Buongiorno popolo del web.
Oggi torniamo sui saggi, e torniamo anche, perché no, sulla
psicologia. Sarebbe più corretto dire “neurologia” in realtà, con tutto quello
che comporta e tutto quello che ad essa si lega.
Chiaramente per una questione
personale e lavorativa tendo a vedere la sezione più affine all’ambito dei miei
studi. Ma è di neurologia che si parla ed infatti l’autore di questa opera è un
neurologo famoso in tutto il mondo, anche grazie a questo libro, e stiamo
parlando di Oliver Sacks e quindi di “L’uomo che scambiò sua moglie per un
cappello”.
È un titolo di cui ho sempre sentito parlare, e sempre in
termini positivi, ma mi ritrovo a leggerlo solo ora, forse perché il suo titolo
era sì stravagante, uno di quei titoli che ti restano in testa, ma non per
troppo tempo. O meglio, è un titolo decisamente inconfondibile, ma non mi è mai
restato in testa tanto a lungo da riuscire ad elaborare delle grandi
riflessioni al riguardo. Tutte le volte che l’ho sentito nominare mi si è
accesa una lampadina in testa, del tipo “Ah certo, Sacks, devo recuperare
questo libro…” e poi più il nulla.
In realtà non saprei proprio descrivere quale strana
connessione facesse (o non facesse) il mio cervello ma alla fine sono riuscita
a recuperarlo (grazie alla crew di amici veneti che me lo hanno regalato al
compleanno) ed ora posso parlarne. Lo descriverei come un “saggio non saggio”,
perché sono sì storie reali raccontate da uno specialista del settore, non per
niente Sacks è stato professore di neurologia e psichiatria alla Columbia
University, ma lo fa in modo talmente semplice e, mi verrebbe da dire
colloquiale, che diventa immediatamente godibile e comprensibile. Non è
tecnico, non spiega a livello neurologico quello che accade, anche perché nella
maggior parte dei casi non è ancora stata trovata una spiegazione scientifica.
L’autore fa una introduzione sul tipo di disturbi
neurologici che possono coinvolgere l’emisfero destro del nostro cervello, che
sono molto complessi da individuare ma sono anche molto difficili da trattare.
Ad esempio i disturbi legati all’emisfero sinistro possono avere a che fare con
l’utilizzo del linguaggio. L’emisfero destro però racchiude competenze
differenti, è quello che si lega alla creatività.
Ogni capitolo narra un caso da lui studiato negli anni in
cui ha praticato e che si lega in qualche modo all’emisfero destro. Non starò
qui a raccontarvi capitolo per capitolo, perché non avrebbe alcun senso, Sacks
lo sa fare decisamente meglio di me. Mi è sembrato invece interessante la
suddivisione del libro in quattro parti: la prima parla dei disturbi
neurologici e della particolarità di quelli legati all’emisfero destro, nello
specifico dei deficit causati da questo disturbo. La seconda si concentra
invece sull’eccesso, ovvero sulle caratteristiche che il disturbo “esagera”,
quello che il disturbo porta in più e che prima non era presente nella persona.
La terza parte parla invece di quello che il cervello è in
grado di fare dal punto di vista delle reminiscenze, dei ricordi e di quello
che noi comunemente chiamiamo paranormale, quello che c’è oltre o dopo il mondo
reale. Non ci sono risposte al riguardo, non viene spiegato come o perché
questo avvenga, anche perché spiegazioni non ce ne sono, almeno per il momento.
Infine la quarta parte è dedicata a quelli che l’autore
chiama i “semplici”, coloro che hanno un ritardo mentale, e che sono
strettamente legati al concreto, alla realtà per quella che è a livello fisico.
E nonostante non sembrino in grado di utilizzare l’astrazione non sono meno umani
degli altri.
Sacks sottolinea molto anche l’importanza di non
concentrarsi troppo sui difetti e sulle incapacità, ma sulle capacità, sulle
potenzialità del singolo. E trovo che sia un concetto meraviglioso, perché
enfatizza i lati positivi delle persone e spingono esse stesse a vedersi come
persone migliori, più capaci, degne di nota.
Focalizzarsi invece sui difetti e sulle incapacità del singolo non fa
altro che abbatterlo e farlo sentire come se fosse “di meno”, inferiore, “non
abbastanza”.
Libro consigliato a tutti, sia per la possibilità di aprire
lo sguardo sui disturbi neurologici e, soprattutto, sui pazienti neurologici,
sia per scoprire un nuovo modo di vedere le cose, non più legate al concetto di
normalità ma a quello di individuo: ogni singola persona è unica e bisognerebbe
apprezzarla per come è, puntare a migliorare il suo potenziale e le sue
capacità senza abbatterla o farla sentire inferiore agli altri. Solo così sarà
possibile apprezzare veramente chi ci sta di fronte.
-Pearl
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