Buongiorno a tutti!
L’avevamo promessa, ed eccola servita prima della fine del
2017!
Oggi parliamo di una Graphic Novel, la prima su questo blog
e la prima che la sottoscritta ha letto nella sua vita. Ho letto per esempio
anche dei fumetti, ma non sono esattamente la stessa cosa. Una Graphic Novel è
infatti un romanzo grafico, se lo si vuole tradurre alla lettera, ma può anche
essere definito un romanzo a fumetti.
È quindi una sorta di ibrido, che utilizza lo stile del fumetto applicandovi la strutturazione di un romanzo. Per questo motivo bisogna tener presente, come ho già specificato nella nostra prima recensione ad un fumetto, che libri e fumetti viaggiano su due canali diversi in termini di produzione ma non in termini qualitativi. Il fumetto utilizza le immagini rendendo la storia più dinamica e scorrevole mentre il libro procede lavorando sulle immagini mentali che il lettore si costruisce man mano che la storia procede.
È quindi una sorta di ibrido, che utilizza lo stile del fumetto applicandovi la strutturazione di un romanzo. Per questo motivo bisogna tener presente, come ho già specificato nella nostra prima recensione ad un fumetto, che libri e fumetti viaggiano su due canali diversi in termini di produzione ma non in termini qualitativi. Il fumetto utilizza le immagini rendendo la storia più dinamica e scorrevole mentre il libro procede lavorando sulle immagini mentali che il lettore si costruisce man mano che la storia procede.
Dunque anche la Graphic Novel procede nello stesso modo del
fumetto.
Il titolo di oggi è “La mia ciclotimia ha la coda rossa”, di
Lou Lubie, autrice, illustratrice e sviluppatrice web francese che racconta la
propria vita e il suo rapporto con la ciclotimia. La ciclotimia è un disturbo
dell’umore, che appartiene alla famiglia dei disturbi bipolari. Essendo io ad
un passo dall’essere psicologa in quanto sto completando l’esame di stato per
l’abilitazione, ho subito provato un grande interesse per questo titolo, oltre
al fatto che viene sviluppato sotto forma di Graphic Novel.
Più che un romanzo sotto forma di fumetto è una divulgazione
scientifica dedicata al disturbo ciclotimico, che è il vero focus della trama.
Non, dunque, il rapporto con il disturbo ma esso stesso, anche se questa
relazione viene trattata all’interno. La spiegazione risulta chiara e
scorrevole, con metafore calzanti e di facile comprensione. Posso garantire su
questo in quanto ho sottoposto la spiegazione del libro anche a chi non ha
fatto studi di psicologia e anche loro hanno capito senza problemi il
significato e la differenza tra disturbo bipolare 1, disturbo bipolare 2 e
disturbo ciclotimico.
Sicuramente da questo punto di vista l’aspetto grafico
risulta estremamente funzionale perché spiegare qualcosa di astratto come un
disturbo dell’umore a qualcuno che non ha esperienze, dirette o meno, di cosa
questo significhi nella pratica quotidiana, è molto difficile. Il supporto
visivo unito alle metafore del lupo e della volpe crea il mix perfetto per
spiegare il concetto.
I disegni che accompagnano la storia sono belli, divertenti
e supportano in modo deciso le battute che sono sparse qua e là nelle pagine. I
colori presenti sono pochi, in particolare il nero, tutte le sfumature di
grigio, il bianco e l’arancio. La trovo una scelta azzeccata visto che la
protagonista viene rappresentata come una volpe.
