Buon giorno, miei cari amici!
Da queste parti sempre di corsa, com’è giusto che sia tra settembre e ottobre,
con la ripresa delle attività scolastiche ed universitarie, che come ormai
sapete mi riguardano entrambe direttamente.
Che sia per lavoro, o che sia per percorsi accademici personali, mi trovo
sempre in un qualche edificio scolastico, se non direttamente immersa tra libri
e lezioni on-line.
Oggi, ancora una volta, entro in ambito universitario.
Ci tenevo a condividere con voi questa riflessione personale sullo studio e l’insegnamento
della geografia.
Avendo appena conseguito dodici crediti in tale ambito ed essendo sempre stata
una delle materie che più mi ha affascinata a scuola, eccomi qui a parlarvi di
questo strano mondo, a cavallo fra molte tematiche diverse, o per meglio dire
in termini più attinenti: sul confine
fra più ambiti.
Geografia è scienza, politica, sociologia, storia, cultura, lingue straniere. È
tutto questo insieme e molto di più e forse proprio questa sua caratteristica
innata di ibridazione è stato l’aspetto che mi ha, da sempre, maggiormente
affascinato. Tuttavia, per la mia esperienza personale, ho notato che pochissimi
riescono ad approcciarsi con lo stesso entusiasmo a questa materia. Alcuni ne
fanno la loro vera e propria croce, come in egual misura mi ritrovavo a fare io
nei confronti di ogni scienza esatta. Con la matematica ho espiato molti dei
miei peccati e la cosa era sopportabile solo grazie alla consolazione che mi
hanno sempre dato le materie letterarie e appunto, geografia.
Questa primavera ho avuto la possibilità di seguire due corsi in merito: uno
denominato “Geografia urbana” e l’altro “Geografia dell’ambiente”. Come
possiamo facilmente intuire da questo, il primo corso ha concentrato le sue
attenzioni principalmente sulle varie differenti strutture possibili del
territorio cittadino, andando ad indagare le diverse tipologie di città – le città
del potere, le città della cultura, della produzione, ecc. – mentre “Geografia
dell’ambiente” ha preferito incentrare il suo percorso sul versante più
naturalistico della materia, se così si può dire, toccando anche storicamente l’intero
percorso di sostenibilità che l’Unione Europea a compiuto sino ad oggi.
Ora, ammetto di essere di parte in entrambi i casi: Amo l’ambiente cittadino,
essendo cresciuta in prossimità della mia città e sarebbe per me davvero difficile
stabilirmi in un paesino, abbandonando l’asfalto e i monumenti. Dall’altro
lato, inoltre, chi mi conosce bene sa quanto tengo alla sostenibilità
ambientale, diventata ormai uno dei miei pilastri, nonché filosofia, di vita.
Si, a seguire questi corsi universitari mi sono decisamente divertita, anche
grazie alla dinamicità richiesta dai vari elaborati e ricerche. Non mi hanno
reso la vita facile, ve lo posso assicurare, eppure ero sempre li, piena di
entusiasmo ed ansia, cercando di portarli a conclusione.
In ogni caso, al di la dei miei gusti personali, la mia cara geografia, si è
rivelata una materia coinvolgente di base e a prescindere sia dai miei
interessi, che dal professore preposto.
L’approccio universitario ha saputo esplorare il territorio a me circostante,
con tutti i suoi cavalli di battaglia e le sue criticità, affondando le radici
in un modo di fare geografia enormemente dinamico, che si distanzia profondamente,
forse troppo, da quello usato nelle scuole oggi. Non certo privo di pecche, ovviamente,
sarebbe da migliorare ancor di più, ma posso affermare con una certa sicurezza
che potrebbe essere una buona base a cui aspirare, almeno per cominciare.
Un aspetto rivelatosi ben chiaro, durante questi due corsi, è appunto quello di
una scuola, primaria o secondaria che sia, che purtroppo non guarda all’insegnamento
della geografia nella maniera migliore, spegnendo da subito un interesse da
parte degli alunni, che se stimolato in modo diverso, sarebbe capace di
divampare ben oltre i confini scolastici e che invece si riduce a una lieve
fiammella, quando si è fortunati.
Non solo per quanto riguarda la maggior parte delle lezioni, che troppo spesso
vedono la lezione frontale come impostazione di base, imprescindibile perché
altrimenti guai! Prova anche solo ad accennare i termini: “flipped classroom”,
o “didattica all’aperto” e sarà come se avessi bestemmiato in chiesa. Ma anche
sul versante vero e proprio delle nozioni, l’offerta formativa risulta
deludente; in linea con un’idea di paesaggio minimamente attinente alla realtà;
qualcosa di idealizzato, distante e poco concreto, che facciamo fatica ad
esplorare.
Siamo abituati a vivere il territorio al di la di uno schermo, che sia quello
del computer, o quello della pagina patinata del libro di testo, o quello della
cartina geografica appesa alla parete. Laddove la geografia dovrebbe essere
soprattutto ricerca e non una ricerca qualsiasi, ma di tutto rispetto: una
ricerca sul campo, ecco che spesso, presidi e insegnanti, la costringono in un’aula.
La costringono in un’aula e dentro concetti poveri, astrusi, difficili, con
tutte le limitazioni del caso, solo per averla sotto controllo. Rimpicciolita e
privata delle sue più importanti sfaccettature, ecco che la geografia ci appare
come il genio della lampada disneyano: fenomenali poteri cosmici in un
minuscolo spazio vitale.
La conseguenza, con tanto di stupore degli adulti, è un grande mancato
interesse da parte degli alunni, un annichilimento estremo, non fosse per il
desiderio di volare lontano dal banco di scuola e non certo per esplorare un
mondo del quale conosciamo ancora meno di ieri.
Insomma, in una società dai confini sempre più netti, da concetti-slogan e
richiesta incessante di velocità in ogni ambito della nostra vita, ecco che una
materia così piena di sfaccettature e diversità, viene a perdere i suoi aspetti
migliori e l’abitudine a vederla in questo stato non ci indigna nemmeno più.
Inutile stupirsi, poi, per la mancanza di interesse di cui dispone il problema
dell’inquinamento, il cui attuale movimento rivoluzionario viene dal nord
Europa, dove forse l’insegnamento della geografia non crea problemi, ma da la
possibilità a chi di dovere di mettersi sempre più in discussione.
Spero che un giorno, l’insegnamento della geografia possa essere trasmesso in
modo diverso, piegandosi alle esigenze che la materia necessita e soprattutto a
quelle di cui lo studente ha bisogno, per diventare un giorno un adulto più
consapevole dello spazio intorno a sé, per averne cura e proteggere il
territorio, non tanto da un fantomatico “invasore”, come vorrebbero tanti
nostri politici, ma di veri nemici: l’inquinamento, l’essere umano stesso, il
consumismo coatto e frenetico.
Le prospettive, in merito, non sono delle migliori, purtroppo e credo che molti
siano del mio stesso avviso.
Importante, però, nel pessimismo più nero, continuare a perseverare con il
messaggio giusto, cercare di divulgare le informazioni e nel modo migliore
possibile, perché in certi casi anche i mezzi contano.
La geografia mi ha resa una persona migliore ed è questo che dovrebbe fare:
renderci persone migliori, osservatori attenti, appassionati, coraggiosi,
affettuosi; i difensori migliori al servizio della natura e della civiltà.
-Liù
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