Buongiorno!
Titolo particolare perché non ho trovato una corrispondenza nei vari siti che di solito uso per controllare, si va dal fumetto alla saggistica generale, quindi se voi siete in grado di dirci a quale genere appartiene, siamo pronti ad ascoltarvi!
Oggi parleremo di un altro libro sui gatti, l’ennesimo,
perché insisto e non demordo nella ricerca di un libro sui gatti che mi
soddisfi veramente.
Vi annuncio che ho trovato questo libro per caso, non
sapevo della sua esistenza, ma mentre cercavo su IBS qualcosa che potesse
permettermi di raggiungere i 25€ e avere così la spedizione gratuita, è
comparso nei suggerimenti. Sì, io quando compro un libro su IBS faccio in modo
di avere sempre la spedizione gratuita, perché se devo spendere i soldi
preferisco avere un libro in più!
Il libro di oggi si intitola “Il gatto non adulterato” e
l’autore, e questa cosa mi ha colpito molto, è Terry Pratchett. Adulterato
significa alterato, contraffatto, quindi in questo libro si parla dei gatti
Veri, con la V maiuscola, i gatti che non si lasciano corrompere dagli umani e
dal loro mondo. Il testo è accompagnato da delle illustrazioni a cura di Gray
Jolliffe, illustratore inglese che non avevo mai sentito prima e che ha creato
delle vignette che accompagnano il testo.
Il primo capitolo è strutturato come un’intervista in cui
colui che risponde spiega la differenza tra i gatti Veri e quelli Finti. La
differenziazione non è chiarissima, ma non per colpa dell’autore, semplicemente
perché il confine tra un gatto vero ed uno finto è molto sottile, infatti
commettere delle azioni da “gatto finto” non significa essere gatti finti a
tutti gli effetti. Esattamente come per noi esseri umani: commettere un’azione
negativa o “cattiva” non fa di noi delle persone malvage. Questo è un aspetto
interessante della storia, il paragone con gli esseri umani. Noi lo facciamo
spesso, ma forse dovremmo considerare la differenza che esiste tra loro e noi,
non perché uno dei due è superiore all’altro, ma semplicemente perché siamo due
esseri viventi diversi.
Lungo il testo veniamo continuamente supportati, se così si
può dire, dalle vignette, che si presentano molto spesso, almeno una volta ogni
cambio pagina. Alcune di esse sono carine e riprendono letteralmente la parte
scritta, mentre altre volte rappresentano una interpretazione di quanto è stato
detto, sotto forma di immagini e battute spiritose.
Il resto del libro viene suddiviso per argomento, infatti
ogni capitolo parla di aspetti differenti della vita di un gatto: le origini
(da dove sono arrivati), i diversi modi per poter prendere un gatto (tramite un
annuncio, per eredità, ecc.), i diversi tipi di gatto, i nomi dei gatti, le
malattie, il cibo eccetera.
Devo essere sincera, e confessarvi che avevo grandi speranze
per questo libro: la trama era promettente e scritta nello stile di tutti i
libri di Pratchett, cioè divertente, e per l’autore io ho una passione.
L’argomento sono i gatti, per cui mi sono detta, “forse è questo il libro
definitivo sui gatti”, e così probabilmente mi sono fregata con le mie stesse
mani perché ho lasciato che il mio entusiasmo crescesse esponenzialmente e che
si portasse dietro anche le aspettative. Di fronte a tutto questo non si poteva
far altro che fallire, infatti seppur non posso parlare di delusione vera e
propria, mi aspettavo qualcosa in più. Ci sono passaggi divertenti e battute
spiritose lungo il testo, ma non ho trovato, per esempio, i significati
nascosti che di solito si possono notare nei libri di Pratchett. Oltre a quello
individuato nella differenza tra gatto vero e finto, ovviamente.
Non posso parlare in modo solo negativo di questo libro,
perché sarebbe una bugia, ma man mano che si procede con la lettura gli aspetti
divertenti diminuiscono e quindi anche le aspettative calano. Ho iniziato la
lettura con entusiasmo e l’ho terminata con un po’ di perplessità mista a
delusione.
Per quanto riguarda le illustrazioni, i disegni sono carini
e le vignette sono simpatiche, ma non sono nulla di che, in realtà. Non voglio
giudicare il lavoro di Jolliffe, magari dipende dal tema del libro più che dal
suo operato come illustratore.
Un passaggio in particolare che non ho apprezzato è legato
al capitolo “Il gatto vero su ruote”, che parla degli spostamenti via macchina
e che termina con l’affermazione che i gatti si affezionano fondamentalmente
alla casa e non al padrone in sé. Non credo che sia del tutto vero, ho visto
gatti traslocare con il padrone senza alcun problema se non l’adattamento al
nuovo spazio così come so di gatti tornati alla vecchia casa. Ma questo dipende
dal gatto, non è una regola.
Un capitolo invece che mi è piaciuto, ma non è l’unico, lo
uso solo come esempio, è “I gatti che non abbiamo avuto”, in cui vengono
elencate razze di gatti improbabili, molte delle quali richiamano le razze canine.
Quello che credo emerga in questo capitolo è che il gatto non può essere
classificato.
Quindi è carino, un libro simpatico, ma non soddisfa la mia
idea di libro sui gatti ideale. Dunque a malincuore lascio questo commento non
negativo ma nemmeno completamente positivo su un libro di Terry Pratchett. È la
prima volta e mi sento un po’ triste in effetti.
Forse dovrei provare a leggere un trattato più scientifico
che non un romanzo o un saggio al riguardo. Ad ogni modo la ricerca prosegue e
non demordo: prima o poi ne troverò uno, non dico perfetto, ma almeno
soddisfacente!
A presto
-Pearl
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