venerdì 9 ottobre 2020

La Geografia insegnata oggi. Criticità e potenziale.

 

Buon giorno, miei cari amici!
Da queste parti sempre di corsa, com’è giusto che sia tra settembre e ottobre, con la ripresa delle attività scolastiche ed universitarie, che come ormai sapete mi riguardano entrambe direttamente.
Che sia per lavoro, o che sia per percorsi accademici personali, mi trovo sempre in un qualche edificio scolastico, se non direttamente immersa tra libri e lezioni on-line.
Oggi, ancora una volta, entro in ambito universitario.
Ci tenevo a condividere con voi questa riflessione personale sullo studio e l’insegnamento della geografia.

Avendo appena conseguito dodici crediti in tale ambito ed essendo sempre stata una delle materie che più mi ha affascinata a scuola, eccomi qui a parlarvi di questo strano mondo, a cavallo fra molte tematiche diverse, o per meglio dire in termini più attinenti: sul confine fra più ambiti.
Geografia è scienza, politica, sociologia, storia, cultura, lingue straniere. È tutto questo insieme e molto di più e forse proprio questa sua caratteristica innata di ibridazione è stato l’aspetto che mi ha, da sempre, maggiormente affascinato. Tuttavia, per la mia esperienza personale, ho notato che pochissimi riescono ad approcciarsi con lo stesso entusiasmo a questa materia. Alcuni ne fanno la loro vera e propria croce, come in egual misura mi ritrovavo a fare io nei confronti di ogni scienza esatta. Con la matematica ho espiato molti dei miei peccati e la cosa era sopportabile solo grazie alla consolazione che mi hanno sempre dato le materie letterarie e appunto, geografia.
Questa primavera ho avuto la possibilità di seguire due corsi in merito: uno denominato “Geografia urbana” e l’altro “Geografia dell’ambiente”. Come possiamo facilmente intuire da questo, il primo corso ha concentrato le sue attenzioni principalmente sulle varie differenti strutture possibili del territorio cittadino, andando ad indagare le diverse tipologie di città – le città del potere, le città della cultura, della produzione, ecc. – mentre “Geografia dell’ambiente” ha preferito incentrare il suo percorso sul versante più naturalistico della materia, se così si può dire, toccando anche storicamente l’intero percorso di sostenibilità che l’Unione Europea a compiuto sino ad oggi.
Ora, ammetto di essere di parte in entrambi i casi: Amo l’ambiente cittadino, essendo cresciuta in prossimità della mia città e sarebbe per me davvero difficile stabilirmi in un paesino, abbandonando l’asfalto e i monumenti. Dall’altro lato, inoltre, chi mi conosce bene sa quanto tengo alla sostenibilità ambientale, diventata ormai uno dei miei pilastri, nonché filosofia, di vita. Si, a seguire questi corsi universitari mi sono decisamente divertita, anche grazie alla dinamicità richiesta dai vari elaborati e ricerche. Non mi hanno reso la vita facile, ve lo posso assicurare, eppure ero sempre li, piena di entusiasmo ed ansia, cercando di portarli a conclusione.
In ogni caso, al di la dei miei gusti personali, la mia cara geografia, si è rivelata una materia coinvolgente di base e a prescindere sia dai miei interessi, che dal professore preposto.
L’approccio universitario ha saputo esplorare il territorio a me circostante, con tutti i suoi cavalli di battaglia e le sue criticità, affondando le radici in un modo di fare geografia enormemente dinamico, che si distanzia profondamente, forse troppo, da quello usato nelle scuole oggi. Non certo privo di pecche, ovviamente, sarebbe da migliorare ancor di più, ma posso affermare con una certa sicurezza che potrebbe essere una buona base a cui aspirare, almeno per cominciare.
Un aspetto rivelatosi ben chiaro, durante questi due corsi, è appunto quello di una scuola, primaria o secondaria che sia, che purtroppo non guarda all’insegnamento della geografia nella maniera migliore, spegnendo da subito un interesse da parte degli alunni, che se stimolato in modo diverso, sarebbe capace di divampare ben oltre i confini scolastici e che invece si riduce a una lieve fiammella, quando si è fortunati.
Non solo per quanto riguarda la maggior parte delle lezioni, che troppo spesso vedono la lezione frontale come impostazione di base, imprescindibile perché altrimenti guai! Prova anche solo ad accennare i termini: “flipped classroom”, o “didattica all’aperto” e sarà come se avessi bestemmiato in chiesa. Ma anche sul versante vero e proprio delle nozioni, l’offerta formativa risulta deludente; in linea con un’idea di paesaggio minimamente attinente alla realtà; qualcosa di idealizzato, distante e poco concreto, che facciamo fatica ad esplorare.
Siamo abituati a vivere il territorio al di la di uno schermo, che sia quello del computer, o quello della pagina patinata del libro di testo, o quello della cartina geografica appesa alla parete. Laddove la geografia dovrebbe essere soprattutto ricerca e non una ricerca qualsiasi, ma di tutto rispetto: una ricerca sul campo, ecco che spesso, presidi e insegnanti, la costringono in un’aula. La costringono in un’aula e dentro concetti poveri, astrusi, difficili, con tutte le limitazioni del caso, solo per averla sotto controllo. Rimpicciolita e privata delle sue più importanti sfaccettature, ecco che la geografia ci appare come il genio della lampada disneyano: fenomenali poteri cosmici in un minuscolo spazio vitale.
La conseguenza, con tanto di stupore degli adulti, è un grande mancato interesse da parte degli alunni, un annichilimento estremo, non fosse per il desiderio di volare lontano dal banco di scuola e non certo per esplorare un mondo del quale conosciamo ancora meno di ieri.
Insomma, in una società dai confini sempre più netti, da concetti-slogan e richiesta incessante di velocità in ogni ambito della nostra vita, ecco che una materia così piena di sfaccettature e diversità, viene a perdere i suoi aspetti migliori e l’abitudine a vederla in questo stato non ci indigna nemmeno più.
Inutile stupirsi, poi, per la mancanza di interesse di cui dispone il problema dell’inquinamento, il cui attuale movimento rivoluzionario viene dal nord Europa, dove forse l’insegnamento della geografia non crea problemi, ma da la possibilità a chi di dovere di mettersi sempre più in discussione.
Spero che un giorno, l’insegnamento della geografia possa essere trasmesso in modo diverso, piegandosi alle esigenze che la materia necessita e soprattutto a quelle di cui lo studente ha bisogno, per diventare un giorno un adulto più consapevole dello spazio intorno a sé, per averne cura e proteggere il territorio, non tanto da un fantomatico “invasore”, come vorrebbero tanti nostri politici, ma di veri nemici: l’inquinamento, l’essere umano stesso, il consumismo coatto e frenetico.
Le prospettive, in merito, non sono delle migliori, purtroppo e credo che molti siano del mio stesso avviso.
Importante, però, nel pessimismo più nero, continuare a perseverare con il messaggio giusto, cercare di divulgare le informazioni e nel modo migliore possibile, perché in certi casi anche i mezzi contano.
La geografia mi ha resa una persona migliore ed è questo che dovrebbe fare: renderci persone migliori, osservatori attenti, appassionati, coraggiosi, affettuosi; i difensori migliori al servizio della natura e della civiltà.
-Liù

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