venerdì 29 luglio 2016

Letteratura americana - Capitolo 5




William S. Burroughs scrisse questo libro pubblicato per la prima volta nel 1986, ma è uno dei libri minori, infatti egli è meglio conosciuto per opere differenti, generalmente di fantasia o fantascienza. Nato nel 1914 e morto nel 1997 è stato autore di diversi romanzi ma anche di molti racconti.
“Il gatto in noi” è un libro molto breve, giusto un centinaio di pagine e scritto in
modo particolare. Non conoscendo lo scrittore dietro questo racconto non saprei dire se è il suo stile di scrittura o se è un’eccezione specifica di questo libro, ma non esiste una vera e propria trama. Mi spiego meglio: non c’è una storia, anzi non ci sono nemmeno capitoli, è come se fosse una sorta di diario all’interno del quale l’autore riporta giorno per giorno ricordi, pensieri, riflessioni personali. Queste hanno un solo filo comune che è il gatto.
Inizialmente, quando lo ho preso in biblioteca, avevo immaginato qualcosa di completamente diverso, infatti sul retro è possibile leggere: 
“Sarà probabilmente una sorpresa per molti scoprire che William S. Burroughs, l’efferato cantore di saghe che si svolgono in terre di mutanti e in cui l’umanità è una sopravvivenza arcaica, ha anche scritto uno dei più delicati e percettivi libretti che conosciamo sui gatti.” 
Ecco, da questa premessa, come ogni gattara come me avrebbe fatto, è nata la decisione di leggerlo. D’altronde uno scrittore di questo tipo, che generalmente si occupa di storie che mi interesserebbe leggere e che scrive qualcosa sui gatti, dovrebbe essere interessante, dare un punto di vista particolare alla faccenda. Con questo voglio semplicemente dire che mi aspettavo qualcosa di diverso.
Le riflessioni che lui fa nel corso del libro sono condivisibili, almeno dal mio punto di vista, ma non così innovative o particolari come mi sarei invece aspettata dalla premessa. Quindi riporterò qua sotto cosa ho condiviso e cosa invece mi ha lasciato perplessa.
La prima cosa che mi è piaciuta e che vorrei condividere con voi è questa frase:
“Ho già detto che i gatti sono come piccoli dei del focolare, compagni psichici.”
Ed è vero, il mio gatto, Zucca, è il mio compagno psichico, e come sottolinea l’autore “uno psicanalista direbbe che sto semplicemente proiettando queste fantasie nei miei gatti”. Anche questo è vero, potrebbe essere, ma se questo mi permette di giungere al risultato, non creando problemi di alcun tipo a nessuno perché dovrebbe essere un problema? Questo lo dico semplicemente perché ci sono persone che pensano che gli animali siano solo animali, che siano qualcosa di utile nel momento in cui risolvono qualche nostro problema (il gatto prende i topi, il cane fa la guardia, la mucca ci dà il latte ecc) ma al di là di quello non valgono nulla. Questo è assolutamente sbagliato.
“Forse per me i gatti sono l’unico legame vivente con una specie che muore.”
Quando le persone ti dicono che non è giusto sostituire le persone con gli animali, in particolare l’affetto di qualcuno di amato con l’affetto di un animale, in realtà ha ragione solo in parte. Ha ragione se questa sostituzione comporta una chiusura totale nei confronti del mondo  esterno e se causa una solitudine in cui è ammesso solo l’oggetto del nostro amore, in questo caso felino. Ma se questo funziona da tramite per tornare ad aprirsi sul mondo, se torna a farci stare bene e ci permette di superare i momenti difficili, allora cercare affetto e donarlo ad un animale non è affatto negativo.
Quello che invece non mi è piaciuto molto di questo libro è stata la posizione anti-cane che esprime l’autore. Egli sottolinea certo che quello che a lui non piace del cane, o almeno nella maggior parte dei casi, dipende più dal padrone che non dall’animale, ma la sua visione del cane è eccessivamente negativa. Anche se personalmente ritengo che il gatto sia più simile a me nel carattere e che quindi mi trovo meglio con i gatti, i cani sono meravigliosi. Un altro aspetto che ho apprezzato poco è stata l’impostazione: ripeto, non c’è una trama, non ci sono capitoli, semplicemente ogni pagina contiene una decina di righe, in alcuni casi meno e solo in rare occasioni la pagina si riempie completamente. Le pagine, però, non sono collegate l’una all’altra, a volte raccontano episodi, a volte sono solo pensieri, a volte ancora sono totalmente emotive. E sebbene abbia apprezzato quasi tutte le pagine, il modo in cui sono state aggregate mi ha disturbato. Infine da ciò che avevo letto dietro la copertina e dal titolo mi ero immaginata un libro forse un po’ più psicologico, che analizzava come potevamo trovare il nostro “gatto interiore”. Chiaramente questo è stato un mio errore di valutazione e non un problema del libro in sé.

Quindi, in conclusione, se siete amanti dei gatti e siete interessati a delle riflessioni su di essi o vi interessa leggere episodi che li riguardano, può essere un libro per voi. Personalmente però non lo rileggerei, semplicemente perché non mi ha dato nulla di nuovo sull'argomento.

-Pearl

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