venerdì 12 agosto 2016

Biografie - Capitolo 1



Oggi mi piacerebbe parlarvi di un libro che non è come quelli a cui siamo abituati. Questo libro non è un romanzo, non è un fantasy e non è nemmeno di fantascienza. Purtroppo questo libro parla di una storia vera, di un fenomeno che spesso le persone ignorano e che, in Italia, ma anche nel resto del mondo, molti non conoscono nemmeno. Sto parlando nello specifico della
storia di Gianluca Maria Calì, un imprenditore siciliano che ha subito ricatti e minacce dalla mafia perché si è rifiutato di pagare il pizzo. Gli hanno incendiato la concessionaria che era la sua fonte di reddito in Sicilia e si è trasferito a Milano, denunciando e continuando con coraggio la sua attività e la sua battaglia.
Il suo coraggio, il suo impegno, sono forti, nonostante le normali emozioni che accompagnano coloro che sono costretti a vivere la sua situazione: paura, rabbia, volontà di reagire, ansia. Calì ha una famiglia, il che rende queste sue  scelte e queste sue azioni ancora più delicate, ma allo stesso tempo più forti.
Il libro in questione, “Io non pago. La stra-ordinaria storia di Gianluca Maria Calì” racconta la sua storia, il percorso fatto fino ad ora, e si conclude con un’analisi della storia ma anche del fenomeno in generale da parte degli autorI. Essi sono due psicologi che si occupano dello studio del fenomeno dello psichismo mafioso, e di come funziona la psicologia all’interno dei gruppi di criminalità organizzata nonché come funzionano le mafie in Italia nelle loro caratteristiche specifiche.
Io ho avuto la possibilità di ascoltare il signor Calì ad una conferenza tenuta presso l’Università che frequento ed è stato a dir poco toccante e coinvolgente sentire l’esperienza raccontata direttamente da lui. È una storia che già di per sé provoca una certa reazione, colpisce a più livelli contemporaneamente e suscita emozioni empatiche non indifferenti, ma sentirla direttamente da chi la vive rende l’impatto ancora più forte. Ci si trova veramente di fronte a quei personaggi che quando si è piccoli si chiamano “supereroi”. Quando sei piccolo sogni di diventare Superman, Spiderman, Batman o Wonder Woman, perché loro rappresentano un modello che si vuole imitare, trasmettono i valori di giustizia, di dignità, di forza e coraggio che tutti vorrebbero avere. Si guarda il fumetto, il cartone, il libro e si pensa: da grande io sarò così, anche io voglio sconfiggere i cattivi e aiutare gli altri. Anche io voglio essere coraggioso.
Quando cresci, non credi più a Superman, non credi più ai superpoteri, ti ritrovi semplicemente in un mondo di uomini che sono semplicemente umani. Che sono semplicemente assorbiti dalla vita, che non si interessano di quello che li circonda e i supereroi sono così lontani dalla realtà, che restano relegati in un angolo della nostra memoria, assopiti, quasi dimenticati.
Però ci sono quelle persone che riescono con le loro azioni a dimostrare qualcosa di fondamentale: anche se i supereroi non esistono, anche se nessun alieno cadrà mai dal cielo per risolvere i problemi di Metropolis, anche se nessun milionario dedicherà i suoi soldi a salvare Gotham City, quei racconti non erano solo delle storielle. Quelle storie hanno avuto la fondamentale funzione di mostrare ai bambini quale comportamento seguire, quali sono i valori da perseguire per il bene proprio e di quelli che si amano. E le persone che permettono di capire questo, le persone come Gianluca Maria Calì, le persone che usano questi valori nella vita reale, sono i supereroi della vita reale. Tutti noi possiamo essere come loro, tutti noi possiamo essere coraggiosi e forti, tutti noi siamo eroi perché quei valori sono dentro noi e dobbiamo solo tirarli fuori.
Certo riuscire a realizzarlo nella realtà è più difficile che dirlo semplicemente. È per questo che il protagonista di questa storia va considerato un supereroe, perché ha superato la linea tra l’avere dei valori e il realizzarli veramente. Lui, insieme a tutte le altre persone che denunciano situazioni come questa, situazioni in cui una organizzazione criminale si inserisce nella vita delle persone per controllarla ed estorcere loro del denaro che non gli spetta danno voce anche a tutte quelle vittime che questa forza non riescono a trovarla. E tutto quello che si riuscirà ad ottenere di positivo sarà valido non solo per loro che hanno parlato ma per tutte le vittime, anche quelle più nascoste. E per fare in modo che questi effetti positivi siano decisamente maggiori, per raggiungerne quanti più possibile siamo tutti chiamati ed essere un po’ forti, ad essere un po’ coraggiosi. Siamo chiamati ad uscire dal guscio della nostra vita e osservare anche quella degli altri, siamo chiamati a parlare, a fare circolare le informazioni.
Io sono stata in Canada per un semestre e ho incontrato diverse persone, tra cui un ragazzo brasiliano che, parlando della mafia in Italia mi ha detto:
“Ah, ma la mafia esiste davvero? Pensavo fosse semplicemente un film, o che fosse qualcosa che esisteva solo tantissimo tempo fa!”
Dato che quando le cose le sai, è più difficile riuscire ad ignorarle, soprattutto se dentro di te c’è un piccolo Spiderman o una piccola Wonder Woman che aspetta solo di uscire, parliamone. Parliamone con gli amici, con i genitori, con chiunque incontriamo. Troviamo il modo di creare una società più consapevole e una società che condivide gli stessi valori. Per restare nella metafora dei supereroi (in cui comprenderemo sia quelli della Marvel che quelli della DC comics) creiamo la nostra squadra di Avengers. Siamo noi che possiamo fare la differenza, e possiamo farla per noi stessi ma soprattutto per tutte le vittime che sono sotto il peso ed il controllo della mafia. Noi non siamo vittime, ma potremmo sempre esserlo, e se capitasse a noi? E se capitasse a te che stai leggendo questo post? Tu non la vorresti una squadra di supereroi che lotta con te?

Io la vorrei. Io mi arruolo per questo compito. E tu?

-Pearl

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