Buongiorno.
Oggi ci dedichiamo ad un libro che mi ha lasciato un po’
perplessa. Prima di spiegarvene il motivo, però, vi anticipo subito che ad un
certo punto di questa recensione comincerò a fare spoiler, perché per farvi
capire cosa intendo devo per forza parlare di quello che avviene nella trama,
anche del finale e dei passaggi più strani.
Il libro in questione è uno Young Adult, e già vedo i vostri
occhi che scrutano il soffitto pensando: ma se sai che non te ne piace manco
uno cosa lo hai letto a fare? Ecco, no. Io speravo che questo sarebbe stato
diverso, perché il titolo, unito alla trama, mi ha portato a credere che poteva
essere un romanzo interessante, diverso dai libri melensi che riempiono gli
scaffali delle librerie e i sogni delle ragazzine. Il libro in questione si
intitola “E finalmente ti dirò addio”, ed è il primo fattore che mi ha attratto
perché si discosta dai titoli tutti uguali “Finalmente mio”, “Per sempre tua”,
“Ancora noi”, “Non lasciarmi mai” eccetera, eccetera. Questo è stato sufficiente
per spingermi a prenderlo dallo scaffale e leggerne la trama: Samantha, ultimo
anno, sembra avere una vita perfetta, ma il 12 febbraio muore in un incidente,
mentre torna in macchina da una festa con le sue amiche. La mattina dopo però
si risveglia nel suo letto e continua a rivivere lo stesso giorno in
continuazione.
L’autrice è Lauren Oliver, che ha esordito proprio con
questo romanzo. Successivamente ha creato la trilogia “Delirium” e diverse
novelle. Oltre a qualche altro romanzo. Non ho letto altro scritto da lei
quindi non sono in grado di fare confronti ma mi è sembrato un classico Young
Adult. Le descrizioni dell’ambiente sono pressoché assenti, salvo rivelare
qualche dettaglio qua e là sul divano, la coperta, gli alberi o la marca dell’auto
di turno. Quindi gli ambienti sono lasciati a completa discrezione del lettore
che è libero di immaginarli come meglio crede.
Anche le persone vengono descritte solo nei piccoli
dettagli, come il colore dei capelli. Devo dire che, per quanto ami la mia immaginazione
e per quanto mi piaccia metterla continuamente alla prova, non amo invece i
libri che non la stimolano affatto. Certo sono in grado di immaginare i
personaggi, ma se tu, autore di turno, mi dai uno spunto da cui partire mi
sento meno spaesata.
Per quanto riguarda i personaggi posso dire di averne
apprezzati due: Juliet e Kent. E sono entrambi personaggi secondari, o meglio,
sono fondamentali per i passaggi di trama ma la protagonista è Samantha. Lei mi
è piaciuta meno, anche se si trova comunque due o tre spanne sopra le
protagoniste degli Young Adult commerciali come ad esempio After. Ha un
cervello e lo usa, ma è una classica adolescente che si lascia trasportare dal
gruppo di amiche quindi prendere coscienza di essere una entità autonoma e pensante
ha richiesto del tempo. Forse questa poca simpatia è dettata anche dal fatto
che non sono riuscita ad immedesimarmi in lei, visto che è molto diversa da
come ero io alla sua età. Ciò non toglie che finora è la protagonista YA più
sana di mente. Le sue amiche invece, Lindsay in particolare, sono odiose,
volgari e ridicole. L’immagine che mi hanno richiamato alla memoria è il film
Mean Girls. Il gruppo in sé è fastidioso e mi ha trasmesso una sensazione di
disgusto, nonché un forte prurito alle mani che, se le avessi avute fisicamente
davanti non avrei controllato i miei gesti. Sono fondamentalmente descritte
come delle bulle che giustificano le proprie azioni scaricando la colpa addosso
ad altri o a racconti sentiti per caso qua e là, senza vere e proprie fonti.
Insomma si basano sul sentito dire.
