venerdì 19 febbraio 2016

Riflessione di una lettrice onnivora


Buon venerdì!
Oggi pensavo di pubblicare un ragionamento sui libri diverso dal solito. È da molto tempo che faccio certe riflessioni in base ai miei gusti letterari, in particolare su quelle storie cartacee che non corrispondono esattamente a capolavori – in alcuni casi si parla di veri e propri aborti – ma che per un motivo o per un altro mi hanno avuta lo stesso.


Il motivo di comunicare tali ragionamenti non nasce dal desiderio di dare comunque credito a storie che io per prima non reputo all’altezza, ma perché credo sia più che lecito ammettere le proprie debolezze attraverso un’analisi oggettiva. Tanto più che non mi sembra giusto mettermi su un piedistallo elargendo giudizi a destra e a manca, presentandomi come la grande critica letteraria, quando non ne ho nemmeno le qualifiche. Se ho deciso di aprire un blog e scrivere cosa penso dei libri che leggo è proprio perché volevo dare il mio parere su storie cartacee che mi hanno particolarmente appassionato, o che hanno suscitato il mio interesse in qualsiasi modo, non perché sono l’esperta della situazione.
Per fare ciò ho assolutissimamente bisogno di stendere una premessa su come vedo il mondo della letteratura e della narrativa. Io credo che esistano due tipi di lettori: quelli molto, molto, molto, molto (aiutatemi a dire “molto”), molto esigenti e quelli non troppo esigenti. Le persone in nessun modo esigenti per me non sono lettori, bensì cercano nel libro uno svago, una distrazione e con questo obbiettivo, loro malgrado, sarà difficile raggiungere libri di un certo livello. Penso che una forma d’arte – perché di questo si tratta – così severa come la scrittura, che necessita di processi lunghi e complessi, di regole grammaticali ferree e di una dose talmente abbondante di ispirazione da mantenersi forte nei lunghi periodi di stesura di un libro, abbia bisogno di una critica altrettanto severa ed è quindi giusto, a mio avviso, che esistano lettori così critici, in grado di demolire un libro dalla prima all’ultima parola, in grado di non accettare compromessi e di portare avanti la sola lettura di libri che meritano. Io non rientro in questa categoria di lettori. Io penso (e spero) di essere una lettrice non troppo esigente. Di cavolate ne leggo, ne leggo un sacco e in un certo senso mi va bene così. Nonostante ciò che penso sulla necessità di giudizi severi, mi va bene così, perché fin quando il libro bislacco non mi vieterà di leggere libri qualitativamente migliori e potrò avere entrambi, non vedo cosa ci sia di male. Mi preoccuperei molto se non mi rendessi conto della differenza fra un libro meritevole e uno che fa schifo, ma penso di avere abbastanza senso critico da poter fare questa distinzione. Per capirci: di cagate ne leggo, alcune cagate mi piacciono, mentre altre no, fermo restando che so quali sono le cagate in questione. Alcune cose, certo, le pretendo, sia nel lessico, sia nella grammatica, sia proprio a livello contenutistico e a seconda dell’una o dell’altra cerco di farmi trascinare dal gusto personale in alcuni frangenti e da regole oggettive in altri casi. Fatto sta che resto una lettrice abbastanza onnivora, per non dire anomala. Il risultato?  È presto detto: arrivo a conoscere libri di cui posso parlare contemporaneamente sia bene che male, a seconda dello specifico elemento sul quale mi sto focalizzando. Posso rimanere affascinata dalla trama di una storia, ma della stessa storia possono non convincermi i personaggi, o lo stile di scrittura e viceversa.  Riesco a scindere con una certa facilità il mio gusto personale dalla vera e propria critica razionale. In realtà sembra una dote particolarmente favorevole per me, che sono la lettrice, ma non è esattamente così. Operando una ricerca tutt’altro che mirata, la conclusione non sempre soddisfacente è spesso quella di ritrovarmi fra le mani dei libri decisamente non degni di questo nome e che, in certi casi, mi piacciono anche. Mi spiace per i ben pensanti, ma non mi scuserò per questo. Tutto sommato non si tratta di una rapina in banca, né di un omicidio, né tantomeno di influenzare negativamente le nuove generazioni. Dico, ma proprio io dovrei influenzarle? Con la vastità di pubblicazioni di romanzi rosa, nascosti nei cassetti dalle nonne e dalle ziee di ogni famiglia, con tutte le sfilze di case editrici particolarmente votate agli young adults inneggianti modelli altamente diseducativi e sfilze di adolescenti con una certa popolarità che supportano tali cause, per non parlare della cinematografia moderna, proiettata verso sfumature continue di violenza domestica e altrettanti modelli malsani di rapporti sentimentali, proprio una come me dovrebbe influenzare negativamente la massa? Una che, tra l’altro, è la prima a screditare gli stessi libri che legge, nonostante le siano piaciuti? Direi proprio di no. In più, questa qui sono io, questo è ciò che sono e solo questo posso dare; posso dare me stessa e il mio cervello e giacché io mi accetto e mi apprezzo per quello che sono, sta agli altri decidere quanto di questo anomalo cervello sia bacato piuttosto che sano. Ragion per cui, visto che non ho proprio nulla da nascondere, ecco quattro nomi-chiave non proprio buoni (alcuni terribili) di cui ho letto nel corso della mia vita da lettrice onnivora.
1- Tre metri sopra il cielo.
