sabato 12 settembre 2015

Thriller - Capitolo 1



Stephen King è uno dei maggiori autori, anche se si potrebbe dire “lo scrittore per eccellenza”, di thriller e inoltre è molto prolifico perché ha scritto veramente tantissimi libri; non li ho contati tutti, ma sono sicuramente più di cento. Molti lo etichettano come scrittore di Horror, altri di Thriller, infatti Misery, che ho preso in biblioteca, è catalogato con entrambe le etichette. Io preferisco
definirlo un Thriller perché non c’è nulla di paranormale all’interno della trama; questa è una scelta mia personale, senza valenza di alcun tipo. È una distinzione che faccio per catalogare i libri nella mia mente.
Misery è stato scritto nel 1987 ed è un thriller psicologico che racconta la situazione in cui si viene a trovare Paul Sheldon, uno scrittore, a seguito di un incidente stradale causato da una tempesta e dall’alcol assunto dallo stesso protagonista. A ritrovarlo è una donna che lo riconosce, perché sua fan, e lo porta a casa sua; lui ha le gambe rotte, lei è un’infermiera e decide di curarlo lì, da un lato perché ha dei problemi psicologici, dall’altro perché una sua fan. Misery è un personaggio creato da lui e protagonista di molti suoi romanzi, e che lei ama, ma che lui odia; un po’ come è stato per Conan Doyle e Sherlock Holmes. Lui nel suo ultimo romanzo ha ucciso Misery e lei vuole che lui la riporti in vita.
La trama è questa, e il romanzo inizia quando lui è già stato preso da Annie (la sua fan numero uno), quindi poi tutto il resto del libro è centrato sulla sua vita all’interno della casa, più che altro nella stanza in cui lei lo tiene rinchiuso. È un romanzo di circa 300 pagine ma è scorrevole e si focalizza molto sui pensieri e le riflessioni del protagonista. Inoltre tutto quello che avviene è assolutamente realistico e umano, infatti all’inizio del romanzo l’autore ringrazia tre persone che lo hanno aiutato nella stesura per rendere la storia credibile e realistica: due psichiatri ed un investigatore.
È un libro che mi è piaciuto molto, soprattutto perché l’aspetto psicologico del protagonista, ma soprattutto della carnefice, è molto ben fatto, spiegato bene ed è assolutamente coerente con la realtà. Infatti, avendo io letto anche altri romanzi in cui i protagonisti hanno, o dovrebbero avere, un disturbo psicologico o comunque vengono approfonditi con un’analisi di tipo psicologico poco plausibile o proprio campata per aria, il fatto che invece qui la psicologia dei personaggi sia descritta così bene ha aumentato la mia impressione, peraltro già buona, del romanzo. Questo è quello che secondo me dovrebbe essere il lavoro dello scrittore: fare molte ricerche, saper scrivere (che non è del tutto scontato), e creare una storia avvincente e scorrevole.
È facile da leggere, il difficile è staccarsi dalle pagine, nel senso che, nonostante sia molto riflessivo, quello che io riuscivo a pensare mentre lo leggevo era: “Un altro capitolo.”, “E adesso che succede?”. Non riuscivo a fermarmi. Inoltre i capitoli sono per lo più molto brevi, di circa due pagine; alcuni sono anche di mezza facciata, brevissimi e questo secondo me spinge il lettore ad andare avanti nella lettura rispetto a romanzi che invece sono suddivisi in capitoli di 20/30 pagine.
Riesce molto bene a mantenere la suspense e, ripeto, i personaggi sono costruiti benissimo.

Lo consiglio soprattutto agli amanti del genere o anche a chi vuole provare a leggere qualcosa di diverso e magari non ha mai letto un thriller o, ancora di più, un thriller psicologico. Lo consiglio anche a chi è interessato a romanzi in cui i protagonisti sono caratterizzati a livello psicologico perché a volte, se gli autori non fanno abbastanza ricerche, rischiano di passare idee sbagliate e stigmatizzate o basate su pregiudizi del disturbo mentale.

-Pearl

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