sabato 19 marzo 2016

Letteratura internazionale - Capitolo 6


“Il maestro e Margherita”, di Michail Bulgakov, racconta due storie apparentemente molto diverse e lontane fra di loro, ma che in realtà sono unite dai più inaspettati legami e che procedono in parallelo per tutto il romanzo.
La storia principale vede Satana in persona come fautore indiscusso di numerosi avvenimenti assurdi e talvolta macabri che si susseguono in una Mosca degli anni trenta, pervasa dagli

ideali del regime stalinista. Il diavolo, accompagnato dal suo strambo seguito, tra cui troviamo anche un gatto parlante, giunge nella capitale russa sotto le vesti del signor Woland; un forestiero esperto di magia nera. Le vere intenzioni di Woland restano nebulose e oscure per tutto il romanzo, ma la sensazione che pervade il lettore per la maggior parte del tempo è sicuramente quella che le sue azioni, a tratti spaventose, a tratti terribili, abbiano un senso e una direzione ben precisi. Non è chiaro il perché spaventi, ridicolizzi e ponga fine alla vita di numerosi intellettuali e artisti noti in tutta la Russia, perché si prenda gioco di loro e delle loro debolezze, ma un motivo sicuramente c’è e un’altra cosa è pure certa: il diavolo è in cerca di una donna che possa presenziare alla grandiosa festa di primavera che lui stesso sta organizzando e per qualche ragione è necessario che questa donna porti il nome di Margherita. Tuttavia non si tratta di una Margherita qualunque. Margherita è una donna trentenne dai folti boccoli neri e dal cuore spezzato; un personaggio triste e disperato, ma non per questo troppo languido, o poco intelligente. La sua storia personale ruota attorno al suo amante: il Maestro. Quando i dettami del regime ultra-ateo russo condannano il libro scritto dal Maestro a giudizi di critica severi e ipocriti, questo deciderà di gettare nel fuoco la sua opera e di allontanarsi dalla vita reale per rifugiarsi in un manicomio; distrutto dalla stroncatura sulla sua carriera di scrittore. Margherita non avrà pace fin quando non lo ritroverà e non potrà essere nuovamente al suo fianco. In qualche modo, grazie all’aiuto indiretto di Satana, avrà la possibilità di riuscire nel suo intento.
Esiste una ragione ben precisa per la quale il libro gettato nel fuoco dal Maestro di Margherita sia stato lacerato dalla critica tanto quanto il suo autore: la storia raccontata in tale libro descrive in maniera molto laica gli avvenimenti susseguitisi prima, durante e dopo la crocifissione di Gesù Cristo a Gerusalemme; un tema che, per quanto descritto in termini e modalità diverse dall’originale, cioè dalla Bibbia, tratta comunque di questioni religiose. La Mosca degli anni trenta, tali tematiche in un libro stampato non può permettersele. È a questo punto che entra in gioco la seconda storia raccontata ne “Il maestro e Margherita”: la descrizione, appunto, del romanzo del Maestro; ciò che avvenne a Gerusalemme durante la condanna a morte più famosa della storia dell’umanità, vista e filtrata per la maggior parte del tempo attraverso una figura e un punto di vista nuovi: quelli di Ponzio Pilato.
Ho trovato questo romanzo affascinante, magico ed esoterico, ultraterreno, straordinario a più livelli. Trovo incredibile come sia stata sviluppata la figura di Satana: non come una figura necessariamente cattiva e crudele, quanto piuttosto come un’entità che compie il suo dovere; l’altra faccia del destino. Woland e il suo seguito non attaccano o condannano mai persone senza scheletri nell’armadio, anzi: sembrano divertirsi solo ed unicamente a discapito di finti letterati pomposi e ipocriti, spesso descritti anche come vuoti, vanitosi, mediocri e qui ridotti ai giullari di corte del signore degli inferi. In questo modo, Bulgakov trova il giusto spazio per apportare una profonda critica politica, sociale e culturale del mondo che lui stesso ha vissuto nella Russia totalitaria dei primi del novecento.
