Buongiorno e bentornati sul blog!
Dopo la pausa estiva torniamo operativi, pronti più che mai
ad accogliere e ad affrontare la stagione più bella di tutte: l’autunno.
Oggi, per la prima volta, vi parlo di un libro che ho scelto
non tanto per interesse personale quanto perché appartenente ad una classifica,
più precisamente quella del premio Strega.
Io e Liù infatti abbiamo pensato che
per una volta sarebbe stato carino riuscire a leggere dei libri attuali, in
lizza per un premio e parlarne, magari anche prima che il premio venisse
assegnato. Poi come tutti voi saprete la vita cambia le carte in tavola e mi
ritrovo quindi a parlarvi di “Addio fantasmi” di Nadia Terranova solo a
settembre. Ovviamente dopo che il premio è stato già assegnato.
Cosa avevamo in mente di fare? Una volta letti i titoli
degli ultimi 12 libri in gara siamo andate a leggerne le trame e abbiamo
individuato due/tre libri ciascuna che potevano interessarci. L’intenzione
iniziale era di leggerli e recensirli magari in un unico post dedicato al
premio Strega, però alla fine io mi sono ritrovata ad averne letto solo uno,
che alla fine si è rivelato essere anche uno dei 5 finalisti, mentre gli altri
li ho dovuti abbandonare. Almeno per ora.
Il titolo, come accennato poco sopra, è “Addio fantasmi”, e
a questo non sarà per nessuno uno spoiler se vi dico che non ha vinto.
Pubblicato nel 2018 ad opera di Nadia Terranova, un’autrice non solo di romanzi
ma anche di libri per ragazzi e racconti ha raggiunto un grande successo,
ottenendo diversi premi e riconoscimenti nonché un contratto per la traduzione
in lingua inglese. La scrittrice è stata pubblicata per la prima volta nel 2011
ma da allora si è rivelata molto proficua. Originaria di Messina si è
trasferita a Roma dopo gli studi, un po’ come la protagonista del romanzo di
cui andiamo a parlare oggi.
Ida torna a Messina, città natia, per aiutare la madre a
ristrutturare la casa dove insieme hanno vissuto negli anni dell’infanzia e
dell’adolescenza con l’obiettivo di venderla. Ida vive a Roma con il marito e
non ha un buon rapporto con la madre, con cui condivide un passato doloroso, di
sofferenza e rabbia a causa della scomparsa del padre: egli infatti, depresso
da tempo le ha abbandonate un giorno, quando Ida aveva 13 anni, e non è mai tornato,
né mai è stato trovato. Qui la protagonista si troverà a dover affrontare i
fantasmi del passato, da sempre nascosti sotto una coltre di polvere e mai
esplorati o elaborati ma costantemente presenti. Infatti la sua vita è
completamente assorbita da questa tragedia.
Dal punto di vista dello stile non ho molto da dire, come
sempre, nel senso che la scrittura risulta semplice e chiara, anche la
descrizione dei sentimenti e dei pensieri della protagonista sono facilmente
comprensibili e sicuramente rende più semplice l’immedesimazione. Azione che
però per me è stata molto difficile. È stata molto brava rendere pesante il
dolore della protagonista. Nella lettura questa pesantezza si sente in modo
anche prepotente e ci sono stati momenti in cui ho dovuto abbandonare la
lettura perché mi trascinava in una spirale di tristezza. Se da un lato non ho
apprezzato che mi abbia suscitato questo aspetto emotivo, riconosco però la
capacità della scrittrice di trasmettere in maniera incisiva un certo stato
d’animo.
La protagonista è infatti una donna di mezz’età, che si
trascina i traumi del passato, concentrata solo su sé stessa e sul suo dolore,
come se al mondo solo lei potesse capire ciò che prova e solo lei potesse
soffrire così tanto. E un po’ lo facciamo tutti con i nostri vissuti, ed è
normale. Il suo egoismo da un lato è comprensibile in quanto risulta bloccato
ai 13 anni, quando il padre se ne è andato senza più fare ritorno, come se
l’egoismo tipico di quell’età non avesse avuto l’occasione di evolversi e
trasformarsi a causa del trauma. Dall’altro lato però risulta fastidioso,
perché asfalta qualsiasi altro personaggio, qualsiasi altro dolore all’interno
della storia. Un esempio su tutti sono le liti con la madre, la rabbia ed il
rancore che prova nei suoi confronti, incolpandola delle scelte del padre e di
non averla salvata. Se tutto questo diventa comprensibile alla luce dei fatti,
per una ragazzina di 13 anni, diventa estremamente fastidioso quando questo
atteggiamento viene mantenuto da una donna di mezz’età: l’uomo che se ne è
andato era comunque il marito di sua madre, quindi anche lei ha sofferto per
quanto accaduto.
Sicuramente si vede un concorso di causa nella sofferenza di
entrambe, ma il fatto che Ida sia rimasta in qualche modo bloccata all’età di
13 anni mi viene suggerito anche dal momento in cui lei finalmente sblocca il
suo egoismo riuscendo a vedere il dolore degli altri al di là del proprio:
questo avviene parlando con un ragazzo giovanissimo, Nikos, che le racconta la
sua tragedia personale. Tutti ne abbiamo una, e non è possibile dire se una sia
peggio dell’altra. Sono dolori diversi, vissuti da persone diverse.
Nikos le dice che gli sconosciuti sono gli unici a cui
possono essere raccontate le proprie esperienze, ed infatti fino al quel
momento non ho pensato ad altro se non che uno psicologo avrebbe fatto bene ad
entrambi: sconosciuto ma con le competenze necessarie a sbloccare in loro
qualcosa. Forse lei sarebbe riuscita a superare il suo egoismo anni prima e ad
elaborare il lutto. Perché sì, è comunque un lutto. Anche se la persona non è
morta, o non se ne ha la certezza in questo caso, quella persona non c’è più e
non farà più parte della vita di Ida.
Un personaggio che ho apprezzato e con cui invece mi sono
immedesimata subito è l’amica d’infanzia, che le sottolinea e da un lato le
sbatte anche in faccia il suo egoismo, richiamandola ai fatti del passato dove
anche lei ha sofferto parecchio, ancora una volta si tratta di un dolore
diverso ma non per questo inferiore al suo.
Per tutto il romanzo c’è una sorta di altalena emotiva che
porta a simpatizzare con Ida per la tragedia vissuta ma allo stesso tempo a
volerla scuotere per interrompere il suo atteggiamento un po’ vittimista. Alla
fine grazie al racconto di Nikos la protagonista riesce a fare un discorso
sulla morte molto bello, che devia dalla visione egoistica che ha tenuto per
tutto il libro.
L’ho sentito come un romanzo che trasmette tristezza, che fa
sperare in un finale positivo o quanto meno che faccia pensare ad un
miglioramento. Il messaggio mi è piaciuto e anche la scrittura l’ho trovata
interessante, tuttavia non posso dire che mi sia piaciuto al 100%. Sarà una
questione di pancia, sarà che il carattere della protagonista cozza con il mio,
sarà che la pesantezza del suo dolore ha richiamato ricordi passati ma non
posso dire di averlo apprezzato completamente. Non posso certo però neanche
dire che è brutto, quindi ve lo consiglio, perché lo trovo un buon libro,
scritto bene. Certo, parla di perdita e sofferenza quindi non vi aspettate
gioia e gaudio nella lettura ma trasmette bene il messaggio l’autrice si è
prefissata. Almeno per come io ho compreso quel messaggio.
-Pearl
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