Buon giorno miei cari amici lettori!
Concludiamo questo lunghissimo, caldo mese – e di conseguenza concludiamo le
pubblicazioni fino a Settembre – con il capolavoro pseudo-trash di Winston
Graham, ossia il secondo libro della sua saga più famosa: “Demelza Poldark”.
Gli ipercritici mi perdoneranno e chi mi conosce si sarà rassegnato già da un
po’: non ho bisogno di giustificarmi con nessuno se nel ventaglio delle mie
letture è presente anche qualcosa di minor qualità, visto che è sempre stato
così, mi è sempre andato bene così e indovinate? Continuerà ad essere così.
Del resto siete voi che dovete appassionarvi ad una storia, non chi vi sta
intorno. Se vi dicono il contrario non credeteci. Quello che dovete fare, caso
mai, sarà chiedervi il perché un libro vi piace.
Trovo sia più importante saper distinguere il proprio gusto personale dall’oggettivo
valore intrinseco di un’opera, piuttosto che dissacrare a prescindere qualsiasi
cosa distante da noi solo perché è, appunto, distante da noi.
Io, non ne ho mai fatto mistero, cose più leggere ne leggo e a prescindere dal
fatto che mi piacciano o meno, sono pronta a porvi critiche logiche che
sappiano andare al di là di ciò che sono io come lettrice; o almeno è quello
che ho sempre tentato di fare.
Ecco, quindi, che preferisco tenere Winston Graham dentro casa e l’ipocrisia
fuori dalla porta, sostenendo fermamente che il primo, con tutti i suoi
difetti, è in grado di farmi trascorrere dei piacevoli quarti d’ora.
Questo successivo libro della “Saga dei Poldark”, se così possiamo
effettivamente chiamarla, è leggermente peggiore del precedente già recensito;
laddove, tra l’altro, avevo già avuto occasione di dire che neppure quello risultasse
tutto questo grande capolavoro letterario.
Siamo ancora nella Cornovaglia di fine ‘700, dove la marea porta sulle coste
echi della rivoluzione francese ormai imminente nel continente.
Ross e Demelza vivono la loro prima esperienza genitoriale in un clima
domestico non privo di turbolenze, dove i piccoli bisticci quotidiani dei loro
differenti ceti sociali si mischiano ed alternano con i seri problemi finanziari
e scandalistici. Miniere e marinai, serate di gala e matrimoni contadini: il mix
di Graham è sempre questo. Il che non guasterebbe neanche troppo per una
lettura leggera, se non fosse, questo secondo, un libro “di transizione” e di
conseguenza, un libro senza troppo da dire.
Purtroppo le saghe di libri hanno spesso questo inconveniente, cosa che non
tollero particolarmente nel genere film, ma che in una storia scritta può anche
andarmi bene, se rientra in certi limiti.
Ancora centrali sono i rapporti sentimentali e Graham ha una gran cura nel
mostrarci altre combinazioni del genere, affiancate alle coppie che già si
erano formate precedentemente, in una storia corale che abbraccia una
moltitudine di sfumature.
Decisamente più centrale diventa la vita amorosa della cugina Verity,
apparentemente destinata ad una vita da zitella al servizio della casa dov’è
nata e cresciuta, ma nella quale entrerà in gioco una variante ben determinata
a dirottarla in acque sconosciute.
Nuovo scenario sentimentale è quello ruotante attorno alla giovane Kate,
attrice ambiziosa sradicata dal suo habitat naturale per fare da moglie ad un
minatore. Questo è forse l’episodio peggiore e maggiormente criticabile dell’intero
romanzo, forse anche di tutta la storia nel suo complesso.
Kate appare antipatica fin dalla sua prima apparizione. È meschina, furba,
avida, capricciosa e soprattutto molto ambiziosa. Non è nobile: nella società
in cui vive non può aspirare ad alcunché. Eppure Demelza è ben visibile, quasi
presente apposta per dimostrarle che invece si può aspirare ad una vita
migliore. Una vita migliore che Kate, però, non avrà mai.
Nello scenario più classico e semplice possibile in cui il personaggio che vuole
tutto si ritrova a non stringere in mano un bel niente, Kate viene dipinta come
qualcuno che, la sua fine tragica, se l’è andata proprio a cercare. I minatori
della zona non provano nessuna pena per lei, che ha plasmato la sua stessa
disgrazia. Del resto anche lo stesso Ross offre il suo aiuto a chi, invece,
avrebbe dovuto essere quanto meno processato per il crimine commesso ai danni
di sua moglie.
