lunedì 11 luglio 2016

Young adult - Capitolo 3


Ecco una curiosità su di me: da piccola volevo diventare una strega.
Volevo trovare una casa ai margini di un bosco sperduto e restarmene li fra pozioni e incantesimi. Ci sono bambini che da grandi vorrebbero diventare dottori, astronauti, o ballerini; sogni difficili, ma possibili e normalmente li si incoraggia, dicendo loro di impegnarsi al massimo e di credere nei loro sogni. Che ne è, invece, di coloro che hanno
dei sogni irrealizzabili come quello, appunto, di diventare una strega? Ve lo dico io: oltre ad attendere con scarso successo la lettera per Hogwarts una volta compiuti gli undici anni (non mentite: l’avete fatto anche voi!), va a finire che vanno a cercarsi tutte le storie che ne parlano e belle o brutte che siano se le puppano ugualmente, rimanendone poi profondamente delusi. Certo, fra tutte le storie di streghe che sono state scritte, o messe su grande schermo ce ne sono di molto belle, o alcune che comunque non sono proprio da buttare, si veda alla voce Roald Dahl, o come ho scritto nella recensione precedente J.K. Rowling, giusto per dirne due. Tuttavia ecco nascere, ahimè, il cosiddetto Urban Fantasy: storie aventi più o meno lo stesso tema, ma spesso con attributi profondamente scadenti che nei libri per bambini (grazie al cielo, almeno loro sono salvi) sembrano mancare. Ora, ecco come sono entrata in possesso di questo libro e del perché ho iniziato a leggerlo. La mia infanzia è stata riempita da cima a fondo di storie fantasy, che parlavano di mondi magici e straordinari, di draghi, cavalieri e soprattutto streghe. Qualche settimana fa stavo giusto dicendo a una mia amica che ho letto per così tanto tempo libri di questo genere che adesso, molto probabilmente, dovrà passarne di acqua sotto i ponti prima che mi ci approcci di nuovo. Ovviamente ho subito sottolineato le dovute eccezioni: Tolkien, qualche libro legato alla saga di “Harry Potter” e qualche altro che parli solo ed unicamente di streghe, lasciando perdere vampiri, licantropi, zombie e chi più ne ha più ne metta! È esattamente a questo punto che la mia amica ha allungato la mano verso la sua libreria e ne ha tirato fuori un libro dal titolo: “I diari delle streghe”, di Lisa Jane Smith. Si: quella di Elena, Stefan e Damon. Avete, purtroppo, capito bene. Una storia partorita dalla stessa mente che ha creato Elena Gilbert, quando io ho a malapena resistito alla seconda stagione della serie tv per poi dichiarare a gran voce che non ne potevo letteralmente più e promettendomi che non avrei più guardato un solo episodio di quello scempio. Io, che ho rinunciato senza troppa difficoltà a godermi la visione di Ian Somerhalder piuttosto che continuare a sprecare minuti preziosi del mio tempo nel guardare una squinzia diciassettenne che saltella da un fratello all’altro tra canini appuntiti, riti magici del Divino Otelma e intrighi amorosi. Si, quella scrittrice li. Eppure fra ripetute mie perplessità nel prendere in prestito il libro e varie dichiarazioni della mia amica su quanto i libri distino dalle loro trasposizioni pseudo-cinematografiche e su quanto la loro lettura sia scorrevole e veloce (dovevo accorgermene qui che sarebbe stata una fregatura, mannaggia a me!), ecco che ritorno a casa la sera stessa col libro incriminato. Beh, in realtà i libri sono quattro, tutti contenuti nell’unico volume da cinquecentonove pagine complessive, ma non importa perché mi sono fermata alla fine del primo e lì ho deciso di rimanere per il resto della mia vita, chiudendo qualsiasi tipo di legame tra me e Lisa Jane Smith. E questa volta dico sul serio!
La storia racconta di una dolce e timida ragazza di nome Cassie. Cassie non reagisce mai a niente, non esprime mai i ripetuti disagi che continua ad avere in quasi ogni situazione, non si oppone mai alle continue prepotenze che subisce, si comporta sempre in modo passivo e servizievole con chiunque ed è ovviamente il miglior esempio che si può dare alle giovani adolescenti per crescere sicure di sé stesse (si, sono ironica). Il libro comincia con l’incontro sulla spiaggia tra Cassie e uno strano ragazzo, dove tra i due, dopo lo scambio di ben quattro frasi, mica pizza e fichi, scatta subito qualcosa di sconvolgente e dopo questa breve ma intensa preview inizia la storia vera e propria. Cassie è costretta dalla madre a trasferirsi dalla parte opposta degli Stati Uniti, entrambe ospiti della nonna della ragazza, in un posto chiamato New Salem. Le tre donne condivideranno quindi lo stesso tetto: una casa gigantesca, affacciata sul mare, nella zona più antica della città, ma che ovviamente alla protagonista non piace neanche un po’. Non è dato sapere cosa avrebbe preferito, se un monolocale in qualche sobborgo malfamato le sarebbe piaciuto di più, o se per caso Cassie prediliga le tende canadesi e la vita da clochard, ma non importa perché ci sono dati più importanti della casa da considerare ai fini della storia, visto che la nostra eroina si dovrà interfacciare anche col mondo scolastico: una scuola nuova, nuovi compagni, nuovi professori. Effettivamente non so se “professori” è il termine più adatto, visto che si lasciano intimorire da un gruppo consistente di ragazzi che dentro e fuori dalle mura scolastiche sono liberi di fare qualsiasi cosa senza che gli adulti intervengano in nessun modo, sia i genitori, che gli insegnanti, che il preside. Quando dico “qualsiasi cosa”, intendo proprio qualsiasi cosa. Cassie, ovviamente, viene presa di mira da alcuni membri di questo