venerdì 15 luglio 2016

Libri per bambini - Capitolo 1



Questa settimana parliamo del libro “L’inventore di sogni”, opera scritta da Ian McEwan e pubblicata per la prima volta nel 1993, in Italia nel 1997. È il primo libro che leggo di questo autore e ne leggerò sicuramente altri, perché mi interessava molto “Espiazione”. Purtroppo però, sono ancora in un periodo in cui sono costretta a scegliere libri piuttosto brevi perché le ore che posso dedicare alla lettura sono
veramente poche. Da ottobre rimedierò!
“L’inventore di sogni” narra la storia di Peter Fortune, un bambino a cui piace fantasticare. In realtà non parla direttamente della sua storia, fa una piccola introduzione su chi è, cosa gli piace fare, insomma una sorta di presentazione, e poi i successivi capitoli sono dei sogni, o comunque fantasie che il protagonista fa. In totale sono otto capitoli, piuttosto brevi perché in totale sono circa un centinaio di pagine, di cui gli ultimi 7 (quindi tutti a parte il primo) sono questi sogni che lui fa. I capitoli che ho preferito, anche se nel complesso il libro mi è piaciuto tutto, sono quello del gatto e l’ultimo, dove lui sogna di essere adulto.
Del protagonista possiamo dire che è un bambino di 10 anni con una sorella di nome Kate che, con i loro genitori, vivono in un quartiere tranquillo. Peter tende ad estraniarsi dalla realtà in modi diversi, a volte sognando, altre volte fantasticando ad occhi aperti.
Sullo stile utilizzato inizialmente sono rimasta un po’ delusa. Questo perché mi aspettavo qualcosa di più, qualcosa di diverso, descrizioni più approfondite e anche temi un po’ più approfonditi. Quando poi però ho scoperto che era un libro per bambini, la mia impressione è cambiata; infatti avevo scelto il libro in base all’autore e alle pagine, senza preoccuparmi di trama o target di riferimento. Considerandolo dunque per quello che è, un libro per bambini, lo stile è perfetto. Differentemente da altri autori, con poche parole sono riuscita ad immaginarmi i protagonisti, la casa ed anche il quartiere in cui vivono. E credo che sia una qualità importante in uno scrittore saper rendere vivide e vive le immagini di quello che si racconta. Posso dire che Ian McEwan ce l’ha fatta.
L’argomento potrebbe sembrare banale, un bambino che sogna, non sembra l’argomento più interessante ed innovativo del mondo, ma un bambino potrebbe trovare divertenti le sue fantasie e un adulto può ritrovarsi a riflettere su cosa vuol dire fantasticare, sul perché non è qualcosa di negativo e su come questa capacità manchi quasi totalmente nelle nuove generazioni.
Quando ero piccola mi piaceva tantissimo un gioco che con i miei fratelli chiamavamo “Io sono, tu sei”, che non è altro che il semplice gioco di ruolo, io faccio un personaggio e tu ne fai un altro. Una volta eravamo animali, un’altra supereroi, un’altra ancora facevamo finta di essere a scuola, insomma, si spaziava in un campo di possibilità infinito. E questi sono i giochi che ricordo più positivamente, erano quelli che preferivo. Crescendo ho continuato a fantasticare, però da sola, cambiando scenari e storie che tendevano per lo più a ripetersi e, non mi vergogno di dire, che lo faccio ancora oggi. Quando prendevo la bici per andare da qualche parte immaginavo di essere su una navicella spaziale, come in Star Wars, e scappare dai cattivi che mi sparavano, i tombini erano delle bombe e dovevo evitarle, dopo la terza bomba colpita precipitavo e dovevo proseguire a piedi.
Oggi, invece, osservando i bambini che ci stanno attorno, cugini, nipoti, figli di amici eccetera, questa capacità non riesco a vederla; la maggior parte di loro non riesce a fare un gioco dove ci sono cose che non possono vedere: giocano a calcio, con le bambole solo se hanno la bambola in braccio, giochi in scatola e non giocano mai, o quasi mai, da soli. E lo trovo molto triste.
In questo libro si mostra chiaramente come fantasticare non è solo un divertimento per Peter, lui fantastica sempre su problemi reali che si trova ad affrontare nella vita di tutti i giorni: è arrabbiato con i genitori perché non lo lasciano uscire a giocare, è geloso del cugino più piccolo perché attira tutta l’attenzione; insomma problematiche che tutti i bambini hanno. La fantasia gli permette di rielaborare le cose e trovare una soluzione, e per questo è triste che i bambini perdano questa capacità.
L’ultimo capitolo parla di un sogno che Peter fa sull’essere adulto, e tutto parte da una riflessione sul fatto che gli adulti non usano la fantasia ma si basano su una vita più pratica, più lenta e meno movimentata, il che è vero, spesso molti adulti si sono dimenticati come si può fantasticare e come ci si può divertire solo immaginando qualcosa. Certo, gli adulti hanno responsabilità che i bambini non hanno, ma sarebbe bello riuscire a fantasticare ancora, almeno con loro, per insegnargli e mostrargli quanto è divertente e facile rendere le giornate più allegre. Anche quando non hai quello che vorresti, puoi crearlo nella tua mente, e sarà altrettanto divertente, anzi, lo sarà di più.
Mi è piaciuto molto il fatto che l’autore abbia alla fine sottolineato come si possa utilizzare la fantasia e come ci si possa divertire anche da adulti. Forse i bambini non capiscono come si divertono i grandi, ma avranno tempo di capirlo con il passare degli anni, senza perdersi tutto il divertimento che possono avere ora che sono piccoli e che possono essere quello che vogliono: animali, pirati, soldati, scienziati, supereroi, alieni. La scelta è infinita.

La fantasia aiuta a conoscersi e a sviluppare altre capacità, come il problem solving, la creatività; aiuta a cavarsela in tante occasioni diverse e per questo consiglieri il libro ai bambini, perché è un libro piacevole, ma soprattutto agli adulti, perché non smettano di insegnare ai figli a sognare ad occhi aperti e perché riscoprano quanto sia bello farlo, per crescere persone migliori ed essere persone migliori.

-Pearl

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