L’ambiente che crea il magico sfondo di questa storia potrebbe essere la risposta russa allo sfondo descritto ne “Il grande Gatsby”: un gruppo consistente, ma pur sempre elitario di persone dedite ai più svariati eccessi che, nel tentativo di creare ricordi indimenticabili, riducono le loro esistenze ad essere un insieme di notti folli, le quali grazie al troppo alcol, verranno dimenticate la mattina seguente. Per Fitzgerald, questo ambiente scellerato assume le sembianze della casa di Gatsby; per Bulgakov è Casa Griboedov, sede del Massolit, l’associazione letteraria sovietica che riunisce illustri intellettuali dediti unicamente a discorrere di aria fritta. Eppure non è abitudine del diavolo farsi abbindolare da fiumi di parole senza capo né coda, affascinanti solamente perché suonano bene una in fila all’altra. È quindi in questo modo che la figura di Satana diventa una bizzarra forma di giustizia, dedita a punire perbenisti e ben pensanti ed è allo stesso modo che tali figure vengono presentate nel romanzo come personaggetti piccoli, insignificanti; pedine tutt’altro che utili – anzi: dei veri e propri ostacoli – per gli scopi di qualcuno di veramente più importante, o con una maggiore e più vera profondità. Tale concetto è perfettamente dimostrato nell’episodio in cui viene descritto lo spettacolo di magia nera offerto da Woland, in cui quest’ultimo smaschera la superficialità e le debolezze dei suoi spettatori, attirati dal luccichio della sua magia, ma ridotti dal diavolo letteralmente in mutande, se non totalmente nudi, per le strade di Mosca.
Altro personaggio profondo ed estremamente sensibile è Ponzio Pilato. Anche lui non è presentato come il cattivo della situazione, bensì come un uomo a pezzi, stressato, distrutto dalle emicranie e dal peso del suo stesso potere, che lo condanna a sua volta a prendere la difficilissima decisione di scegliere il destino 
di Gesù. Come loro, tantissimi altri personaggi sono descritti nei minimi dettagli e ciò contribuisce sicuramente a infondere complessità ai loro caratteri, al senso della loro presenza nel romanzo; il lettore che non apprezza tale attenzione dell’autore devo ancora conoscerlo, ma sicuramente è un pazzo. C’è da dire, inoltre, che ancora non sono entrata nei dettagli né della figura del Maestro, né di quella di Margherita. Lui, per me, è uno straordinario anti-eroe. So che questa non è la definizione più calzante, ma non saprei come altro descrivere un personaggio talmente sensibile da rintanarsi nella sua stessa pazzia e depressione pur di non affrontare la realtà. Da un eroe ci si aspetterebbe che tenga botta, che non abbandoni l’amore della sua vita, che non si chiuda in sé stesso, che non rinunci. Eppure è questo che fa il Maestro: si lascia abbattere, si lascia distruggere da qualcuno che, tra l’altro, non rappresenta nient’altro che la vuotezza della critica letteraria. È invece lei a salvarlo. Margherita potrebbe passare come la fanciulla da aiutare, sballottata dagli eventi e dall’ingiustizia del mondo, ma no: è lei che salva, sé stessa e il suo amante. È lei che si prende la clamorosa rivincita quando, trasformata in una strega da Satana, distrugge l’appartamento del critico che ha condannato il libro del Maestro. È lei che gli invitati alla festa del diavolo trattano con la più estrema reverenza, baciandole il ginocchio e comportandosi come se fosse la regina dell’inferno.
Un accenno particolare va fatto anche al personaggio di Ivan Nikolaevič Ponyrev: un giovane poeta che ci accompagna fin dalla prima pagina e che credo sia colui che subisce il cambiamento più radicale, perché da autore poco maturo e insoddisfatto si presenta nel finale come il vero “discepolo” del Maestro, ovvero colui che può riportare l’arte e il lavoro letterario alla sua vera natura: quella di ricerca, oltre che di testimonianza, della verità contro le bugie che hanno caratterizzato l’ambiente artistico moscovita; una speranza per il futuro.
Genuinamente e senza mezzi termini: un romanzo che merita la sua fama.
Detto questo vi auguro un buon fine settimana e una buona serata.
Grazie per la lettura e alla prossima!

-Liù

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