ATTENZIONE!
Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica
conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci
teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi
comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e
negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha
trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per
raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto
alla pari tra due canali comunicativi differenti.
Buongiorno.
Oggi primo appuntamento con questa nuova rubrica. Come
avevamo già accennato nel Post pubblicato il 27 di dicembre in cui avevamo
parlato della differenza tra i libri ed i film che parlano del Natale.
Partiamo oggi con un confronto tra il libro di R. J. Palacio
“Wonder” e l’omonimo adattamento cinematografico di Stephen Chbosky,
nuovissimo, nelle sale a fine dicembre 2017. Dovete sapere che mia madre ha una
grande passione per Julia Roberts che in questo film interpreta la madre di
Auggie, io avevo letto il libro ed in previsione di questa nuova rubrica non
abbiamo potuto fare a meno di andare al cinema.
La recensione del libro è già presente sul Blog, quindi vi
consiglio di andarla a leggere, ma anche qui vi lascio le impressioni
principali.
IL LIBRO
Il racconto è molto emozionante perché narra l’ingresso alla
scuola media di August Pullman, un bambino affetto dalla sindrome di Treacher
Collins, e dunque presenta una deformazione facciale. Nonostante le problematiche
che i protagonisti, Auggie e la sua famiglia, si trovano ad affrontare non
risulta comunque un libro pesante e questo secondo me è uno degli aspetti
migliori di questo libro. Rispecchia infatti la possibilità di vivere una vita
felice anche di fronte alle difficoltà, che in questo caso riguardano la
malattia e l’aspetto fisico, ma si può adattare a qualsiasi problema anche non
necessariamente medico. Le difficoltà esistono e saranno sempre presenti in
misura maggiore o minore ma questo non deve prescindere la possibilità di
essere felici.
Il racconto viene sviluppato principalmente attraverso gli
occhi del protagonista, ma poi la parola passa anche ad altri personaggi, come
Via, sua sorella. Questo libro ci fa capire come ciò che viene considerato
normale è in realtà soggettivo: ciò che risulta essere la normalità per me può
non esserlo per qualcun altro e questo perché la costruzione di ciò che è
normale si crea con il tempo.
Vengono inoltre approfonditi alcuni altri personaggi, come
la sorella, e questo viene fatto molto bene, perché è possibile immedesimarsi
in una ragazza adolescente con un fratello con problemi non indifferenti che si
è messa da parte per amore della propria famiglia ma che allo stesso tempo
soffre di questa solitudine.
Tutti vengono mostrati come “umani” e non sono personaggi
stereotipati, per esempio il classico bullo irrecuperabile che viene poi
lasciato solo, o l’amica adolescente che diventa la reginetta del ballo e
ignora chi non è al suo stesso “livello”. C’è una spiegazione dietro a
qualsiasi comportamento, basta solo prendersi del tempo per capire le
motivazioni che sono alla base, per poter sistemare le cose. Chiaramente non è
sempre così semplice, però questo è sicuramente il primo passo da fare per
cambiare le cose.
IL FILM
L’adattamento cinematografico del libro è stato anche questo
molto emozionante. Gli attori sono stati molto bravi, tutti sono riusciti a
rendere bene l’essenza dei protagonisti, in particolare Julia Roberts, Izabela
Vidovic (che ha interpretato la sorella) e Noah Jupe (che interpreta l’amico di
Auggie). Menzione speciale per Mandy Patinkin, il meraviglioso Inigo Montoya de
“La storia fantastica” o per gli appassionati del Crime, Jason Gideon di
“Criminal minds”. Per me lui è un attore fantastico soprattutto in questo
genere di parti: in Wonder recita la parte del preside.
Il racconto è stato un po’ riadattato per lo schermo e
questo è normale, in quanto sono due canali comunicativi differenti e pensare
di rappresentare un libro nella sua interezza è praticamente impossibile, ci si
troverebbe di fronte ad un film di dodici ore, un po’ troppo pesante. Ho
trovato però che i pezzi che sono stati riadattati fossero molto funzionali
alla trama in generale e alla fluidità della storia sul grande schermo. Sono
stati infatti ripresi i momenti fondamentali e alcuni personaggi sono stati
leggermente riadattati.
Uno dei punti a favore del film è il supporto dell’immagine,
e anche se i protagonisti non erano stati immaginati esattamente con le
fattezze di questi attori, diversamente da altri riadattamenti, non l’ho
trovato così disturbante.
I personaggi sono molto realistici e non sono come nei
classici Disney, cartoni o film, dove il cattivo è sempre solo cattivo o il
buono non commette mai azioni negative. Nella realtà tutti coesistiamo con
sbagli e la nostra bontà si intreccia con azioni non cattive, ma nemmeno buone.
E il film passa proprio questa realtà che ho trovato molto azzeccata e
positiva, nonostante il tema sia potenzialmente pesante.
Un ulteriore elemento positivo è che questo film ha
trasmesso l’importanza della possibilità nella scena finale in cui si vede per
l’ultima volta Julian, il bulletto. È nell’ufficio del preside con i genitori e
viene sospeso per due giorni a causa dei comportamenti tenuti nei confronti di
Auggie. I genitori si ostinano prima a prendersi la colpa, poi a giustificare
il figlio e colpevolizzare la vittima ed infine lo portano via con l’intenzione
di mandarlo in un’altra scuola l’anno successivo. Julian piange dicendo che preferirebbe
stare lì e chiede scusa al preside manifestando un reale pentimento. Portandolo
via i genitori, pur pensando di proteggere il figlio, lo stanno privando della
possibilità di “redimersi” e di migliorare come persona e come amico. Purtroppo
questa è l’immagine che ci si trova di fronte un po’ troppo spesso quando si ha
a che fare con i genitori moderni.
CONFRONTO
Seppur con qualche differenza li ho trovati entrambi molto
belli e molto emozionanti. In entrambi i casi la profondità e l’umanità dei
personaggi sono state trasmesse anche se in modi differenti. L’unico personaggio
ad essere stato modificato un po’ di più è Julian, perché è stato reso un po’
più bullo nel film; nel libro era quello un po’ più ostile ma non ha fatto
effettivamente tutto quello che è stato riportato nel film. E non ricordo
nemmeno della sospensione, ma è passato un po’ di tempo da quando l’ho letto e
potrebbe essermi sfuggito dalla memoria.
Inoltre Jack, l’amico nel libro si chiama Christopher, ma
sono sottigliezze che nulla tolgono al suo personaggio.
La storia è scorrevole in entrambi i casi, ma un aspetto che
ho apprezzato molto nel film è il supporto delle immagini soprattutto per
quanto riguarda Auggie. La sua sindrome non è molto comune, anzi, quindi quando
ho letto il libro sono dovuta andare su Google a cercare qualche immagine per
avere un’idea più chiara di che tipo di deformazione facciale si stesse
parlando. Nel film chiaramente, è molto più immediato.
Sono entrambi bellissimi e consigliatissimi. Forse il fatto
che l’autrice sia anche uno dei produttori esecutivi ha avuto un ruolo in
questo.
August fa un commento dicendo che nella vita tutti quanti
dovremmo ricevere almeno una standing ovation. Io dico che tutti i bambini del
mondo meriterebbero di avere un preside come il signor Tushman.
Alla prossima!
-Pearl
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