Buongiorno a tutti.
Nel caso in cui non ve ne siate accorti oggi è il 24
ottobre, e visto che la matematica non è un’opinione, tra 7 giorni esatti sarà
il 31, anche noto come Halloween, una delle nostre feste preferite in assoluto.
Certo, dato che siamo molto pigre non lo festeggiamo andando a party o di casa
in casa a chiedere “Dolcetto o scherzetto?”, ma lo sentiamo dentro di noi, nel
profondo.
Per celebrare questa meravigliosa festività, non italiana (perché
a noi della provenienza non frega nulla, non facciamo discriminazioni di
provenienza culturale), oggi non dedicheremo la nostra rubrica “LibriVSFilm” ad
una trasposizione cinematografica specifica, ma ci concentreremo su due grandi
autori classici del genere horror: Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft.
Infatti le loro opere sono state utilizzate come ispirazione per la produzione
di diversi film, alcuni dei quali citeremo oggi in questo post.
No, nonostante Stephen King sia uno degli autori
contemporanei più famosi del genere, non lo prenderemo in considerazione, in
parte perché vogliamo concentrarci sulla letteratura classica che ha dato
inizio a questo filone di racconti, ed in secondo luogo perché ha scritto
talmente tanti libri poi trasformati in film che non ci sarebbe bastato il
tempo per scrivere di tutto quanto e proseguire contemporaneamente con le
nostre vite.
EDGAR ALLAN POE
Classe 1809, l’autore resta orfano a due anni, e viene affidato
così ai suoi tutori, che cercheranno di occuparsi di lui. Passa un lungo
periodo in Gran Bretagna, dove studierà presso una scuola per lui fonte di
ispirazione in quanto situata a fianco di un cimitero. Tornato negli USA
continua gli studi universitari in modo altalenante, fino ad abbandonare quella
vita e dedicarsi invece a quella militare. Tale vita non lo rende felice e
quindi, dopo aver scritto “Tamerlano” ed una raccolta di racconti decide di
dedicarsi unicamente alla scrittura. Questa scelta si rivela poco proficua
economicamente parlando, lasciandolo senza soldi e costretto a dedicarsi al
ruolo di critico e redattore. In quegli anni (1830 circa) pubblica alcune opere
famose, tra cui le “Avventure di Gordon Pym”, e si sposa. Nel decennio
successivo scrive I delitti della Rue Morgue”, primo racconto poliziesco della
storia, il cui protagonista ispirò poi Arthur Conan Doyle. È solo a questo
punto che nascono i racconti del terrore, come “Il pozzo e il pendolo” e “Il gatto nero” e che ritrova la passione
per la poesia, con la pubblicazione de “Il corvo”.
L’autore resta molto segnato dalla morte della moglie per
tubercolosi nel 1847 e cerca di sfuggire alla solitudine con l’alcol. Due anni
dopo anche lui troverà la morte in modo misterioso e non ancora chiarito. Edgar
Allan Poe è diventato famoso e forse anche voi lo conoscerete come un alcolista
e un consumatore di droghe, realtà legata però solo ai suoi ultimi anni di vita.
La fama di scrittore maledetto sembrerebbe essere stata ingigantita da Rufus
Griswold, un critico che aveva dissapori nei confronti di Poe.
Edgar Allan Poe, più che un poeta maledetto, sarebbe quindi
un uomo che ha avuto una vita breve, sfortunata e infelice.
Tra le sue opere più famose che hanno avuto trasposizioni
cinematografiche ci sono “Il gatto nero”, “La caduta della casa degli Usher” e “Il
corvo”.
In particolare un regista si è dedicato a riprodurre gli
scritti di Poe: Roger Corman. Se questo nome non vi suona familiare, la ragione
potrebbe essere legata al fatto che ha prodotto sì più di 300 film e ne ha
diretti più di 50, ma questi erano per lo più B-Movies. In questa mole di direzioni
rientrano “I vivi e i morti” (tratto da “La caduta della casa degli Usher”) del
1960, “Il pozzo e il pendolo” del 1961, “The Raven – I maghi del terrore” del
1963 e “La maschera della morte rossa” del 1964.
Per quanto riguarda invece l’opera “Il gatto nero”, da essa
hanno tratto ispirazione due registi italiani molto famosi: Lucio Fulci e Dario
Argento. Il primo ha diretto “Black Cat” nel 1981, il suo film meno truculento
e un adattamento non proprio fedele al racconto, infatti in questo film il
padrone del gatto è psichiatra e controlla mentalmente l’animale per fargli
compiere le sue vendette.
Dario Argento invece ha diretto “Il gatto nero” nel 1990, il
secondo episodio di “Due occhi diabolici”, un progetto che prevedeva la
realizzazione di quattro episodi per celebrare l’autore, ognuno dei quali diretto
da un regista differente, ma che è stato interrotto al termine di questa
seconda parte. La critica ha stroncato il primo segmento diretto da George A. Romero,
“Fatti nella vita del signor Valdemar”, mentre ha elogiato il lavoro del
regista italiano.
Più recentemente, precisamente nel 2012, è uscito un altro
film intitolato “The raven”, con protagonista John Cusack nel ruolo di Edgar
Allan Poe. In questo caso i racconti sono semplicemente citati e il regista James
McTeigue si è concentrato sulla figura dello scrittore nel ruolo di
investigatore, sulle tracce di un assassino che usa i suoi racconti per
uccidere. In questo caso non c’è aderenza né ai racconti, né alla vita dello
scrittore.
HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT
Classe 1890, figlio unico nacque a Providence ma si spostò nella
zona di Boston, dove a tre anni suo padre manifestò i primi sintomi di psicosi
e venne rinchiuso in ospedale fino alla sua morte, quando Howard aveva solo 8
anni. Fu cresciuto dalla madre, dalle zie e dai nonni materni, figure
particolarmente importanti che lo introdussero alla letteratura gotica e alla
scienze, specialmente alla chimica e all’astronomia. Amava l’architettura
coloniale americana, la scienza, i gatti, l’arte, la letteratura, la cucina
italiana e i gelati mentre al contrario aborriva volgarità, ignoranza, freddo,
il pesce e le intrusioni straniere nella cultura del New England.
Non poté studiare regolarmente a causa di problemi di salute
dovuti anche ad una caduta che gli provocò un mal di testa cronico. Il suo
primo scritto pubblicato fu nel 1906, una lettera ridicolizzante l’astronomia
in cui sosteneva l’esistenza di un altro pianeta oltre Nettuno (Plutone venne
scoperto solo nel 1930). Nel 1916 cominciò a tessere la sua rete di
corrispondenti, tra cui Robert Bloch (autore di “Psycho”), Robert E. Howard (autore
di “Conan il barbaro”) e J. Vernon Shea, che nel 1965 con un articolo su “The
Magazine of Fantasy and Science Fiction”, farà rinascere la critica
Lovecraftiana negli USA.
Nel 1919, dopo aver sofferto di isteria e depressione, la
madre di Lovecraft venne ricoverata nello stesso ospedale dove il marito era
morto e morì nel 1921, anno in cui Howard strinse amicizia con Sonia H. Greene,
che diventerà sua moglie nel 1924. Il matrimonio non durò a lungo visto che si
accordarono per il divorzio nel 1929.
Negli ultimi anni si dedicò solo a revisioni o
collaborazioni a causa della sfiducia nelle proprie capacità scandita nel 1931
dal rifiuto di quella che lui considerava essere la sua migliore opera: “Alle
montagne della follia”. Infine, nel 1937, dopo un periodo di salute declinante
e in rapido peggioramento, si spense a 46 anni a causa delle complicanze di
cancro diagnosticatogli qualche giorni prima.
Per questo autore, diversamente da quanto detto per Poe, non
sono tanto i suoi racconti ad essere stati trasformati in film, anche se alcuni
ce ne sono, ma sono alcuni particolari dalla sua capacità visionaria ad essere
stati ripresi dalla cultura di massa: il Necronomicon presente ad esempio nei
film della serie “La Casa”, oppure Cthulhu che ha ispirato Guillermo Del Toro
nella produzione dei demoni evocati da Rasputin in “Hellboy”, o ancora la città
di Dunwitch, ripresa in “Paura nella città dei morti viventi” del regista
italiano Lucio Fulci o “Il seme della follia” di John Carpenter.
Dopo aver diretto i film ispirati ad Edgar Allan Poe, Roger Corman
nel 1963 ha voluto omaggiare anche lo scrittore di Providence con un film
intitolato “La casa dei mostri”. Il titolo in realtà rimanda ad un racconto di
Poe perché la produzione aveva paura che il pubblico, affezionato ai precedenti
film, non avrebbe apprezzato il lavoro se non ci fossero stati riferimenti all’autore
maledetto. La trama riprende invece elementi da “L'orrore di Dunwich” e “Dall’ignoto”,
nonché il Necronomicon e la città di Arkham.
Un regista che si è particolarmente dedicato a trasporre i
racconti di Lovecraft è Stuart Gordon, direttore di ben tre film: “Re-Animator”
del 1985, “From Beyond – Terrore dall’ignoto” del 1986 e “Dagon – La mutazione
del male” del 2001. Quest’ultimo si rifà soprattutto a due racconti, ovvero “Dagon” e “La maschera di Innsmouth”, del
primo riprende solo alcuni elementi, anche a causa della brevità del racconto
originario, mentre il secondo, essendo più lungo e dettagliato, si può
ritrovare in più elementi. Generalmente i film ispirati alle sue opere sono
violenti, diversamente dai racconti cartacei, quasi sempre magistralmente
dedicati alla creazione della suspense e del contesto/ambiente. Inoltre vengono
spesso modificati soprattutto sulla base dei gusti dell’epoca in cui il film
viene prodotto, solitamente tra gli anni ’80 e ’90.
Gira voce inoltre che sempre Guillermo Del Toro si dedicherà
alla realizzazione del racconto “Le montagne della follia”, ma non c’è nulla di
confermato.
Eccoci dunque giunti alla fine del nostro viaggio.
Ci siamo concentrati solo sulla loro vita e sulle
trasposizioni cinematografiche delle loro opere anche se avremmo voluto
approfondire anche il loro stile e le loro principali tematiche. Per questioni
di spazio e per non annoiarvi a morte ci fermiamo qui, forse qualcun altro
potrà dedicare uno spazio a questo argomento… 🐾
Con la speranza di avervi fatto incuriosire e di avervi
invogliato a leggere qualcosa di questi autori, vi auguriamo buona giornata e
alla prossima!
-Pearl
Nessun commento:
Posta un commento