venerdì 2 ottobre 2020

Young Adult - Capitolo 12

 



Buongiorno!

Eccoci nuovamente sul blog a parlare di giovani adulti, di fantasy (anche se forse come classificazione non è proprio centrata al 100%) e di distopie. Questa volta però ci occupiamo di un libro tutto italiano, una vera novità per me, che di solito mi lancio su storie americane o inglesi.

In questo caso infatti l’autrice è Marta Leandra Mandelli, che non conoscevo, questo infatti, dal titolo “Il gatto e gli stivali” è il primo libro che leggo, ma so che è molto attiva come autrice. Ha infatti pubblicato la saga, immagino non ancora finita, di Oltremondo. Ha comunque all’attivo diversi libri.

Prima di lei, l’unica altra mia esperienza italiana di fantasy (che però sta più nella definizione classica del genere) è stata Licia Troisi, con “Le Cronache del Mondo Emerso” e “Le Guerre del Mondo Emerso”. Sì, ho saltato le Leggende più tutti i libri successivi.

La trama de “Il gatto e gli stivali” è ambientata in un mondo post-apocalittico, in cui il mondo intero si è trasformato in un deserto, popolato da creature frutto della mutazione genetica degli esseri umani a causa della guerra nucleare. Gli umani che si sono salvati, per così dire, dalla mutazione, vivono all’interno di Città Scudo, distribuite sulla superficie terrestre e collegate da cunicoli sotterranei che si possono attraversare con dei treni. Al Governo di queste città c’è la famiglia Van der Moon, rappresentata da Alain, quello che parrebbe essere l’ultimo erede di una dinastia ricca e antica. La protagonista è Myra, una ragazza qualsiasi, che dopo aver perso il lavoro in una libreria cerca di riscattarsi e si presenta alla Van der Moon per ottenere un lavoro. I punti chiave del racconto saranno due: il suo incontro con un gatto randagio e l’assunzione alle dipendenze di Alain e, ovviamente la sua conoscenza.

Tutta la storia viene raccontata in modo semplice, anche se resta in sottofondo un tentativo di renderla differente, coinvolgente e unica. Ci sono dei momenti in cui effettivamente ci si sente più coinvolti ma purtroppo non è una sensazione costante. Anzi, in diversi momenti, soprattutto nella parte centrale, è stato per me difficile continuare a leggere a causa della discontinuità nella trama. Mi spiego meglio: ho trovato la trama interessante, ma la discontinuità e la vera e propria mancanza di informazioni tra ciò che è successo prima e che quindi ha causato il mondo così come viene presentato, e ciò che sta avvenendo nel presente del libro, è confusionario. Nelle parti in cui il racconto viene portato avanti mi sono sentita più coinvolta e soprattutto incuriosita, mi sono posta interrogativi legati allo sviluppo delle Città Scudo, a come la guerra nucleare fosse scoppiata, in che modo erano avvenute le mutazioni genetiche eccetera. Però la sensazione che ho avuto durante tutta la lettura è stata di superficialità: ok l’idea è interessante ma l’obiettivo del libro non sembra quello di voler davvero raccontare questa storia, che funge invece da sfondo. Per cosa? Per la banalità più assoluta, ovvero la storia d’amore. Anzi, scusate, il triangolo d’amore.

Onestamente ci sono rimasta piuttosto male, perché capisco che in un libro per giovani adulti la storia d’amore ci stia sempre bene, ma rileggere le stesse quattro cose, in tutti i romanzi Young Adult, in qualsiasi lingua vengano scritti, è stato piuttosto deludente. Questo perché ritengo che chi scrive per un pubblico debba sì interessare il proprio pubblico, e la storia d’amore va sempre forte, ma dovrebbe anche passare dei messaggi importanti. E mi spiace dire che questo libro non lo fa. E mi turba più di quanto non abbia fatto un libro come “After”, che di educativo non ha assolutamente nulla, proprio perché l’autrice è italiana. Il mio senso di appartenenza mi ha fatto sperare che da un’autrice italiana potevo aspettarmi di meglio, e anche se non posso assolutamente metterlo sullo stesso piano di “After”, “Il gatto e gli stivali” mantiene un sottinteso troppo vago che tende nella direzione sbagliata.

