venerdì 19 agosto 2016

Letteratura internazionale - Capitolo 10


Buongiorno a tutti, lettori!
L’estate ormai è quasi giunta al termine e io non vedo l’ora che ricominci il clima ventoso, piovigginoso e malinconico autunnale. Freddo, pioggia e nebbia sono sempre stati miei fidati amici; sarà perché vivo in una cittadina grigia e umida del nord Italia, non lo so. Comunque perché non parlare di un libro che, pur ambientato in un luogo completamente diverso da

quello dove mi trovo io, inizia la sua storia con un bell’acquazzone estivo?
“La bastarda di Istanbul”, di Elif Shafak inizia proprio così: con grosse gocce di pioggia che cadono dal cielo fra le strade della città più controversa del mondo, dove Zeliha sta cercando di tenersi in equilibrio sui suoi tacchi fra le pietre rotte del selciato. All’inizio del libro, Zeliha viene presentata come una giovane diciannovenne turca, eccentrica, fuori dalle righe, incinta ed intenzionata ad abortire; il padre del bambino nel suo grembo? Un mistero tutto da scoprire. Inutile dire che la giovane deciderà di non abortire e di tenere la figlia, la quale sarà la nostra “bastarda” citata nel titolo: Asya. Le pagine iniziali di questo romanzo le ho sempre trovate molto interessanti, invitanti; viene proprio voglia di scavare più a fondo in questa storia e il sentimento cresce ancora di più al capitolo due, dove subito vediamo spuntare nuovi personaggi, un nuovo sfondo e nuovi misteri. Anche Rose è una giovane madre, ma americana. Un personaggio completamente diverso da Zeliha, che vive in un contesto completamente diverso, ma che come lei si trova ad essere sola e madre; madre di una bambina, Armanoush, dal nome e dalle origini armene. Rose ha lasciato il padre di sua figlia per costruirsi una nuova vita lontano da una famiglia armena iper-presente e un po’ per ripicca, un po’ per attrazione comincerà una relazione con un uomo di origini turche, Mustafa. Caso vuole che quest’ultimo sia il fratello di Zeliha; unico maschio di una famiglia popolata da donne. Due famiglie ben lontane fra loro, una armena e l’altra turca, impossibilitate da fatti storici e culturali a creare qualunque tipo di legame, eppure unite per sbaglio nel momento in cui Armanoush, da grande, deciderà di intraprendere un viaggio fino ad Istanbul e di fare amicizia con Asya, la bastarda. Le due ragazze supereranno delle barriere culturali fino a quel momento invalicabili per turchi e armeni, riuscendo a guardare alla storia dei loro popoli non con risentimento, ma con una grande pace interiore, senza negazioni o scusanti; finalmente testimoni di una storia terribile, benché comune.
Con questo libro Elif Shafak mi ha aperto un mondo, ha spalancato le porte verso le trame di quei libri ambientati nell’est Europa e in Asia, scoprendo una storia, una filosofia, un quotidiano completamente diverso da quello che si vive tutti i giorni in occidente. È il libro che mi ha portato a “La masseria delle allodole”, a “Lettere contro la guerra” e che, se avessi avuto abbastanza denaro, mi avrebbe anche portato fisicamente ad Istanbul già da un bel pezzo. Istanbul non è solo uno sfondo, in questo romanzo. Istanbul è un vero e proprio personaggio avente vita propria, contraddizioni proprie, una moltitudine di storie, origini, etnie, tutte raggruppate nella stessa città. La grande capacità dialettica della scrittrice permette di sentire il pulsare di questo luogo ad ogni pagina di ogni suo romanzo dove, come ho scoperto successivamente, Istanbul riveste quasi sempre una grande importanza. Interessante pensare a questa città adesso, in un periodo davvero difficile per la Turchia e sapere che, grazie ai libri, si può avere una visione più ampia, se non totalmente obbiettiva, delle cose che succedono nella nostra attualità.
Elif Shafak è davvero brava nell’immergere il lettore nelle sue storie, tanto che più volte ho testimoniato quanto i suoi libri siano capaci di creare un’esperienza quasi olfattiva e sonora, oltre che visiva. È una di quelle scrittrici (grazie a non so quale Dio né esistono tante di questo tipo) che non scrivono pensando a un pubblico esclusivamente femminile, ma raccontano storie per ogni sesso. La qual cosa è strana, se si pensa a “La bastarda di Istanbul”, perché è un romanzo dove l’essere femminile, presentato nella più ampia gamma possibile, domina incontrastato per tutto il libro, piegandosi e modificandosi in base a personaggi completamente diversi. Eppure sempre di donne si stratta; donne col velo e donne senza, donne come baluardi incrollabili e punti di riferimento per le loro famiglie e donne sole, sedotte, abbandonate, ciniche, distratte o fuggite a un destino non confacente ai loro desideri, ma sempre indiscutibilmente donne. Consiglio la lettura di questo romanzo ai lettori uomini, semplicemente perché parla anche a loro e come sempre a tutti!
Detto questo io vi auguro buona serata e buon fine settimana! Alla prossima!


-Liù

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