psicologico della protagonista
ma anche di Alexandr. Loro sono di fronte ad una causa persa, rispettivamente
una causa biologica ed una politica, però secondo me non viene approfondito
abbastanza. Certo potrebbe anche rispecchiare la chiusura in sé stessi che
potrebbe caratterizzare e rappresentare la reazione davanti ad una notizia
terrificante. Però mi sarebbe piaciuto uno sguardo più approfondito.
I personaggi ci
stanno, sono realistici, credibili e umani emotivamente parlando, la loro
disperazione ed il loro terrore si può percepire attraverso le pagine scritte,
quindi approvo decisamente il libro.
Ripeto, l’ho
trovato un po’ lentino ma alla fine recupera qualche punto che era stato perso
in partenza.
È interessante
tutto l’aspetto delle cause perse, la riflessione automatica che sboccia quando
durante la lettura noi pensiamo alle nostre personali “cause perse” e ci
troviamo a chiederci cosa faremmo noi al posto dei protagonisti, cosa abbiamo
fatto in situazioni analoghe ma soprattutto questo libro ci porta a pensare ai
nostri problemi da un punto di vista differente. Le loro problematiche sono
senza via d’uscita, ma le nostre lo sono davvero? E se lo sono, abbiamo ancora
possibilità di scelta?
Libro promosso.
-Pearl
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