Buongiorno.
Oggi abbiate pietà della sottoscritta, perché sto per
imbarcarmi in una impresa decisamente più grande di me: oggi vi parlerò di cosa
è stato per me leggere uno dei grandi classici per eccellenza.
Uno di quei
titoli che tutti conoscono, che credo
sia nella lista dei libri da leggere di qualsiasi lettore e che quindi sia
stato letto o sarà in futuro letto. È stato nella mia wishlist per anni, ma non
avevo mai trovato il coraggio di affrontarlo. Adesso però, dopo averlo ricevuto
in dono, mi sono convinta a fare questo passo.
Non sarà una recensione ma semplicemente un commento, una
esplicazione dei pensieri che mi hanno travolto durante la lettura e dei
ragionamenti che sono scaturiti in me.
Oggi affronteremo “Delitto e castigo” di Fëdor Michajlovič
Dostoevskij. Un classico “mattone russo” come direbbero in molti, sia per la
scrittura, che per la mole di pagine di cui si compone. Cominciamo dicendo che
assieme a “Guerra e pace” di Lev Nikolàevič Tolstòj è forse l’opera russa più
conosciuta al mondo. Edito nel 1866 ha lasciato dietro sé molte voci e molto
interesse per le tematiche trattate e per l’avanguardia delle sue affermazioni.
La trama parla di uno studente, Raskòl'nikov, che vive a
Pietroburgo, e che in una situazione economicamente disgraziata si trova a
commettere un omicidio, apparentemente finalizzato alla rapina. Nulla
nell’omicidio andrà come pianificato ed il protagonista si ritroverà ad
uccidere, oltre all’usuraia cui chiedeva prestiti, la sorella di lei. Con una
fortuna che mi sentirei di definire sfacciata, riesce a fuggire senza essere
visto, tuttavia il senso di colpa per quanto fatto lo porterà a soffrire sempre
di più e a renderlo caratterialmente arido.
Il libro è diviso in sei parti più l’epilogo finale, e quasi
tutto il romanzo è dedicato alla sofferenza che ha come scopo la purificazione
e la salvezza dell’anima. Per tutto il romanzo si ritrovano riferimenti alla
religione cristiana, anche espliciti e rappresentati da personaggi come ad
esempio Sofja, la donna che lo porterà alla redenzione e cercherà di
avvicinarlo alla religione.
Di solito non lo faccio, ma questa volta ho letto la
prefazione con la vita dell’autore in ordine cronologico, perché volevo entrare
pienamente all’interno della storia, e considerando quanto mi è sempre stato
detto di quest’opera, ovvero della difficoltà di lettura che si incontra a
causa della sua scrittura, volevo avere ogni tipo di informazione utile. Una
volta iniziato il libro vero e proprio mi sono però accorta che sì, in effetti
non è un libro semplice da leggere, ma non è di difficile comprensione. Lo
stile è decisamente più elaborato rispetto alla gran parte dei libri pubblicati
oggi, ma non usa un linguaggio incomprensibile. L’autore tende a procedere
lentamente, a concentrarsi molto su dettagli che non sembrano importanti e sì,
a volte ho avuto la sensazione che esagerasse e alcuni punti sono stati noiosi
da leggere, ma nel complesso mi aspettavo una difficoltà maggiore.
Probabilmente mi aspettavo un linguaggio più “antico” ed una struttura più
ostica.
Inizialmente ho poi incontrato una ulteriore difficoltà:
ovvero riuscire a calarmi all’interno del periodo storico descritto. Dostoevskij
scrive della metà dell’Ottocento, non dei giorni nostri, eppure le sue
descrizioni psicologiche, la sua attenzione alla mente umana e al suo tradirsi
senza parlare sono talmente innovative che non riuscivo a calare il racconto
nel contesto storico. Considerate anche che la psicologia come disciplina nasce
nel 1879 con la nascita del laboratorio di Wundt a Lipsia e che Freud nasce nel
1856. Tutto ciò è quindi stato scritto prima di qualsiasi teorizzazione. Io
invece continuavo a cercare di adattare il racconto alle mie conoscenze
psicologiche attuali e non riuscivo ad inquadrare il protagonista in una delle
categorie classiche che di solito vengono utilizzate per raccontare di
assassini. In particolare non riuscivo a capire se l’omicidio era stato
commesso in quanto impulso interiore di un “assassino nato”, che quindi prima o
poi avrebbe ucciso, oppure per ottenere qualcosa, in questo caso soldi.
Tutto questo in realtà è stata una mia interpretazione
errata, ed è ciò che avviene quando si cerca di applicare i propri schemi
mentali noti a situazioni che con essi non hanno nulla a che fare. Si cerca di
forzare i fatti nella propria forma mentis, mentre invece ciò che deve avvenire
è l’esatto contrario. Una volta capito questo, la lettura è andata molto
meglio.
Un esempio delle affermazioni all’avanguardia che l’autore
ha fatto in questa opera è quella legata all’educazione che dice:
“Zamiotov è ancora un ragazzino, io gli tirerò ancora i
capelli, perché bisogna attirarlo, e non respingerlo. Col respingere una
persona non la correggerai, tanto meno un ragazzino. Con un ragazzino bisogna
essere due volte più cauti.”
Un’altra cosa che mi ha colpito è che, come conseguenza di
questa sua capacità psicologica avanguardistica, egli sia riuscito a creare dei
personaggi talmente reali che anche se macchiati di azioni spregevoli, una
volta rivelata la loro motivazione, la considerazione che si ha di essi cambia.
Sono un esempio il protagonista stesso, ma anche Svidrigajlov, di cui non vi
accenno nulla, ma lo riconoscerete velocemente se leggerete o se avete letto
l’opera.
Il finale mi è piaciuto, l’ho trovato positivo, un finale di
rinascita e di riscatto, tanto che alla fine si fa il tifo per i protagonisti e
perché abbiano una vita felice.
Dal punto di vista della critica letteraria non ho
assolutamente nulla da dire in quanto la mia competenza in materia è zero
assoluto, ma ho comunque voluto scrivere un commento in quanto nonostante la
lentezza del racconto, mi è piaciuto molto. Ho potuto apprezzare o disprezzare
ogni personaggio e prendermi contemporaneamente il tempo necessario per
analizzarli approfonditamente.
Non è un libro per tutti, credo che per finirlo e
apprezzarlo serva una buona motivazione iniziale, ma se riuscirete ad entrare
in sintonia con la scrittura e a calarvi nel contesto storico narrato allora
non avrete grossi problemi, così come non ne ho avuti io. Consigliato, ma
chiaramente nessuno vi conosce meglio di voi stessi, quindi valutate se
potrebbe essere o meno una sfida da accettare.
A presto!
-Pearl
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