ATTENZIONE!
Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica
conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci
teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi
comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e
negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha
trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per
raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto
alla pari tra due canali comunicativi differenti.
Buongiorno a
tutti.
Oggi, per la
nostra amatissima rubrica di confronto tra letteratura e cinematografia, ci
dedichiamo ad un grande classico. Noi lo abbiamo letto per la prima volta a
scuola, io in terza superiore per la precisione, e siamo sicure che era anche
uno dei titoli che anche la vostra professoressa di italiano vi ha imposto o
proposto.
Oggi andiamo
con “Il ritratto di Dorian Gray” del decantato Oscar Wilde, e lo metteremo a
confronto con la trasposizione del 2009 di Oliver Parker intitolata “Dorian
Gray”, con protagonisti Ben Barnes e Colin Firth.
Ma partiamo
in direttissima con il libro. Sono tenuta però ad avvisarvi che in questo post
saranno presenti spoiler, perché parliamo di cosa avviene nel libro e nel film.
Alla fine questa rubrica spesso è tutto uno spoiler unico, però non è colpa
sua, senza spoilerare forse avrebbe poco senso. O meglio ancora non mi sentirei
di aver approfondito a sufficienza senza spoiler.
IL LIBRO
Ho riletto
il libro dopo anni proprio per potermi dedicare a questo post. Diciamo che la
mia memoria in termini di trame lette sia proprio il mio forte, quindi salvo
tre o quattro elementi fissi non ricordavo molto. Mi era stata regalata qualche
anno fa, almeno 5 o 6 , una edizione dell’opera di Wilde. Un’edizione decisamente
trash per i miei gusti in realtà, ma ad
un regalo non si può dire di no, soprattutto se tanto lo si deve semplicemente
leggere. Certo dovessi trovare un’edizione migliore mollare questa, ma per ora
ci accontentiamo.
La scrittura
di Oscar Wilde è sempre piacevole da leggere, non risulta complessa da capire e
contiene la giusta dose di dettagli che permettono di immaginare la scena nella
sua completezza. Ho apprezzato alcuni piccoli passaggi che riuscivano ad
enfatizzare il momento descritto pur ponendo l’attenzione su qualcosa che non era
direttamente collegato all’avvenimento, come la descrizione di un particolare
fiore ad esempio.
Dorian è un
ragazzino, che non sa nulla della vita e che si lascia influenzare da un uomo
cinico, a cui piace mettersi in mostra e sembrare al di sopra di tutto e di
tutti. Inizialmente sembra tenero e gentile, ma con il tempo la sua anima si
lascia corrompere dai discorsi dell’amico. C’è un discorso iniziale
sull’importanza dello sfogo degli impulsi e sul fatto che non cedere ad essi
possa comportare dei problemi in futuro, in particolare si rischia di averne il
rimpianto per il resto della vita. Mi ha fatto pensare alla teoria di Freud e
all’esistenza dell’inconscio, e considerando che Freud è nato nella metà
dell’800 e la prima pubblicazione del romanzo risale al 1890, potrebbe esserci
stata una qualche influenza.
Gli altri
protagonisti sono Basilicata, il pittore che crea il ritratto, che è invaghito
del ragazzo, e Lord Henry, L’Uomo cinico che lo corrompe e lo indirizza verso
la perdizione. Sono tra loro in opposizione, perché mentre il secondo è
estremamente dissacrante e tende a smontare qualsiasi credenza o opinione degli
altri, il primo ha dei fermi principi morali su cui non transige in alcun modo.
Nella mia mente, ad un certo punto, hanno assunto il ruolo dell’angelo e del
diavolo che spesso si manifestano nei cartoni animati quando il protagonista
deve prendere una decisione. Non riesco a capire se Lord Henry si diverte a
fare del male agli altri o se non se ne preoccupi affatto. Certo nessuna delle
due opzioni esclude che sia veramente convinto di ciò che fa o dice. È
incredibilmente un personaggio che piace, e ciò perché egli giustifica, solleva
il protagonista dalle responsabilità e non lo fa sentire in colpa, quando
questo avrebbe potuto creare in lui una certa coscienza.