Ora, io sono consapevole con la massima lucidità possibile che un libro pubblicato
nel 1946 non avrebbe mai avuto difficoltà a giustificare il delitto d’onore e
del resto Graham fa di tutto per rendere insopportabile il personaggio di Kate,
per evitare che il lettore trovi qualsiasi modo di simpatizzare con lei. Eppure
non posso rendere salvabile qualcosa che non può essere salvato in nessun modo
possibile, anche con tutte le attenuanti del caso, che ovviamente sono state
introdotte dallo scrittore proprio per tentare di “alleggerire” agli occhi del
suo pubblico le azioni del marito. Un brav’uomo, semplice ma buono fino al solo
ultimo gesto estremo, che comunque lo segnerà per sempre.
A questo proposito, si può inoltre osservare come l’ambizione, per Graham,
sembra essere il peccato mortale da condannare senza mezze misure. È ambiziosa
Kate, che vuole qualcosa di più per sé stessa ed il suo futuro ed è ambizioso
George Warleggan, che in questo secondo libro accenna appena a mostrarsi come l’antagonista
supremo che diventerà poi. Warleggan, di umili origini e quindi privo della
colta e compassionevole nobiltà che contraddistingue chi è nato in agiatezza, è
disposto a tutto pur di raggiungere la più alta posizione sociale. Soldi e
titolo sono l’unica cosa che contano; le persone non sono, per lui, nient’altro
che pedine da muovere sulla sua scacchiera personale.
Tuttavia, se George non fosse ambizioso dove sarebbe finito? Si sarebbe ridotto
a fare la fame in miniera? O in una bottega d’artigiano, che per quanto
migliore dello stare sotto terra, si tratta pur sempre di fare la fame? Qui
sembra che colui che diventerà l’antagonista principale della storia venga
criticato perché non è rimasto in bottega, ma ha semplicemente aspirato ad
altro e quindi è automaticamente etichettato come meschino.
Per Winston Graham l’ambizione è da disprezzare sotto ogni aspetto possibile. Certo,
c’è chi migliora le proprie condizioni sociali, come Demelza, Zacky Martin, o
Verity che passa dalla condizione di zitella a moglie rispettabile di un Capitano
della marina, ma coloro che compiono questo “salto” lo fanno quasi a loro
insaputa, trascinati dalla corrente delle decisioni degli altri anziché delle
proprie, in maniera pressoché inconsapevole, seguendo un altro sentire e non
per il semplice desiderio di migliorare la propria condizione, cosa che fra
parentesi, per quanto mi riguarda, è sacrosanta. Ed io non mi sono mai reputata
una persona particolarmente ambiziosa.
Così come gli aspetti negativi, anche quelli positivi si fanno sentire, questo
va ammesso. Tutta la vicenda riguardo alla pandemia ed il dolore per le morti
che ne sono seguite è, a mio parere, ben scritta. Triste, dolorosa, sofferta,
ricalcando dei tempi narrativi pensati anche in base all’elaborazione del
lutto. Il culmine meraviglioso, infatti, che merita tutta la mia approvazione, è
stato l’episodio della burrasca ed il saccheggio delle navi naufragate.
Precedentemente viene raccontato un periodo di morte e lutto in cui i
sentimenti di Ross naufragano tra la vera e propria depressione e la completa
assenza di qualsiasi emozione; un’anestesia che viene interrotta nel momento in
cui due navi si ribaltano nel mare vicino alla costa e vengono saccheggiate dai
popolani. Qui, la violenza descritta ha il vero e proprio sapore della fase del
lutto dominata dalla rabbia. Lo trovo un
momento molto alto e non mi stancherò mai di dirlo, perché per quanto possa
scivolare in basso questo libro, è anche capace di restituire dei piccoli
tesori nascosti e credo proprio che questo vada premiato.
Detto ciò, voglio proprio continuare la lettura della storia e vedere dove mi
porterà, se ci sarà da mettersi le mani nei capelli per le oscenità, o se
invece troveremo altri momenti epici e completamente inaspettati.
Per ora vi auguro buone vacanze, per chi avrà la fortuna di farle e un augurio
anche ai tenaci lavoratori che, invece, possano trovare un attimo di freschezza
almeno nelle loro letture!
Alla prossima, ragazzi!
-Liù
Nessun commento:
Posta un commento