venerdì 13 novembre 2015

Teatro - Atto II



Buon venerdì!
Per la recensione di oggi ho scelto un’opera teatrale che, seppur molto famosa, ho avuto occasione di leggere soltanto qualche settimana fa. L’opera di cui sto parlando è “Cyrano de Bergerac”, di Edmond Rostand.
Non credo sia necessario specificare ancora l’importanza di vedere un’opera teatrale in scena, invece che

leggerla solamente; ho già chiarito la mia posizione a riguardo nella precedente recensione riferita al teatro. Tuttavia devo ammettere che, a differenza di “Romeo e Giulietta”, di “Cyrano de Bergerac” non ho ancora mai visto niente sulla scena; cosa che mi devo assolutamente apprestare a fare, nonostante penso sia un’opera ricca di lunghi monologhi, o comunque molto parlata e discorsiva, più che d’azione.
La storia narra le vicende dell’ orgoglioso, nobile, avventato e coraggioso Cyrano, senza macchia, senza paura e senza freni (un guascone di prim’ordine, insomma) e del suo amore impossibile per la bella cugina Maddalena Robin, detta e conosciuta da tutti come Rossana. Non potendo dichiarare apertamente il suo amore per lei, anche per via del famoso difetto fisico che lo fa tentennare per la paura di non essere  apprezzato e ricambiato dalla cugina, Cyrano decide di porre le sue capacità poetiche e dialettiche al servizio del rivale Cristiano, l’uomo che col suo bell’aspetto e la sua giovane età ha conquistato il cuore della fanciulla in questione. Rossana si trova, senza saperlo, ad amare due persone in una: L’aspetto fisico di Cristiano da un lato, l’intelletto e la passione di Cyrano dall’altro. Credendo che queste  grandi qualità e caratteristiche appartengano solamente al primo dei due, Rossana si convince di essere perdutamente ed irrimediabilmente innamorata dell’uomo perfetto, senza sapere che non c’è poi molto dietro il bel visino di Cristiano.
Come ho già accennato, credo che il fulcro e la grandezza di quest’opera risieda proprio nei lunghi monologhi, i quali seppur lunghi appaiono estremamente scorrevoli; nella poesia, nelle metafore, nel lessico usato, nei giochi di parole. Lo stile e il linguaggio di Rostand hanno un’armonia ed un ritmo difficili da imitare. D’accordo: per verificare davvero una cosa del genere si dovrebbe leggere “Cyrano de Bergerac” in lingua originale, ma almeno per il momento ci accontenteremo della traduzione, ricordando che italiano e francese sono due lingue neolatine ed in quanto tali hanno molto in comune. I grandi discorsi di questa storia, a parer mio, sono essenzialmente tre: il monologo iniziale che Cyrano fa a teatro, incentrato sul grande naso, la famosa scena del balcone (si, anche qui c’è una scena col balcone come in “Romeo e Giulietta” e altrettanto famosa, dal momento che da voce a una delle frasi più popolari del teatro moderno, inerente ad un certo bacio come un apostrofo rosa) e il discorso finale, nell’ultima scena.
Il primo di questi tre è sicuramente il più divertente, scherzoso e infinitamente arguto. Ci mostra un protagonista dall’intelletto fino, capace di trovare epiteti per deridere il suo naso abnorme molto più buffi di quelli che potrebbero mai trovare i suoi nemici, così derisi a loro volta per non essere in grado d’inventarsi battute migliori. Come dice un cantante rap dei nostri giorni, Cyrano “come tutti i brutti del mondo, ha dovuto esercitare lo stile” e proprio per questo è difficilmente attaccabile. Ma lo stesso atto ci presenta anche un uomo molto permaloso ed impulsivo, che non accetta compromessi di nessun tipo. È interessante riflettere su un eroe che è carente di gentilezza e bella presenza, ma che è anche molto onesto e per di più orgoglioso di questa sua rettitudine; qualcuno che ama chiamare le cose con il loro vero nome, senza giri di parole, o salamelecchi e che allo stesso tempo fa ciò che è giusto.
Successivamente troviamo la dichiarazione d’amore sotto il balcone di Rossana, dove Cyrano, con l’aiuto dell’oscurità notturna, si spaccia per Cristiano dedicando all’amata lodi e parole d’amore. Di questa scena ho apprezzato particolarmente il paragone che il nostro eroe fa tra la bella fanciulla e il sole.