fantomatico club di cui tutti sembrano aver timore, in particolare da una ragazza che potrei descrivere sia come ninfomane, che soprattutto come piromane, ma denominiamola “delinquente” e non ci pensiamo più: incendia foglietti di poesie in classe solo ed esclusivamente per fare scena (davanti al professore, che ovviamente nemmeno la rimprovera),  grazie alla complicità dei suoi compagni di merende riempie l’armadietto di Cassie con qualsiasi cosa di inquietante possa esistere al mondo, come carne sanguinante e bambole impiccate (quando Cassie denuncia la cosa al preside, unico vero atto di opposizione a questi soprusi, viene cacciata via dall’ufficio senza mezzi termini), incendia l’ex laboratorio di scienze per spaventare la protagonista più di quanto avesse già fatto precedentemente. Non sto scherzando: incendia il laboratorio di scienze e nessuno la denuncia/espelle/arresta. Sorvoliamo? Ok, sorvoliamo, perché tanto di assurdità ce ne sono a iosa e possiamo parlare di tutte. Cassie è destinata a fare amicizia con altri membri del club, che almeno all’apparenza sembrano essere più gentili con lei, come ad esempio Diana. Diana è perfetta sotto ogni punto di vista: è gentile con tutti, è la studentessa modello, è super gnocca ed è assolutamente irreale, ma nel mondo di Cassie esiste eccome e la protagonista vuole disperatamente esserle amica, oltre che entrare nel club. Oserei dire che Cassie nutre una sorta di ossessione malata per Diana, la quale ai suoi occhi continua a non avere difetti e le provoca parecchie crisi d’inferiorità. Questo fatto, di per sé già abbastanza grave, non supera comunque lo stupore che ho provato quando ho realizzato che un gruppo di bulli e delinquenti, con un promettente futuro da mafiosi, possono essere il tuo più grande obbiettivo nella vita, che desideri disperatamente averli come amici, soprattutto dopo che la maggior parte di loro ti ha trattata come spazzatura, se non peggio. Ma Cassie non si pone domande, nel club è intenzionata ad entrare comunque, è il suo più grande sogno e quando Diana le dice candidamente che non può, per la ragazza è una tragedia. Una tragedia che durerà all’incirca quattro pagine, visto che poi nel benedetto club ci entra davvero. Come fa ad entrarci? Mi sembra ovvio: entra al posto di una ragazza che è stata assassinata. In poche parole si è liberato un posto e l’unica candidata a ricoprirlo è proprio la nostra protagonista. Si scopre, infatti, che il club è composto solo dai discendenti dei fondatori di New Salem, i quali caso vuole che avessero poteri magici, esattamente come i ragazzi appartenenti al club. Cassie, a sua volta discendente, l’unica discendente ad essere rimasta fuori dal club, è quindi anche l’unica che può chiudere il cerchio una volta che la ragazza uccisa le ha gentilmente lasciato il posto. È su quest’altro punto che vorrei riflettere. Ora, io mi dico: passi che il resto dei cittadini di New Salem, essendo i discendenti della servitù di queste antiche famiglie magiche, siano ghettizzati come feccia con la quale il club non si mischia mai, quasi li potessero infettare (questo, amici miei, si chiama razzismo! L’idea che un gruppo elitario di persone sia superiore ad un altro in base ai suoi tratti genetici, per conto mio, si chiama razzismo); passi che Cassie voglia avere a sua volta dei poteri magici perché dai: avere poteri magici è una figata! E quindi si lascia rapire per l’iniziazione senza badare al fatto che si tratta di un vero e proprio sequestro di persona in cui la prelevano da casa, la legano come un salame, la bendano e la portano sulla spiaggia; passi pure che si vuole buttare il passato alle spalle e che prenda a fare amicizia come se nulla fosse con tutti quei membri del club che l’hanno “bullizzata” fino al giorno prima. Capisco tutto! Ma quando le viene spiegato che lei è stata accettata come nuovo membro solo perché non c’era nessun’altro e hanno dovuto scegliere lei per forza, per rendere il gruppo più forte… Allora non ci ho visto più. È questa la vera amicizia? D’accordo che Cassie è disperata, ma nemmeno si indigna! Nemmeno ci riflette! No, è tutto normalissimo! Scegliersi i propri amici in base al loro potere e alla loro popolarità, invece che in base al rispetto dato e ricevuto mi sembra un po’ troppo, anche per Cassie che ormai ha gettato all’aria quel poco che le rimaneva della sua dignità. Eppure non è finita qui! Si viene a conoscenza, infatti, di un’altra cosa molto interessante! Vi ricordate il ragazzo incontrato sulla spiaggia all’inizio del libro? Il fanciullo ricompare sulla scena poco dopo l’iniziazione di Cassie ed è niente meno che il fidanzato di Diana. Ci mancava solo il triangolo amoroso! Non credo ci fosse bisogno di tutto questo per convincermi che la componente “magica” fosse solo un misero espediente per raccontare una storia d’amore, ma tant’è! Eccomi profondamente delusa e infastidita, alla fine di un libro che avrei dovuto lasciare chiuso.
Le associazioni tra i membri del club e gli Dei della mitologia greca ve li risparmio, altrimenti c’è il rischio che Eschilo risorga dal mio esame di storia del teatro e mi prenda a spadate sotto forma di Clitennestra (quella si che era una donna con gli attributi!). Quindi mi fermo qui, rinnovando la mia promessa di non leggere più niente di Lisa J. Smith. Non consiglierei a nessuno questo libro… Questa cosa!
Sperando di non avervi annoiato vi auguro una buona, benché accaldata, settimana! Grazie a tutti!

-Liù

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