Basil è
invece probabilmente l’unico amico che il protagonista abbia, l’unico che
davvero gli voleva bene e voleva per lui il meglio e la felicità. Ma a lui
Dorian non dà ascolto, perché non ha il fascino dall’altro. Ed è proprio lui la
svolta del romanzo, quando un Dorian 48 enne lo uccide in un momento di rabbia:
Basil infatti lo mette di fronte alla realtà, di fronte ai suoi errori e lo
invita, con l’attore che più di ogni altro indica l’amore, a pregare insieme
per la sua anima. Basil vuole salvarlo, vuole che si penta, nonostante le
atrocità fatte e il dolore causato, cerca ancora di aiutarlo. Questo è il punto
di svolta per Dorian perché da lì sarà tutto un declino verso la dannazione e
perderà ogni possibilità di redenzione.
IL FILM
Anno 2009,
cavalca l’onda della fama del protagonista, Ben Barnes, reduce dal successo
dell’interpretazione del principe Caspian nelle cronache di narnia. La trama
prende spunto dal libro e il ruolo del giovane Dorian non è reso al meglio
dall’attore. Non ne conosco le doti
recitative, perché l’ho visto solo in due occasioni, ma nonostante lo abbia trovato abbastanza
versatile, lo vedevo meglio nella parte del ragazzo ingenuo e nuovo in città
piuttosto che nella parte del cattivo. Sembra infatti poco espressivo, ma forse
questo era l’effetto che voleva essere passato dal regista.
Colino Firth
è sempre magnifico in ogni interpretazione e anche qui, nei panni di Lord Henry
non si smentisce. Il personaggio non mi è piaciuto molto, l’ho trovato molto
invadente ed allo stesso tempo insistente.
Le musiche
sono state interessanti, particolari, con un grande utilizzo di tamburi e borghi, solitamente non utilizzati dalle star o nei
film, a meno che non sia presente una tribù indigena.
IL CONFRONTO
Mi duole
dirlo ma purtroppo è un po ’ impietoso perché trovo il film molto meno valido
del libro. Al di là degli sconvolgimenti di trama, che in alcuni aspetti
potevano anche starci, hanno modificato la maggior parte degli avvenimenti:
Basil viene ucciso quando Dorian ha 48 anni, mentre nel film un anno dopo aver
realizzato il ritratto. Ma non è tutto, perché mentre nel libro Wilde non parla
mai apertamente delle azioni deplorevoli e cattive che Dorian compie, nel film
sembra tutto legato esclusivamente al sesso. Viene rappresentato come una sorta
di ninfomane.
E se mentre
il protagonista non incarna perfettamente la bellezza ultraterrena che Dorian doveva avere, Lord Henry non è per
nulla affascinante, perché è particolarmente insistente e dirige la vita di
Dorian con delle regole e delle scommesse, mentre nel libro la sua opera di
influenzamento è molto più sottile nonché scaltra.
Inoltre, nel
finale, mentre nel libro si redime trafiggendo il quadro perché non ne può più
di vivere con addosso il peso dei suoi peccati, e anche perché nell’ultima
chiacchierata con l’amico risalta molto al suo occhio che Basil era
effettivamente l’unico vero amico che si interessava a lui, nel film di redime
solo perché forzato. Si ha avuto qualche momento di debolezza, ma si ferma solo
quando viene chiuso nella stanza con il quadro è non ha più possibilità di
fuga.
Insomma, a
dirla tutta vi consiglio di leggere il libro, mentre il film potete
tranquillamente saltarlo. Il filo rosso lo hanno mantenuto, insieme a due o tre
cardini, ma tutto il resto è stato stravolto. Ho notato la presenza di alcuni
dialoghi presi pari pari dal libro e lì ho apprezzati, nonostante vengano detti
da personaggi inesistenti nel libro.
Anche questa
volta quindi il punto va al libro, ma fateci sapere la vostra.
-Pearl
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