…A tal punto i tuoi capelli sono 
diventati la mia luce che - come quando si è fissato il sole troppo a 
lungo si finisce per vedere proiettato dappertutto un disco rosso 
quando distolgo lo sguardo dal loro chiarore, riverberi biondi tutto 
intorno mi bruciano gli occhi.

Il signor Guccini, dall’alto della sua bravura, certo mi perdonerà se ammetto che dal mio punto di vista la sua versione cantata non è minimamente all’altezza della versione originale.
Un altro concetto che ho trovato molto bello, nella stessa scena, riguarda  ciò che Cyrano dice sul gelsomino nel giardino di Rossana.

Non mi resta che morire, subito! Mentre lei 
trema tra i rami per le cose che le ho detto. Perché voi tremate, 
tremate come una foglia tra le foglie! Tu tremi! Perché lo sento, che 
tu lo voglia o no, lo sento il tremito adorato della tua mano scendere 
giù per i rami di questo gelsomino. (Bacia perdutamente l'estremità 
d'un ramo pendente).

Ora certamente avrò perso i lettori meno romantici… O anche quelli soltanto un pochino romantici, visto che questo pezzo potrebbe far venire le carie a chiunque, da tanto è dolce. Tuttavia c’è un motivo se è diventata una scena così famosa e ammirata. Quale altro potrebbe essere, questo motivo, se non proprio il suo sconfinato romanticismo reso in versi?
Prima di giungere al terzo discorso mi soffermerei, inoltre, su una delle mie parti preferite, forse non importante ai fini della storia, ma sicuramente di grande valore estetico, ovvero il momento in cui Cyrano, sempre nascosto dalla notte che maschera le sue sembianze, fa credere ad un personaggio secondario di essere arrivato dalla luna. Forse, come ho già detto, non è una parte fondamentale, ma credo conservi una bellezza e un certo fascino. Ecco, dirò che questo brano conserva una certa componente di meraviglia, che suscita meraviglia e che si ha quasi l’impressione di trovarsi nel bel mezzo di una favola. Il migliore indizio, insomma, che potessimo trovare circa le motivazioni per cui Rostand è considerato un precursore della letteratura fantascientifica.
Ed infine ecco arrivare il momento strappa-lacrime, il gran finale, la morte di Cyrano. Cosa c’è di strano in questa scena? Cosa c’è di innovativo? Ebbene presto detto: un uomo coraggioso, spadaccino provetto, la cui fama con la spada ha raggiunto i confini della Francia e oltre; un uomo d’azione, sia nel combattimento, che nell’attacco verbale, ci si aspetterebbe di vederlo sconfitto in guerra, o in un combattimento, nel cuore di qualche tumulto. Eppure non è così. Cyrano muore nella più grande tranquillità e pacatezza. Vediamo Cyrano, ferito gravemente da un vile che ha osato colpirlo alle spalle – in netto contrasto con tutto ciò che rappresenta questo eroe – che, seppur mortalmente colpito, invece di restare a letto, decide di recarsi a far visita alla cugina Rossana, reclusa in un convento da quando Cristiano è perito in battaglia. Il nostro protagonista muore fra le braccia della sua amata, la quale solo in quel momento si rende conto del grande imbroglio di cui è stata vittima per amore.

Amante - non per sé - molto eloquente
Qui riposa Cirano
Ercole Saviniano
Signor di Bergerac
Che in vita sua fu tutto e non fu niente!

Cyrano è il simbolo di una forma di nobiltà d’animo che difficilmente viene capita, proprio per i suoi modi bruschi e che molto spesso, proprio come lui, viene colpita alle spalle da un atto di codardia meschino e disonorevole, ma che nonostante questo, sia per dignità, sia per sciocca testardaggine, si mantiene retta e fiera fino all’ultimo.
Come al solito sorvolo sui commenti che mi sono sovvenuti a proposito di Rossana e credetemi, le faccio un gran favore! Sapete quanto mi riesca difficile apprezzare i personaggi femminili di questo tipo, ma che posso farci? È un mio limite! Invece consiglierò quest’opera ai giovanotti che stanno cominciando a diventare uomini: per avere un esempio da seguire.


-Liù

Nessun commento:

Posta un commento