lunedì 19 settembre 2016

Romanzo familiare - Capitolo 1


Buongiorno a tutti!
Questa volta ritorno a viaggiare verso est, con “Madre del riso” di Rani Manicka, spingendomi ancora più lontano di quanto avessi fatto in precedenza e ritrovandomi in luoghi magici ed esotici, sospesi tra l’India, la Malesia e Ceylon. Attenzione: possibili spoiler (io vi ho avvisato).
“Madre del riso” è la biografia

di un’intera famiglia. Una storia che si dichiara realmente accaduta, ma che lascia qualche dubbio a questo proposito, dati i vari episodi magici ed esoterici di cui si legge per tutto il libro. La matriarca di questa discendenza, la prima narratrice e il vero e proprio punto di riferimento per la sua famiglia, è Lakshmi. Lakshmi è una giovane donna nata nel 1916, povera, con una probabile antenata inglese e costretta dalla madre a sposare un uomo molto più grande di lei, brutto e già padre di due figli. Visto che non stiamo parlando di uno di quei “romanzi per signore” che talvolta ho citato, il marito rimane, brutto e inetto, così come rimane, duraturo, il matrimonio con la protagonista. Nonostante la mancanza d’amore, Lakshmi si rimboccherà le maniche e grazie soprattutto alla sua forza di volontà i due condurranno una vita coniugale lunga e piena di figli. Dopo aver cacciato di casa i due bambini frutto del precedente matrimonio di Ayah, questo è il nome di lui, La coppia darà vita a ben sei figli, dalle caratteristiche fisiche e caratteriali ben distinte fra loro. Attraverso le loro diverse voci scopriremo la storia di una famiglia che per gran parte del novecento ha vissuto gioie e dolori. I fratelli, come già detto, sono sei: i gemelli Lakshmnan e Mohini (rispettivamente maschio e femmina), Anna, Sevenese, Jeyan e Lalita. I due primogeniti potrebbero risultare i più importanti di tutti, ma anche i più sfortunati. Gemelli bellissimi, dagli assurdi occhi verdi, probabilmente ereditati da quella famosa antenata inglese della madre e legati fin dalla nascita indissolubilmente, ancora di più a seguito della morte di lei. Mohini avrà vita breve, poiché durante la seconda guerra mondiale, periodo in cui la Malesia è stata invasa dai soldati giapponesi che si potevano permettere fin troppe libertà coi civili, viene portata via da casa durante un’incursione e non farà più ritorno. A causa di questo fatto che ha visto Lakshmnan come parte attivo-passiva nel sequestro della sorella, il gemello si considererà sempre responsabile e non riuscirà mai a perdonarsi, abbandonandosi anche ai tavoli da gioco. Ma Mohini rimarrà, in un certo senso, dietro le quinte della sua famiglia, vegliando ogni fratello e cercando di avvertirli dei problemi quando possibile. Questo accadrà soprattutto attraverso il quarto fratello, Sevenese, che a seguito di una marachella da ragazzo, accaduta nel cimitero cinese con il suo compagno di avventure, il figlio di un incantatore di serpenti, si avvicinerà alla magia e al mondo degli spiriti. Sognerà immagini premonitrici e decodificherà i messaggi della sorella dall’oltretomba.
Col passare del tempo si aggiungeranno anche le nuove voci delle nuove generazioni, come i figli di Lakshmnan e sua nipote.
Una storia che non parla solo di dinamiche familiari, ma anche di un mondo a me estraneo e forse per questo così interessante dal mio punto di vista. È un libro che non ha la pretesa di svelare il mistero della vita umana, o qualsivoglia ideale e che tuttavia, pur senza questa intenzione, scavalca le aspettative raccontando semplicemente di persone e fatti. Persone che hanno molti difetti, terribilmente umane nelle loro debolezze, ma altrettanto vere, reali, sentite.
Ho letto questo libro da adolescente e posso dirvi che, nonostante i vari episodi inspiegabili, la storia complessiva è resa in modo abbastanza realistico da non avermi suscitato domande circa la veridicità dei fatti raccontati. Trovo, questo, un bel punto a favore della qualità di scrittura del libro, che non vuole a tutti i costi convincere o intortare il lettore, ma che offre una visione delle cose talvolta distanti dalla pura logica, senza far risultare il tutto assurdo, né pacchiano e soprattutto senza prendere in giro chi ascolta, o legge. Complice di ciò è sicuramente l’ambiente entro cui si svolgono i fatti, lontano dai dogmi razionali dell’antica Grecia che in tutto l’ovest del mondo sono giunti fino ai giorni nostri e che risultano estranei in luoghi magici come la Malesia, dove il quotidiano è popolato da spiriti e morti tanto quanto dai vivi.
Al di là di questo aspetto, al mio gusto personale è proprio piaciuto lo stile di scrittura, del quale vi lascio un esempio, ovvero il mio pezzo preferito di tutto il libro:

Chi mi ha dato una forma mi ha anche marchiato con il segno della corruzione. Una verde foglia di vite che fiorì presto nella mia vita e mi afferrò l’anima. Che cosa dovevo fare?
Sono un inguaribile mascalzone. L’alcol, il cibo raffinato e la vita facile mi attraggono in modo indubbiamente sbagliato. Guardo mia madre affascinato e inorridito. […]
Così mi ha fatto chi mi ha creato. La mano gli tremava. Mi ha fatto egoista, senza cuore e temerario di fronte all’ignoto. Deve ancora venir messo alla prova quello che è per me il punto estremo, da cui non si ritorna. “Portami più oltre” è la mia continua, temeraria sfida.

Tanti personaggi diversi, tanti episodi dolorosi e non, una sola famiglia.
Consiglio questo libro, come sempre, a tutti e come sempre mi auguro di avervi incuriosito.
Vi auguro una buona serata e alla prossima!


-Liù

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