Un aspetto su cui mi voglio soffermare un momento è la
problematica dello stigma nonché dell’etichettamento di coloro che hanno un
disturbo psicologico, che l’autrice stessa cita nel racconto: è difficile
staccarsi dalla visione cui siamo abituati e che inconsciamente continua ad
accompagnarci, ovvero la distinzione tra noi, i “normali” e loro, i “folli”, i
“pazzi” o i “matti”. Questo tipo di ragionamento categorizza le persone e le
costringe all’interno di una etichetta che è talmente ampia che chiunque, in un
modo e nell’altro entra a farvi parte. Tutti infatti facciamo parte della
categoria dei pazzi perché tra i criteri che si utilizzano per distinguere il
dentro ed il fuori sono presenti per esempio gli sbalzi d’umore (e chi non ne
ha mai avuti?), comportamenti bizzarri (io ne ho a decine per esempio),
pensieri bizzarri (non apro l’argomento o starei a scrivere per giorni…) e così
via.
Il punto è che le etichette “normale” e “pazzo” non
esistono, non esistono persone normali, ognuno è fatto con le proprie
caratteristiche e ciò che è bizzarro dipende dal punto di vista da cui lo si
guarda. Nonostante questo però le etichette sono pericolose, soprattutto quelle
che riguardano la salute mentale e questo perché condiziona il modo di
relazionarsi alle persone. Per esempio se scopro che la mia vicina di banco
all’università ha un disturbo dell’umore, ciclotimico per esempio, il mio modo
di comportarmi nei suoi confronti si modifica. Il suo disturbo infatti prende
il sopravvento nella mia testa e le attribuisco le caratteristiche del disturbo
anche se non le ha mai manifestate. Il mio rapporto con lei si modifica o,
addirittura si interrompe. Ma non è l’etichetta che deve definire una persona,
questa serve a dividere, ad escludere ciò che ci fa paura e che non
riconosciamo o che non conosciamo. La persona è molto di più del suo disturbo.
Esso sicuramente la influenza ma non la cambia per come la conosciamo, e se non
la conoscevamo prima è necessario mantenere gli occhi aperti per vedere la
persona che c’è oltre al disturbo.
Un altro problema che è emerso nel racconto e che si lega a
quello di cui abbiamo appena scritto, è la differenza tra le discipline psi-,
ovvero tra psicoterapia, psichiatria, psicologia eccetera. Spesso vengono
semplicemente identificati come “coloro che curano i matti”, ma non è così.
Infatti, in modi diversi essi operano per supportare la persona dal punto di
vista medico o farmacologico nonché sintomatico (psichiatra), ma anche in caso
di difficoltà legate ad un momento difficile, ad esempio un lutto o una
separazione, o come supporto nel potenziamento delle proprie capacità. In realtà
le possibilità sono molte e gli indirizzi sono diversi. Purtroppo la mente è
molto complessa ed è possibile che specialisti diversi diano valutazioni
differenti agli stessi sintomi, ma la psicologia non è una scienza esatta e gli
psicologi non sono maghi come molti pensano, sono invece esseri umani e possono
sbagliare. Per i disturbi di tipo mentale inoltre spesso non c’è una cura e ci
si trova a dover convivere con essi per tutta la vita.
Trovo importante leggere questo tipo di esperienze, che
siano esse sotto forma di romanzi, Graphic Novel, fumetti o film perché sono un
passo verso il superamento dello stigma. Gli incontri con l’autrice sono molto
utili perché parlare direttamente con qualcuno che ha un’esperienza diretta del
disturbo permette ed aiuta a vedere o “toccare con mano” che sono persone che
in realtà sono “normali”, passatemi il termine, sono come tutti noi.
Ci sarebbe veramente piaciuto incontrarla ma purtroppo tra
lavoro e studi non è stato possibile.
Consiglio il libro a tutti quanti perché la divulgazione
scientifica è sempre positiva e se viene fatta sotto forma di Graphic Novel
sarà anche meglio, più scorrevole, divertente e arriverà direttamente al cuore,
oltre che al cervello.
Buona lettura e buone feste!
All’anno prossimo!
-Pearl
Grazie per un'analisi davvero approfondita e intelligente, anche da parte di fumettari e autori di graphic novel!
RispondiEliminaCerchiamo di fare del nostro meglio. Grazie a voi!
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