La tematica di fondo in realtà è molto seria, e viene anche
trattata in modo abbastanza corretto, o comunque con una profondità non
adeguata ma quasi. Solitamente gli YA commerciali hanno la profondità di una
pozzanghera, questo almeno scende un po’ di più. Anche il non soffermarsi sulla
vendetta e andare oltre, approfondendo le motivazioni delle azioni di bullismo
e le emozioni del bullo in sé è una bella idea. Credo però che lo sviluppo non
fosse abbastanza per la trama. Argomento buono ma realizzazione solo
sufficiente. Mantiene comunque le caratteristiche del YA, quindi la storia
d’amore c’è, ma stona con il tema di sottofondo, come se lo banalizzasse. Se
fosse stato scritto meglio o approfondito di più, sarebbe risultato decisamente
migliore.
Per essere uno YA direi che ci sta: il messaggio è positivo,
non inneggia a modelli di comportamento sbagliati, dovrebbe portare a
riflettere sull’importanza della comunicazione e sul porre l’attenzione verso
entrambi i lati della medaglia. Resto comunque perplessa ma di questo vi
parlerò tra poche righe.
Nel frattempo è sicuramente consigliato alle teenager che
hanno voglia di leggere una via di mezzo tra la leggerezza più leggera del
Philadelphia Light (vedi After) e un mattone che vi trascinerà nella fase REM
(vedi il pacco russo di turno).
Non mi sento di bocciarlo completamente.
A tutti coloro che non vogliono spoiler porgo un caro saluto
e do appuntamento alla prossima recensione.
SPOILER ALERT!!!
Attenzione da adesso in poi si parlerà di quello che avviene
lungo il libro e del finale quindi proseguite solo se siete veramente convinti.
Il motivo fondamentale che mi ha spinto a prendere in
prestito dalla biblioteca questo libro è, come già detto il titolo. Mi sono prefigurata
una trama in cui la ragazza, durante la giornata che si trova a rivivere in
continuazione, ha la possibilità di salutare in qualche modo le persone che le
stanno accanto. Mi sembrava una trama carina, interessante. Però verso circa
pagina 170 ho cominciato a credere che non sarebbe morta sul serio: che stesse
continuando a rivivere la stessa giornata perché doveva salvare Juliet, una
compagna di scuola che Lindsay tratta male fin dalle elementari. Juliet infatti
è la “causa” della morte di Samantha perché è lei a gettarsi sotto l’auto di
Lindsay e quindi a far sbandare l’auto. La trama mi ha portato così a pensare
che una volta salvata la sua vita sarebbe potuta continuare.
Alla fine invece, la protagonista, morirà per salvare Juliet
gettandosi sotto l’auto al posto suo, praticamente. Il problema fondamentale è
che questo non ha il minimo senso: certo potrebbe averlo fatto per riscattarsi
del fatto di averla presa in giro e bullizzata per tutti quegli anni, ma
perché? Potrebbe essere una specie di limbo: finché non rimedi ai danni che hai
fatto non puoi andare oltre. Ma la causa di tutto in realtà è Lindsay, e quindi
Juliet potrà potenzialmente continuare ad essere trattata da emarginata.
Non capisco veramente il senso di tutto ciò. Se fosse stata
Samantha la leader stronza, avrebbe anche un non so che di poetico sacrificarsi
per la vittima, ma lei è arrivata nel gruppo solo dopo, nella trama il suo
coinvolgimento è minimizzato. Secondo me poteva svilupparlo molto meglio. E poi
non si capisce un granché, gli ultimi giorni sono un po’ incasinati. E questa
cosa che lei ad un certo punto capisce di dover morire per poter interrompere
il loop non è spiegata.
Quindi questa è la mia perplessità, dettata dal fatto che
sembra sia stato scritto di corsa, come se l’autrice non avesse avuto il tempo
di finire la trama nei dettagli e avesse fatto una sorta di riassunto. Però ha
perso molto.
In realtà il consiglio è nì. Né no né sì.
-Pearl
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