venerdì 4 settembre 2020

Narrativa - Capitolo 30

 



Buongiorno e ben tornati sul blog! Ritorniamo dopo le vacanze (che non abbiamo fatto perché è un anno infernale, considerate solo che Liù ha studiato e lavorato per tutto il mese di agosto, ed io le ferie ancora non le ho fatte e non sono stata a casa nemmeno durante il lockdown) con nuovi libri e nuovi argomenti.

Oggi parleremo di un libro che mi è stato prestato: non l’ho acquistato, non l’ho preso in prestito in biblioteca, non sapevo nemmeno della sua esistenza. Semplicemente chi me lo ha prestato voleva un mio parere al riguardo, quindi l’ho letto, ed ora ve ne parlo un po’. Vostro malgrado, forse. Questo romanzo è la prima pubblicazione di Carlotta Amerio, ho cercato informazioni riguardanti la scrittrice ma non ho trovato nulla, probabilmente perché non aveva mai scritto nulla prima del 2019, anno di pubblicazione di questo libro.

Il titolo è “Al limite del sogno” e la trama racconta la storia di Giulia, una ragazza che studia arte e del suo contatto con la droga, in particolare con l’eroina, che avviene a causa di una serie di incubi, che improvvisamente inizia a fare tutte le notti e che la turbano profondamente. Questo iniziale approccio con la droga, mediato da un amico, la spingerà sempre più verso il baratro, perché per sfuggire ai suoi incubi metterà a rischio ciò che di bello aveva nella propria vita.

Non c’è molto altro da dire, perché questo è lo scheletro del romanzo, ci sono in mezzo un fidanzato, il migliore amico e qualche altro personaggio, fra cui l’amico che le farà provare per la prima volta la droga, ma fondamentalmente tutto gira attorno a lei.

Per quanto riguarda la scrittura l’ho trovata poco coinvolgente, infatti inizialmente ho fato molta fatica a proseguire la lettura perché non stimolava in me nessun tipo di curiosità. Le descrizioni sono poche e solo a metà del romanzo, quando inizia a fare uso di sostanze stupefacenti comincia a diventare interessante, o quantomeno il lettore percepisce un minimo di curiosità su dove questi comportamenti la porteranno.

Il tema della tossicodipendenza è complicato, spinoso, senza le dovute conoscenze si rischia davvero di prendere sotto gamba l’argomento e parlarne con una eccessiva superficialità. Ora, io non sono un’esperta, anzi, salvo quello che si studia sulle dipendenze in riferimento al DSM, non ho avuto esperienze personali o lavorative dirette con chi soffre di queste problematiche. È anche un tema che non sento particolarmente vicino, faccio infatti molta fatica ad empatizzare con le persone che sviluppano una dipendenza, qualunque essa sia. Dall’alcool, alla droga, ai videogiochi, al gioco d’azzardo. Certo, questo è un romanzo e non un saggio, quindi non ci si può aspettare una spiegazione dettagliata dal punto di vista fisico e psicologico, però il modo in cui l’autrice ha trattato tutta la trama mi è sembrato molto superficiale.

Nella quarta di copertina viene riportato che l’autrice ha svolto molte ricerche sui “mondi sommersi”, e anche se non viene specificato a cosa si fa riferimento, ho immaginato che ciò riguardasse i sogni e il fatto che Freud li definisse “la via regia per l’inconscio”. Questo è stato sicuramente  l’aspetto più interessante, o meglio, lo sarebbe stato se ci fosse stato un approfondimento. Io non voglio assolutamente dire che l’autrice non si sia informata su queste tematiche, però queste ricerche non emergono affatto all’interno del romanzo. L’approfondimento psicologico ed emotivo della protagonista è praticamente nullo, i sogni che fa non vengono descritti, ma soprattutto non c’è nessun evento scatenante. Viene semplicemente riportato che la protagonista, improvvisamente, inizia a fare degli incubi, senza che ne venga specificato il contenuto, viene semplicemente detto che c’è del sangue e che sono violenti, e questo la manda completamente in tilt. Più avanti, alcuni di questi incubi verranno riportati, ma senza nessun evento scatenante e senza un approfondimento introspettivo non hanno alcun senso. Il lettore è portato a chiedersi come mai questi sogni la terrorizzino e come mai lei non cerchi delle soluzioni più razionali.

Poi all’improvviso viene snocciolata una spiegazione che, onestamente, sembra buttata lì senza motivo, come se l’autrice alla fine del romanzo abbia pensato di rendere il tutto più tragico, ponendo una motivazione sì drammatica, ma abbandonata a sé stessa. Nessuna spiegazione psicologica, nessun approfondimento rispetto alle emozioni della protagonista per questi eventi dell’infanzia e nemmeno nessuna spiegazione successiva che aiuti il lettore a ricomporre il puzzle. Il nulla. Questo è, a mio avviso, inaccettabile quando vuoi trattare delle tematiche di questo tipo, considerate tabù e che creano un grande dibattito attorno a sé.

Mi è sembrata una banalizzazione della problematica, la protagonista risulta una persona immatura e menefreghista, che prende tutte le questioni sotto gamba, è portata all’autocommiserazione e sempre alla scelta della via più facile. E questo ci può stare, perché spesso le persone che cadono in questa dinamica sono fatte in questo modo, ma se tu cerchi di portare il lettore a sviluppare empatia per lei, non dare nessuna spiegazione ad alcunché è la scelta sbagliata, a mio parere.

Quindi non vi consiglio di leggere questo libro, sono sicura che esistano altri libri che parlano di tossicodipendenza molto meglio di questo, uno fra tutti “I ragazzi dello zoo di Berlino”.

Per oggi è tutto. A presto!

-Pearl


Nessun commento:

Posta un commento