venerdì 8 maggio 2020

Narrativa - Capitolo 26


Ben ritrovati, miei cari amici!
Ultimamente questa sezione di “Narrativa” sta diventando un po’ inflazionata, per me. Scusate la mancanza di creatività lettori, ma sono sicura che mi avrete già perdonato, visto che avrete capito dall’immagine pubblicata dopo il titolo quale sarà il libro che ho deciso di portare alla vostra attenzione questa settimana.
Oggi mi piacerebbe discutere con voi del secondo libro della quadrilogia “L’amica geniale”, di Elena Ferrante: “Storia del nuovo cognome”, se non erro il libro più lungo dell’intera serie.
“Storia del nuovo cognome” mi ha lasciata un po’ perplessa e con tanta nostalgia per il volume precedente, che mi sembrava decisamente migliore, più limpido e più fluido di questo.
È vero che la trama si complica ed è sicuramente più difficile raccontare di Elena e Lila saltando da un punto a un altro e cercando contemporaneamente di non perdere il filo del discorso. Eppure ho avuto l’impressione che questo secondo volume perdesse un po’ di quella freschezza iniziale, che tanto avevo amato al principio.
No big deal, in verità, ma sono cose che a certi livelli fai fatica a scordare, semplicemente perché le aspettative sono altissime.
In molti momenti della storia avrei voluto inserirmi tra le pagine, dare forti scossoni alla maggior parte dei personaggi e in alcuni casi anche schiaffeggiandone qualcuno. Forse questo stato emotivo è esattamente ciò che l’autrice voleva provocare, non lo escluderei di certo.
“Storia del nuovo cognome” riprende esattamente da dove Elena Ferrante ci aveva lasciato, ovvero il matrimonio di Lila. Il matrimonio che segna il vero punto finale della sua infanzia e così come finisce l’infanzia di Lila, inevitabilmente, comincia a crescere anche Elena. Lila si muove nell’ambiente del rione, Elena muove i primi passi fuori, prima al liceo classico e poi all’università. Lila si allontana definitivamente dagli studi ed Elena si allontana timidamente dal quartiere dov’è cresciuta. Nel corso della loro adolescenza si allontanano anche fra loro stesse, si ritrovano, si perdono, si punzecchiano; l’una a fare da contraltare all’altra, come al solito, ma più intensamente e pericolosamente di prima, in un gioco di affetto e crudeltà difficile da riportare fuori dal romanzo.
Non solo questo aspetto è il fulcro di tutto, il punto attorno al quale tutta la storia viene costruita e raccontata, ma fa anche da motore propulsore. Il mondo di Elena e Lila si muove in funzione di come l’altra reagirà alle proprie azioni.
Arrivano anche i primi amori, che però non sono come nelle favole e mentre si rafforzano quelli antichi, ognuno di essi, fra l’una e l’altra amica, si mischiano e confondono. Nino Sarratore, primo amore di Elena, diventa il perno tra le due protagoniste e al lettore non viene lasciato lo spazio per capire chiaramente se questo terzo agente ha, per loro due, un’importanza reale, o è solo un mero strumento per ferirsi ancora più in profondità. Non sappiamo fino a che punto resti un gioco e dove invece cominciano i sentimenti veri.
È stato sicuramente difficile. Dev’essere stato inevitabilmente difficile descrivere questa parte della vita di Lila ed Elena. La loro adolescenza, precipitata in un mondo di già adulti inscatolati in regole sociali precise; un’adolescenza che ha ancora il bisogno dei sogni e delle aspettative per il futuro, ma che rimane intrappolata nel bagaglio dei doveri. Doveri verso il proprio marito, verso la propria famiglia, verso chi conta di più, verso la fame che nella povertà non cessa mai di farsi sentire e anche verso l’amore, che è un altro genere di fame, che si fa sentire anche a stomaco pieno e che non risolve mai le cose, anzi caso mai le complica ancora di più.
Questo libro passa turbolento al lettore, come lo è per ogni adolescenza. Come una vacanza al mare dove in poche manciate di giorni può accadere di tutto, portando in sé la capacità di cambiare ogni cosa, ogni aspettativa verso il futuro, oltre che il punto di vista da cui abbiamo sempre guardato le cose.
Sono emozionata e intimorita nello scoprire cosa succederà nel terzo libro alle nostre amiche geniali. Emozionata e intimorita per ciò che Elena Ferrante è in grado di riportare sulla carta, avendo il coraggio di spolverare i fatti dagli inutili e finti orpelli favolistici, per restituire al lettore una verità troppo triste e rabbiosa perché lui voglia crederci.
Credo proprio che mi servirà una pausa lunga da questo romanzo, con la speranza di ripescare il coraggio di andare avanti dalle pagine di qualche altro libro. Magari, questa volta, non di narrativa.
E voi l’avete letto “Storia del nuovo cognome”? Cosa ne pensate? Siete d’accordo con me, o dissentite? Aiutatemi a venirne a capo, vi prego!
Buon fine settimana, lettori!
-Liù

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