Buongiorno a tutti e buon anno!!
Il 2020 è iniziato e siamo pronti ad affrontare il nuovo
anno con tanti nuovi libri di cui parlare e da scoprire. E partiamo proprio con
uno dei miei generi preferiti: il Giallo. In realtà ho pensato molto a quale categoria
assegnare questo romanzo, perché non è possibile inserirlo completamente sotto
un’etichetta specifica. Ma vi spiego perché.
Il libro in questione è “Gorky Park” di Martin Cruz Smith,
pubblicato nel 1981. La trama narra di tre cadaveri ritrovati, per l’appunto, a
Gorky Park (Mosca), a causa dello scioglimento della neve e del ghiaccio. Sul
fatto indaga l’Investigatore Capo Arkady Renko con la squadra di agenti a lui
assegnata ma con un tira e molla con un’altra agenzia molto nota, ovvero il
KGB. L’indagine coinvolgerà diversi personaggi e diverse figure di spicco della
società russa e americana.
L’autore è stato molto bravo, perché è riuscito a raccontare
la trama permettendo al lettore di entrare in una società particolare come
quella russa, molto diversa dalla nostra senza perdersi in lunghissime
spiegazioni. Anzi, il quadro generale della società, della cultura e della
mentalità locale emerge durante il racconto attraverso le riflessioni del
protagonista, i dialoghi con gli altri personaggi e gli avvenimenti veri e
propri. Sulla fedeltà o meno di quanto narrato rispetto alla realtà sociale,
economica e culturale della Russia non ne so nulla, perché non conosco affatto
quel mondo, ma posso dirvi che corrisponde all’immaginario comune. Non voglio
offendere nessuno se per caso questo romanzo si discosta dalla realtà dei
fatti, ma apprezzo che lo scrittore sia riuscito a creare un mondo particolare
ma al tempo stesso realistico, funzionale per lo sviluppo della trama.
Cruz Smith è americano, e non ho trovato informazioni sulle
ricerche da lui fatte per la scrittura del romanzo, ma questa sua serie è una
delle più acclamate da parte del pubblico. Parlo di serie perché in realtà i
libri che hanno come protagonista Arkady Renko sono ben 8. Io ho l’1, il 2 ed
il 4, ma a questo punto cercherò di recuperare almeno il terzo. In realtà ogni
libro dovrebbe parlare di un caso differente, quindi la non consequenzialità
nella lettura non dovrebbe causare grossi problemi, però quando il protagonista
è lo stesso preferisco sempre seguire la sua evoluzione, psicologica e non, in
modo ordinato.
Parlando invece dei personaggi mi sento di poter parlare del
protagonista come di un bel personaggio, con una psicologia ben definita ed un
carattere più che forte, soprattutto se considerato all’interno del contesto
dell’URSS, che lui spesso critica anche di fronte ad altri. Il suo
comportamento però resta molto “dietro le quinte”, non si espone, riflette
molto prima di agire e sembra essere una sorta di antieroe, più che un eroe vero
e proprio. Risulta attraversato da una malinconia innata, che porta il lettore
a pensare che lui sia sempre stato così, che non ci sia mai stato un evento
traumatico che lo ha spinto a diventarlo (anche se in realtà di un evento
traumatico si accenna in questo libro) ma questa sua aria triste, che permane
per tutta la trama lo rende affascinante.
Anche tutti gli altri personaggi sono ben caratterizzati,
perché non sono le classiche pedine che si trovano in tutti i romanzi gialli,
ma sono tutti diversi e tutti coerenti con sé stessi e con la propria cultura e
storia personale. Ho un amore/odio nei confronti di Kirwill, un poliziotto
americano che si introduce nelle indagini e che si troverà ad instaurare un
rapporto di conflitto/amicizia con Renko. E questo è proprio uno degli aspetti
che ho apprezzato: il personaggio viene percepito dal lettore esattamente come
viene percepito agli occhi del protagonista. Allo stesso modo ci sentiamo
sospettosi ma attratti come da un magnetismo nei confronti di Irina, sospettosi
nei confronti di Fet, affettuosi verso Pasha, arrabbiati e frustrati verso
Zoya.
La trama quindi è sì un giallo, e quindi alla fine ho optato
per inserirlo all’interno di questa categoria, però c’è talmente tanto altro
nella storia che potremmo anche definirlo in altri modi. L’etichetta del
Thriller l’ho scartata quasi subito perché non ha le caratteristiche
necessarie: non c’è ad esempio alcuna suspense.
Ho trovato il finale un pochino tirato in termini di
tempistica, ma questo accade sempre quando si aprono diverse sotto-trame e si
dedicano molto tempo e molte energie alla spiegazione finale.
Un altro aspetto negativo è che in realtà lo svolgimento
delle indagini non è molto descritto, è un po’ confusionario quindi se vi
aspettate di avere in mano un pugno di indizi da cui poter supporre delle
ipotesi, toglietevelo dalla mente perché tutto viene svelato man mano senza
però dare la possibilità al lettore di entrare a far parte dell’indagine. Si è
semplicemente spettatori di un lavoro cognitivo svolto esclusivamente dal
protagonista.
Quindi finale non
eccellente ma romanzo nel complesso decisamente buono. Consigliato senza
dubbio, agli amanti dei gialli ma non solo, visto quanto scritto poche righe
sopra.
Per oggi è tutto, alla prossima!
-Pearl
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