venerdì 29 maggio 2020

Narrativa - Capitolo 27



Buongiorno.
Oggi parleremo un po’ di narrativa, di un libro che era nella mia wish list da diverso tempo e che dopo due anni di attesa mi è stato regalato al compleanno del 2019. Ora, non è che lo aspettassi con trepidazione, ma era un libro la cui trama mi aveva affascinato e il desiderio di leggerlo è sempre rimasto.
Sto parlando di “La distanza tra le stelle”, di Lily Brooks-Dalton che non è un libro di fantascienza ma di narrativa. L’autrice ha scritto questo come primo romanzo e non sono a conoscenza di altre opere successive.
Senza averlo letto, cosa mi ha affascinato tanto di questo libro? La solitudine. I protagonisti sono due, e le loro storie si intervallano insieme ai capitoli del racconto. Lui, Augustine, anziano astrologo si trova da solo nel nord del Canada, presso un osservatorio che è stato abbandonato dagli scienziati quando i militari sono andati a prenderli per riportarli nel cosiddetto “mondo civilizzato”. Lui rimane nonostante gli venga detto che nessuno sarebbe più tornato a prenderlo. Lei, Sully, è un astronauta che ha intrapreso il viaggio fino a Giove, ma nella fase del ritorno i contatti con la base spaziale si interrompono senza quindi riuscire a ristabilire una comunicazione. Nel silenzio assoluto, dello spazio e dei ghiacci, queste due solitudini si incontreranno.
Questa premessa mi ha quindi incuriosito verso la vita di queste due persone sole, per motivi diversi, che riescono a stabilire un contatto e ad unire le loro solitudini.
La partenza però è stata decisamente negativa, perché mi ha veramente dato l’impressione di una scrittura asettica, poco descrittiva. È stato quindi difficile entrare nei panni dei personaggi, in particolare lui fin da subito è stato per me poco convincente come personaggio.
Entrambi hanno rinunciato alla famiglia per una carriera nello spazio o comunque legata all’astrologia ed entrambi sono risultati un po’ toppo concentrati su sé stessi. La carriera prima di tutto, la perdita della persona amata, o almeno così viene descritta, e l’abbandono dei propri figli. Uno ciascuno.
Con il procedere del racconto le descrizioni migliorano ma ho decisamente letto di meglio. Non sono riuscita ad empatizzare con nessuno dei due, forse  un pochino più con lei ma nemmeno troppo. L’autrice, a mio parere, cerca di fare trasparire la questione della vocazione, ma in realtà tutto questo mi è sembrato una scusa per poter abbandonare le proprie responsabilità. La sofferenza per l’abbandono della prole infatti emerge solo quando i protagonisti cedono il passo alla disperazione, prima non erano mai stati così preoccupati per i propri cari. Anche se chiamarli cari è già troppo.
Non ho apprezzato dunque la scrittura, e nemmeno la trama, anche se ci sono stati dei tentativi di colpi di scena che però, nice try, erano chiari praticamente dall’inizio. Ma ne parliamo dopo nella parte spoiler. L’idea che mi ero fatta nella lettura della trama era quindi sbagliata, magari non al 100%, ma mi aspettavo una piega ben diversa.
Tirando le somme della parte no spoiler, non lo consiglio. So che sembra ne stiano traendo un film, ma dovesse anche uscire non andrei a vederlo. La delusione è stata abbastanza scottante.
Ora occorre però che vi ricordi, come ho scritto in alto, che farò degli spoiler, quindi siete ancora in tempo per andarvene, da adesso in poi parleremo di cosa esattamente non mi è piaciuto.

Prima di tutto dalla quarta di copertina non sembrava una situazione così tragica come invece risulta già dalle prime pagine quando i militari vanno a recuperare gli astrologi all’osservatorio. Sembra infatti ci sia in atto una specie di guerra mondiale, si parla di armi nucleari, il protagonista sceglie di restare, e quando tutti se ne sono andati, lui trova una bambina. Ma sul serio, in Artide, in un osservatorio cosa ci fa una bambina da sola? Lui dice: “qualcuno l’avrà dimenticata”, ma che stai dicendo? E già qui il primo colpo di scena parte, perché è ovvio che quella bambina non esiste ed è solo nella sua testa. Considerando poi che lui ha abbandonato sua figlia, non l’ha mai vista e nemmeno cercata se non qualche anno per farle i regali ma nulla di più, quella bambina non può essere altro che frutto della sua fantasia.
Lei, dall’abstract, chiamiamolo così, sembra dispersa nello spazio, e così è se non fosse che si trova con altre 5 persone oltre a lei, perché c’è una squadra che si muove con lei, non è completamente sola. Quindi deduco che le sua solitudine sia intesa come psicologica e non reale, dato che ha i suoi compagni con sé. Anzi c’è anche una mezza storia sentimentale con il comandante. Quello che preoccupa la protagonista femminile è la mancanza di segnali da parte della Terra, su cui sembrerebbe non esistere più anima viva, salvo Augustine, solo, nella neve. Non sto a raccontarvi tutto quello che accade durante il viaggio, fatto sta che finalmente questo contatto arriva. Arriva dopo la pagina 200, io non ce la facevo più a leggere, non vedevo l’ora che finisse tutto quanto.
Altro colpo di scena spoilerato subito, o comunque molto in fretta, è che Augustine è il padre di Sully, che è cresciuta senza il padre, senza averlo mai visto e senza aver mai saputo il suo nome, e che ha abbandonato sua figlia, praticamente come se fosse una questione genetica. L’autrice ovviamente dice tutto questo alla fine del libro, ma noi lettori lo avevamo capito da molte e molte pagine prima.
La conclusione non è chiarissima, perché lui sembra andare a morire abbracciando un orso polare, e non sto scherzando. Lei arriva sulla terra ma non fanno vedere cosa gli astronauti trovano, anche perché con l’interruzione dei contatti la domanda era se ci fosse ancora qualcuno di vivo sul pianeta.
Non è dato sapere. Sono riuscita a finire di leggerlo, quindi non è che faccia proprio schifo, però a me non è piaciuto e non mi sento di consigliarlo.
A presto, si spera, con un libro migliore!
-Pearl

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