Buongiorno a tutti!
Ritornano i Thriller, e con loro, le recensioni brevi!
Quindi questo venerdì sarò stringata: siamo a settembre, il rientro al lavoro
dopo le meritate e a lungo agognate vacanze è ancora vicino. È una ferita
ancora aperta e quindi cosa c’è di meglio di una lettura leggera ma intrigante,
proprio come un buon thriller?
Io sono sempre per questo genere, lo sapete, ma nel mio caso
si tratta di una lettura leggera prima del meritato relax: le mie ferie inizieranno solo a fine mese, quindi è una
sorta di “aperitivo” alle vacanze.
Oggi parliamo di un libro che ho trovato su una bancarella
di libri usati ad un mercatino, e la scelta di acquistarlo non è stata dettata
tanto dalla trama o dal fascino della copertina, ma dal fatto che fosse ancora completamente
rivestito di cellophane: era integro, praticamente nuovo, ma comprato per due
euro. La trama non la potevo leggere perché era all’interno, sul retro il nulla
e sul davanti una copertina alquanto imbarazzante, come avrete potuto
constatare dall’immagine soprastante. Insomma, un acquisto un po’ alla cieca
dettato dalla nostra umile povertà.
L’autore è Simon Beckett, mai sentito nominare prima, ma a
quanto parrebbe degno di nota. Scrittore e giornalista, scrive prevalentemente
gialli, ma è autore anche di altri romanzi ed è passato alla sua attuale
professione dopo aver suonato le percussioni in gruppi musicali rock. Il
titolo, che dà vita e inizio ad una serie di libri che vedono David Hunter come
protagonista, è “La chimica della morte”.
Il protagonista è un dottore inglese, che da Londra si
trasferisce in una piccola cittadina sperduta nel nulla per aiutare un altro
medico di base come lui a portare avanti lo studio. David si vuole allontanare
dalla città dopo una tragica esperienza, ovvero la morte di moglie e figlia in
un incidente d’auto, e abbandona così il suo lavoro di esperto antropologo
forense decidendo di dedicarsi alla medicina di base. Tre anni dopo il suo
insediamento viene ritrovato un cadavere in avanzato stato di decomposizione che
sconvolgerà la cittadina e il protagonista: la prima scoprirà di avere un
assassino tra i suoi abitanti e il secondo dovrà rispolverare la vecchia
professione.
Detto ciò lo definirei un classico thriller, con uno stile
abbastanza nella norma, niente particolarità se non quelle riguardanti
l’analisi degli insetti e la stima della data del decesso, insomma aspetti
investigativi che di solito nei classici non si trovano. Elementi comunque non
approfonditi in maniera chirurgica. Per tutto il tempo una vocina nella mia
testa non ha fatto altro che ripetermi che Stephen King avrebbe studiato di più
e descritto meglio tutto quanto. Ma mi sono sentita molto in colpa per questo.
I personaggi mi sono piaciuti abbastanza, quasi tutti, anche
se li ho trovati abbastanza romanzati, forse alcuni sono stati approfonditi
troppo poco. David è stato un protagonista apprezzabile, soprattutto dal punto
di vista del suo carattere mite e abbastanza misurato. Forse l’autore ha
calcato un po’ troppo la mano sul suo senso di colpa nei confronti della
famiglia persa, ma nel complesso è un protagonista che ci può stare. Ho capito
e apprezzato meno Jenny, l’insegnante di scuola, ma comunque risulta un
personaggio chiave per la storia di David e anche per la trama in generale, una
sorta di “protagonista” femminile. Mi è piaciuto molto anche Ben, l’amico da
bar del protagonista, e mi è piaciuta la loro amicizia: non troppo approfondita
ma nel momento del bisogno l’uno si fida dell’altro, nonostante tutto.
Parliamo ora del plot twist, la rivelazione
dell’antagonista, il momento a cui tutto il romanzo gira attorno. Non farò
spoiler, parleremo solo della caratteristica del colpo di scena, ovvero: c’è o
non c’è? Mi sentirei di dirvi che, forse, se siete assidui lettori di gialli e
thriller come me, no, non c’è, e questo semplicemente perché la mente dietro a
tutto la si può indovinare già da metà libro, e se anche voi vi sfamate di pane
e Sherlock Holmes allora una domandina ve la farete già dall’inizio.
Non voglio togliere nulla all’autore, perché è stato molto
bravo a creare una trama intricata, a rendere, per esempio, il sacerdote così
odioso e arrivista e a dosare i momenti adrenalinici a quelli un po’ più da
romanzo, di relax se così li possiamo chiamare.
Purtroppo l’estate è finita, ma sarebbe un bel libro da
leggere sotto l’ombrellone, oppure potreste leggerlo ora, nella ripresa del
ritmo lavorativo e scegliere, se vi piacerà, di leggere i seguiti in estate.
Non credo che li andrò a cercare espressamente, ma
sicuramente, se mi capiteranno sotto tiro, ne leggerò altri.
-Pearl
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