venerdì 23 ottobre 2020

Libri per bambini - Capitolo 17


 Buongiorno a tutti.
Ormai penso di aver palesato fin troppo bene quanto sia legata alla narrativa per bambini e ragazzi.
Che sia per deformazione professionale, o perché la mia, d’infanzia, è stata costellata da moltissimi libri che mi hanno permesso di appassionarmi anche da grande alla solitaria e gratificante attività della lettura, il mio cuore resta particolarmente legato alle storie per i giovani.
Sono convinta ci voglia una grande abilità per riuscire a parlare in modo chiaro, affascinante e di argomenti difficili come sanno fare gli scrittori per ragazzi; qualità che il più delle volte si da per scontata, ma che per quanto mi riguarda è molto rara da trovare.
Henry Winterfeld non è c’erto un luminare, né il più capace del genere, stando a “Caio è un asino”, ma nel suo piccolo può essere sicuramente apprezzato.

Ho letto questo libro tantissimi anni fa, così tanti anni fa che credo l’abbiano letto i miei genitori per me e in qualche modo ho sempre custodito nella memoria vaghi ricordi di questo racconto; un titolo così curioso e brevissimi sprazzi di una trama che indubbiamente doveva avermi stupito parecchio.
Inaspettatamente, ho avuto recentemente occasione di rileggerlo; un fortunatissimo incontro nel quale non avrei mai sperato, vista la data di pubblicazione, che con ogni probabilità è stata anche l’ultima. Eppure il destino mi ha posto ancora una volta davanti a questo libro e non ho saputo resistere.
“Caio è un asino” narra le rocambolesche vicende di un gruppo di bambini, figli di ricchi antichi romani, i quali vengono strappati dalla loro quotidianità e travolti in una serie di misteriosi fatti, tutti ruotanti attorno alla scritta “Caio è un asino”, con la quale non si sa chi abbia osato imbrattare il muro del tempio.
Accusato ingiustamente del misfatto un compagno di classe, proprio la stessa notte in cui il loro maestro Santippo veniva assalito nella sua stessa casa da misteriosi ladri, il gruppetto di ragazzi si dichiarerà deciso a indagare per le vie della città, con il solo scopo di risolvere il mistero e scagionare il loro amico.
Un giallo senza morto, per catturare i lettori più riluttanti (o forse i genitori più apprensivi), ma che conserva il brivido dell’avventura e della ricerca da detective. È senz’altro un mix interessante da proporre a qualsiasi bambino o ragazzo.
La costruzione delle frasi è semplice, ma non sempliciotta; pone attenzione all’età media dei fruitori cui si rivolge e lo fa senza sminuire la loro intelligenza, anzi: qua e la, tra le pagine, troviamo indizi; piccoli tasselli di un unico grande puzzle, che sfida a chi arriverà per primo alla soluzione.
Purtroppo esistono le note dolenti e capisco perché questo libro non sia stato più rieditato: Winterfeld non risparmia una certa terminologia razzista che probabilmente (e purtroppo), quando ha scritto il suo libro, era anche del tutto normale.
Gli schiavi degli antichi romani sono, ovviamente, tutti neri. Personaggi neri, marginali, dal linguaggio arcaico e ignorante. Pessima, pessima scelta, che da sola potrebbe anche bastare a porre una grossa “x” rossa sopra “Caio è un asino” ed evitare che qualcun altro lo legga. Ed è altrettanto difficile, almeno per me, ipotizzare una revisione del testo senza chiamare in causa quell’odioso “politically correct” del quale ormai abusiamo troppo spesso. Fin dove possiamo spingerci? Quanto possiamo modificare? Basterebbe togliere qualche “g” da qualche “nero”, per rendere la storia accettabile? È risaputo che i romani avessero anche schiavi barbari, galli o germani, quindi perché quelli descritti in questa storia dovrebbero mantenere connotazioni così discriminanti e razziste? Perché non farli biondi con gli occhi azzurri? Ma se poniamo modifiche anche qui, quanto sarebbe lecita la nostra scelta?
“Caio è un asino” non è certo un libro che aiuta a riflettere. Tanto che, addirittura, potremmo azzardarci a chiamarlo “di intrattenimento”. E se non fosse per alcuni scivoloni etici sarebbe enormemente interessante da proporre.
I protagonisti sono per lo più benestanti, tutti maschi e “di sangue blu”, per così dire. Ergo: non stiamo parlando di disparità sociali, né di nessun tipo di disparità, non in modo serio almeno. Vi posso altresì assicurare che non troviamo altri temi importanti. Va bene così. È una storia che è quasi un giallo e la cosa mi piace, soprattutto perché poche storie per bambini vanno in questa direzione. Tuttavia esistono delle storture, delle superficialità che, lo confesso, sono ben difficili da mandare giù.
“Caio è un asino” resta, mio malgrado, una pietra miliare della mia infanzia e sono, sempre mio malgrado, molto contenta di averlo riletto.
Sarebbe bellissimo sapere che qualche casa editrice possa decidere di riprendere in mano un libricino così interessante e porvi le giuste modifiche senza falsità. Senza dubbio sarebbe un lavoro che apprezzerei.
Per oggi questo è tutto. Passo e chiudo!
E buone letture a voi!
-Liù

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