lunedì 13 febbraio 2017

Letteratura internazionale - Capitolo 13



Buona sera a tutti! Mi scuso per il ritardo, è stato un weekend particolarmente impegnativo...
Oggi mi dedicherò ad una recensione interessante, che mi ha fornito moltissimi spunti di riflessione, sia su argomenti filosofici quali il tempo che su questioni sociali fondamentali che vanno tenute a mente soprattutto quando si lavora per gli altri o comunque nell’ambito delle
scienze umane.
Il libro si intitola “I quasi adatti” ed è stato pubblicato nel 1993 dallo scrittore Peter Hoeg, autore meglio conosciuto per aver scritto il famosissimo “Il senso di Smilla per la neve”, un romanzo che ho sentito spesso nominare ma che non ho mai letto. Dopo questa esperienza di lettura però cercherò di recuperarlo.
Il romanzo di cui parliamo oggi però, parla di un ragazzo di nome Peter, come l’autore, di 14 anni, che ha sempre vissuto in diversi istituti per ragazzi “speciali” è che, per una serie di motivi, finisce in una scuola di Copenhagen dove incontra due amici, Katarina e August. In questa scuola ci sono però regole ferree e punizioni molto dure che, anche se è una scuola dedita al recupero di adolescenti disadattati, non sembra raggiungere gli obiettivi desiderati. La storia è ambientata in Danimarca negli anni ’60 .
Uno dei grandi temi affrontati in questo romanzo è sicuramente il trauma, che viene descritto abbastanza bene, soprattutto nel modo in cui i ricordi riaffiorano non tanto sotto forma di ricordo/immagine quanto la riattualizzazione delle emozioni vissute nel momento del trauma. Sottolinea come spesso i bambini che subiscono un trauma vengono lasciati soli, senza un supporto adeguato, un problema che sembra essere tipico non solo degli orfanotrofi quanto anche delle scuole e degli altri istituti (si parla sempre degli anni ’60 dunque è a quest’epoca che l’autore fa riferimento). Sottolinea il problema della mancata spiegazione e della mancata consapevolezza: con un brevissimo richiamo alla recensione di due settimane fa rimarcherei l’importanza della consapevolezza nelle persone e nei bambini. Dire a un bambino che viene giudicato “un 3” Perché nei test il risultato numerico è quello, sicuramente non lo aiuterà a capire molto di sé e non gli permetterà di creare la relazione necessaria con la persona che si occupa di lui. Dal punto di vista del trauma viene affrontata anche la differenza tra i vari bambini sottoposti a determinati trattamenti dunque emergono la bellezza e l’importanza della resilienza contrapposta invece alla rassegnazione. Alcuni bambini sono più resilienti di altri ma questa è una capacità che si può sviluppare e allenare. La resilienza si definisce come la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi; trasformato in termini psicologici riguarda la capacità di un individuo di fronteggiare e superare gli eventi traumatici o le proprie difficoltà. Non tutti siamo uguali e non tutti realismo allo stesso modo, lo stesso vale per i bambini.
Un altro grande tema che si rileva in questo romanzo riguarda l’importanza dell’attenzione alla persona e non alla scienza: spesso, quando si cerca di applicare o fare qualcosa in modo scientifico si tende a prestare una grandissima attenzione ai dettagli e a svolgere tutti i passaggi con la massima attenzione. Come viene riportato in questo libro, nel passato più che oggi ma anche oggi in parte, a volte si tralascia quello che potrebbe essere definito come il “fattore umano”, da parte di chi subisce, se così si può dire, l’intervento e da parte di chi lo mette in atto. Esiste e persiste infatti la convinzione che se le procedure vengono svolte in modo schematico e ordinato il risultato sarà inevitabilmente attendibile. Con le persone questo non sempre vale proprio perché i soggetti sono esseri umani. In questo libro la scuola, i professionisti degli istituti e degli ospedali vengono descritti proprio in questo modo, alla ricerca di risultati scientifici con un obiettivo esclusivamente e prettamente numerico. Fortunatamente questo è l’aspetto che si cerca di combattere oggi, almeno in alcuni percorsi formativi, ideologici e teorici.
L’ultimo elemento importante è il tempo e il tema filosofico che lo circonda: lo scorrere del tempo, la circolarità o la linearità del tempo e la sua soggettività. È un tema che viene affrontato molto dal protagonista ed è il punto in comune che lo farà avvicinare a Katarina e August. Non essendo esperta del campo non so quanto venga trattato scientificamente, credo siano semplicemente descritti i pensieri e le riflessioni del protagonista.
Dunque questo è quello che ho trovato interessante di questo libro. Sicuramente è un libro intenso da diversi punti di vista, da un  lato perché i temi trattati sono di una certa rilevanza (violenza e maltrattamenti di minori, abusi sessuali, solitudine e isolamento, deprivazione) il tutto condito da un’età particolarmente delicata: l’adolescenza. Dall’altra parte c’è la bravura dello scrittore nel saper rendere bene non solo gli avvenimenti quanto il racconto dal punto di vista soggettivo della vittima e dei problemi che si sono trascinati fino all’età adulta.
Traendo le somme, libro consigliatissimo per chiunque apprezzi il genere, l’autore e il tema.
-Pearl

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