So che è difficile, ma cercate di capirmi: avevo quattordici anni e nessuna esperienza sentimentale. Ora ho cambiato completamente idea su questo fenomeno editoriale. Mentre la me stessa appena entrata nel mondo dell’adolescenza rimaneva emozionata dalle corse clandestine in moto e non si soffermava minimamente sull’analisi grammaticale delle frasi contenute in questo testo, né ricercava riflessioni un attimo più consistenti, la quasi ventiseienne di oggi, ripensando a Babi e Step, ha l’urto del vomito. Questo è uno di quei titoli di cui non mi è rimasta proprio una buona opinione, ma è giusto ammettere che all’epoca mi era piaciuto;
2- La saga di Twilight e più in generale Stephenie Meyer.
Qui, invece, avevo già diciassette anni. Non ho letto solo la quadrilogia di Bella ed Edward, ma anche un altro libro, passato più o meno in sordina: “L’ospite”. Sarà che quando ho scoperto la Meyer nessuna delle mie amiche la conosceva ancora, sarà che tutto sommato, per un’adolescente, questa autrice sembra avere uno stile di scrittura di gran qualità, sarà che ho finito le scuse e più semplicemente a diciassette anni a me piaceva punto e basta. Già allora, tuttavia, devo dire che non ero rimasta soddisfatta del finale, “Breaking dawn”, anzi mi aveva deluso parecchio. Insomma, un’altra cagata che mi era piaciuta. Ora ho un opinione abbastanza indifferente. Non mi piace i modelli che propone questo libro, soprattutto a livello sentimentale e non mi entusiasma la scrittura, per non parlare della trama che penso sia povera di contenuti, valori e significato, ma ho comunque dei buoni ricordi legati a questa saga.
Dopo i primi due punti apro una parentesi: credo che il motivo per cui tante ragazze adolescenti arrivino ad apprezzare simili cagate sia dovuto alla visione distorta che hanno del sesso e più in generale dei rapporti sentimentali. Io, quando ero adolescente, non sapevo cosa volevo da un rapporto sentimentale, cosa dovevo chiedere da esso, cosa mi facesse sentire davvero genuinamente bene all’interno di esso. Nessuno me l’aveva detto e nessuno mi ci aveva fatto ragionare. Non che non ne fossi in grado, o che non ci fossero stati corsi di educazione sessuale, ma parlarne con un adulto, parlare dei sentimenti e di cosa è sano provare all’interno di un rapporto avrebbe potuto fare una grandissima differenza. Simili libri potevano darmi certe risposte, che però alla fine risultavano completamente sbagliate. Ora, sarà stata anche colpa dei libri, ma vuoi vedere che un po’ di responsabilità se la dovrebbero sobbarcare anche gli adulti che stanno intorno a questi ragazzi e che invece non perdono tempo nel giudicarli? Parentesi chiusa.
3- Fabio Volo.
Sono di Brescia: che sia senso patriottico?
Quando leggo un libro di Fabio Volo non penso mai di trovarci chissà quali grandi riflessioni filosofiche; non mi creo aspettative. Eppure se è vero che quello che leggo nei suoi libri non lo trovo particolarmente brillante, è anche vero che non lo trovo particolarmente osceno. Del resto, anche lui non si definisce uno scrittore, ma un para culo.
4- La saga di Outlander e Diana Gabaldon.
L’edizione italiana conta ben quattordici libri: una saga infinita che ancora non è giunta alla fine nemmeno nella testa della scrittrice. Una storia, quindi, particolarmente complessa, ma che in realtà non ha molta profondità, solo episodi erotici piuttosto frequenti. Eppure mi piace, che vi devo dire?
Il primo libro l’ho letto a sedici anni e ho accantonato la storia per molto tempo. L’anno scorso, in occasione della trasposizione del primo libro in una serie tv, ho deciso di riprenderla in mano e di leggerla tutta. Non voglio soffermarmi oltre, poiché in questo caso vorrei fare una recensione a parte, spiegando in modo più dettagliato cosa ho apprezzato e cosa no della storia.
Ora che sono giunta alla fine di questo lunghissimo intervento, sperando di non avervi annoiato, o deluso, concludo con questo pensiero: è vero, ci sono libri che non meritano questo nome. Per alcuni la parola “libro” non significherà molto, ma per me, nonostante tutto, conta moltissimo. Proprio per questo penso che sia importante spaziare nella lettura, andare alla ricerca di stimoli sempre nuovi. Soprattutto per i lettori giovani. Penso sia fondamentale che gli adulti che stanno intorno a loro sappiano sostenere dei dibattiti maturi su alcuni libri, che sappiano spiegare il loro punto di vista, che siano un esempio e che non si arrendano. È importante fornire a tutti noi e in maggior quantità ai ragazzi, i giusti strumenti per fare in modo che essi riescano a guardare un libro, come qualsiasi altra cosa, con occhio profondamente critico e che arrivino a distinguere la cosa che rientra nel loro proprio gusto personale e la cosa che, invece, è oggettivamente di qualità. Non tutti nascono critici letterari estremamente esigenti, ma un buon libro in più potrebbe davvero fare la differenza nella vita quotidiana e nelle scelte future di ciascuno. Se i riferimenti, sfortunatamente, dovessero venire a mancare, ci ritroveremmo sempre più accanto a soggetti che non sanno cosa volere da un rapporto intrapersonale, che credono di non dover cercare la propria felicità nella coppia, ma solo il sacrificio per l'altro, senza pensare al loro benessere emotivo. Semplicemente: pesci che abboccano ad un'editoria basata sulle nostre debolezze. Spero di essere stata esaustiva. Ci tengo particolarmente.
Grazie a chi avrà la pazienza di leggermi e buon fine settimana!


-Liù

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