Primo problema: Myra, la protagonista, non ha caratteristiche particolari se non il caschetto nero e gli stivali di pelle rossi e con i tacchi (tra l’altro, tacchi che lei non ha mai portato in tutta la sua vita ma che da quando li acquista non verranno più tolti – ci corre in mezzo alle battaglie, tanto per intenderci). Le ovvietà che le vengono poste davanti agli occhi restano invisibili per lei, non riesce a collegare i vari indizi che si trova davanti perché, soprattutto nella parte centrale del romanzo, non fa altro che pensare ad Alain, il grande amore della sua vita.

Alain è il classico protagonista da Young Adult: bellissimo, bravissimo, fortissimo, cupissimo, e tutti gli -issimo che vi vengono in mente buttateceli pure dentro.

Chris, il terzo vertice del triangolo, è avvolto da un alone di mistero (come Alain, mi raccomando, non manca mai il mistero attorno al figone di turno), un mistero che sono sicura, scoprirete come ho fatto io prima del secondo capitolo. Questo colpo di scena alla fine non lo sarà davvero, ma non vi spoilero comunque nulla.

Ora, un aspetto che ho apprezzato del romanzo è che comunque i due uomini del racconto non trattano male Myra, come invece avviene nei peggiori Young Adult de Caracas. Entrambi la trattano bene, senza forzarla a fare nulla. Tuttavia questo non basta perché qua e là nel romanzo ci sono frasi che lasciano sottintendere qualcosa di profondamente sbagliato. Ad esempio, la protagonista è in ospedale in seguito ad un combattimento, Alain va a trovarla tutti i giorni, Chris passa da lei tutte le sere:

“Alain era venuto a trovarmi tutti i giorni. […] Lo stesso valeva per Chris, ed ero turbata. La sua presenza mi aveva svegliata tutte le notti, ma avevo sempre finto di dormire. Eppure, era lì, senza ombra di dubbio. Lo avvertivo nella camera ma non avevo il coraggio di parlargli. Chris mi procurava uno sconvolgimento a cui non ero preparata. Non ero sicura di volerlo, anche se mi sarebbe mancato, se lo avessi perso. Durante quelle notti, in cui lui mi osservava dall’angolo della stanza, io ripetevo a me stessa che avrei potuto benissimo aprire gli occhi e salutarlo, scambiare qualche parola. Non ci sarebbe stato niente di male. Desideravo farlo, perché con lui stavo bene. Proprio per questo mi biasimavo: mi sentivo in colpa nei confronti di Alain, mi sembrava di tradirlo.”

Ora, sorvoliamo sull’inquietudine di qualcuno che tutte le notti ti guarda mentre dormi, e concentriamoci sull’ultima parte: perché parlare con un amico dovrebbe corrispondere a tradire la persona che si ama? Non ha importanza che tu scriva “Non ci sarebbe stato niente di male.” se poi non glielo fai fare. Resta il binomio tra il dire e il fare, “sì in teoria non ci sarebbe nulla di male ma non lo faccio perché è sbagliato”. Per me questo tipo di sottintesi non devono esistere, a meno che tu non stia raccontando una storia malata, in cui il senso è far comprendere al lettore quanto questo atteggiamento sia sbagliato. Tanto meno tutto ciò dovrebbe esistere in uno Young Adult. Vorrei sottolineare inoltre, per evitare fraintendimenti, che nella trama c’è un legame pre-esistente tra Chris e Alain, che non è uno spoiler perché viene lasciato intendere fin da subito. Il tradimento cui lei fa riferimento però non ha nulla a che fare con questo legame, di cui lei non sa nulla, lo scoprirà solo dopo.

Penso di essermi dilungata anche troppo. In conclusione non consiglio questo romanzo che è una storia d’amore condita da una sorta di trama post apocalittica e distopica, che si concentra però troppo poco sulla trama.

A presto!

-Pearl


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