venerdì 26 marzo 2021

Saggio - Capitolo 18

 


Buongiorno.

Vi sarete accorti che siamo un po’ latitanti in questi giorni, ma purtroppo per questioni lavorative, di studio, di pandemia siamo veramente nelle più alte. Sono sicura che molti di voi, purtroppo, ci capiscono. Abbiamo per questo deciso di ridurre il numero di post e di commenti dedicati alle poche letture che stiamo facendo ad uno al mese, invece di uno alla settimana. Vogliamo potervi dare impressioni valide e pensate, non creare commenti solo per stare dietro alla programmazione.

In compenso però cercheremo di essere maggiormente presenti su Instagram e Facebook, portando avanti il più possibile, speriamo del tutto, la Reading Book Challenge 2021 della RBBC – Rete Bibliotecaria Bresciana e Cremonese. Di cui magari vi parleremo più nel dettaglio in un altro post.

Ad esempio io mi sono arenata e nel mese di febbraio non ho letto nemmeno una pagina. Adesso, a marzo sto cercando di recuperare, ma si vive un po’ alla giornata, quindi tutta l’organizzazione si perde.

Ad ogni modo, oggi vi parlo del libro numero 3 della RBBC Challenge 2021, ovvero “Un libro che vorresti regalare alla persona a cui tieni di più”, e che alla fine ho effettivamente regalato. Il mio compagno ama i libri ambientati nella Seconda Guerra Mondiale, e per questo, gli ho donato “Tossici – L’arma segreta del Reich. La droga nella Germania nazista”, non un romanzo ma un saggio sull’influenza che le droghe hanno avuto nello sviluppo e nel prosieguo della guerra.

L’opera è stata scritta da Norman Ohler, giornalista tedesco che ha dedicato alle ricerche per questo libro cinque anni della sua vita, diviso tra gli archivi tedeschi e quelli americani.

Quello che lui propone non è una spiegazione esaustiva di tutta la vicenda, né tantomeno una giustificazione, ma secondo le sue ricerche il periodo del nazismo è stato molto particolare, anche per la propaganda a favore dell’utilizzo del Pervitin, una metilanfetamina che deriva dall’efedrina e quindi fa parte della categoria delle anfetamine. Secondo Wikipedia, ma il libro conferma tutto ciò, gli effetti erano l’aumento della “fiducia in se stessi, la concentrazione e la disponibilità a correre rischi, riducendo allo stesso tempo la sensibilità al dolore, la fame e il bisogno di dormire.

In realtà io non sapevo nemmeno dell’esistenza del Pervitin, finchè non ne ho letto in un romanzo che ho già commentato tempo fa sul blog, “Berlino 1944”, regalatomi dal mio compagno. Infatti in copertina è rappresentato il tubetto che conteneva il farmaco.

La cosa che mi ha colpito maggiormente è stata la quantità di anfetamine assunte, e non solo in campo militare, ma anche nella quotidianità domestica, il che sembrerebbe sottolineare la follia ed il fanatismo che regnavano in quel periodo. Guardandolo adesso, a posteriori, senza averlo vissuto, viene da chiedersi come sia stato possibile giungere a tutto ciò, se si pensa soprattutto che il nazismo da un lato sosteneva la purezza e condannava chi faceva uso di droghe, se non proprio allo stesso modo degli ebrei, non si allontanavano di tanto da quella linea. Bastava però parlare di farmaco, di ricostituente, invece che di anfetamine, e allora la situazione cambiava.

L’analisi dell’autore mi è sembrata molto equilibrata e super partes, perché ha cercato di fornire un racconto privo di giudizi, il più possibile aderente ai fatti raccolti dagli archivi. L’ho apprezzato molto, come stile, perché non l’ho vissuta come una giustificazione di quanto avvenuto. Il che era un grosso rischio, perché spesso quando si parla di droghe non c’è mai una via di mezzo: o sono viste in maniera assolutamente negativa in base solo alle loro conseguenze, oppure sono viste come una sorta di scusante, come se la droga in sé fosse senziente e avesse la volontà di mettere nei pasticci chi la utilizza. Come sempre la realtà non è mai estrema, non è mai o nera o bianca, non è mai a destra o a sinistra. Il tentativo di Norman Ohler di raccontare il periodo storico è secondo me riuscito.

Diversamente dal mio compagno io non sono mai stata molto informata su quel periodo, se non le notizie che si ricevevano a scuola nell’unica lezione rimasta per terminare il programma di storia, che di solito partiva dalla fine della Prima Guerra Mondiale e arrivava ai giorni nostri. Potete quindi immaginare la ricchezza di dettagli con cui io abbia potuto studiare gli eventi dal 1918 in poi. Ho trovato dunque anche molto interessante leggere come si siano svolte le vicende al di là dell’argomento principale, quindi l’ordine cronologico delle invasioni, le situazioni interne alla Germania, eccetera. Tutto ciò è arricchito da copie di documentazioni originali e da fotografie, che secondo me, nei saggi, hanno sempre una grande importanza perché consentono di “toccare con mano” quanto ciò che viene narrato non è solo fantasia, ma realtà. Questi reperti su carta rendono tutto più intenso e più drammatico proprio perché documentano la vera storia, quella veramente accaduta, quella che molti nostri nonni hanno vissuto. E ciò significa anche che questa realtà non è così distante nemmeno da noi.

Ho quindi apprezzato il libro e quindi lo consiglio a chi vorrebbe approfondire le informazioni riguardanti quel periodo storico, che probabilmente dopo la lettura vi sembrerà ancora più allucinante di quanto sembrasse prima.

Per il momento è tutto. A presto!

-Pearl


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