venerdì 13 gennaio 2017

Giallo - Capitolo 3



Buongiorno a tutti. Inauguriamo l’anno nuovo con una delle mie passioni: il giallo. Sì, lo so, comincio a diventare monotona ma sono gli unici libri che riesco a leggere in breve tempo e che quindi si prestano meglio a me in questo periodo di vita così ricco di cose da fare. Dunque mi dispiace ma vi toccherà un’altra recensione del mistero.
Il libro di cui
vado a parlare oggi si chiama “Revolver” di Simone Buchholz, una scrittrice tedesca, e narra la storia di un procuratore di nome Chastity Riley e dei casi che le si presentano. È il primo di una serie, dunque usciranno (o forse già sono usciti) altri libri con la stessa protagonista. Le vicende si svolgono ad Amburgo, in particolare nel quartiere a luci rosse. Il caso specifico di questo libro riguarda il ritrovamento del cadavere di una ballerina di night club cui è stato fatto lo scalpo. Da qui partono le indagini verso la ricerca di quello che sembra essere un serial killer.
Partiamo subito con il dire che è scritto in modo scorrevole e che si legge piacevolmente, ci sono diverse storie che si incrociano alla vita della protagonista e che non vengono approfondite più di tanto, ma questo credo sia dovuto dal fatto che, essendo questo il primo di una serie di libri, le storie degli altri personaggi principali verranno trattate meglio nel corso della serie.
Il libro è scritto in prima persona, perché è la protagonista a raccontare la storia e noi vediamo ogni cosa dal suo punto di vista nel momento esatto in cui si verifica, in quanto il tempo verbale è il presente. Tendo a preferire, soprattutto nei gialli e nei thriller, l’utilizzo della terza persona nonché una narrazione di eventi passati, però non posso dire che questo stile telecronaca non sia comunque buono.
Per quanto riguarda i personaggi sono descritti abbastanza bene, diciamo che più che altro sono facilmente intuibile, per esempio, il commissario Fallen non viene mai descritto nel fisico o nel carattere, ma riusciamo comunque a farci un’idea del tipo di persona che dovrebbe essere.
La protagonista, Chastity, viene descritta come una donna di trentotto anni con un passato con proprio roseo, segnato da una storia famigliare piuttosto tragica che le ha causato e ancora le causa problemi di pressione. Questi sbalzi la portano a svenire pare chiedo volte, soprattutto davanti alla vista di un cadavere. Viene descritta come una donna forte, indipendente, in carriera, brava nel suo lavoro, ma fondamentalmente sola, senza amici o relazioni amorose. Risulta una buona protagonista, non le wonder woman perfette che spesso ci troviamo a rivedere soprattutto nelle serie tv: bellissime, intelligenti, super sexy, brave a fare tutto, con una marea di uomini ai loro piedi. L’unica pecca che riesco a trovare nel suo personaggio è la sua facilità di svenimento, in quanto mi sembra eccessivo e poco pertinente. Capisco il volerla rendere un po’ fragile ma svenire davanti ai cadaveri o quando ci si trova sotto pressione è un problema non proprio indifferente quando si è un procuratore. Un altro aspetto, non proprio critico, perché ci sta con il suo personaggio, è che a volte, nel libro, sembra comportarsi in modo irrazionale, si lascia travolgere un  po’ troppo dalle emozioni e dall’impulsività. Questo è un aspetto che non mi è piaciuto per un gusto assolutamente personale, forse perché è un  aspetto nel quale non riesco in alcun modo ad immedesimarmi.
Per quanto riguarda invece gli altri personaggi principali, dunque tutta la squadra investigativa al comando della protagonista, alcuni risultano interessanti anche se solo abbozzati, altri invece sono tratteggiato solo tramite stereotipi. Sarà che sono italiana e forse sono anche un po’ permalosa, ma il poliziotto italiano di Napoli è lo stereotipo vivente tipico delle altre nazioni: pizza, mammoni, cornetto. C’è poi stata un’affermazione dall’autrice  che mi ha dato parecchio fastidio: riferendosi a Calabretta dice che se non fosse andato in Germania probabilmente ora non sarebbe un poliziotto ma sì troverebbe “dall’altra parte”. Io l’ho interpretato come “sarebbe un mafioso” è dentro di me ho sentito una buona dose di fastidio ed irritazione, perché è importante distinguere tra mafioso e italiano o mafioso e napoletano in questo caso. Non tutti quelli che nascono in quartieri ricchi di criminalità diventano poi effettivamente dei criminali. Ci sono poi altri riferimenti agli italiani i in modo stereotipato ma vabbè, diciamo che quelli sono accettabili.
Lo classifica come giallo perché manca tutta la parte della suspense che lo porterebbe nella categoria thriller, e anche perché il colpevole si intuisce abbastanza facilmente, non ci sono grandi colpi di scena che fanno restare il lettore a bocca aperta.

Dunque sicuramente un buon giallo, buona scrittura e buoni personaggi. Lo consiglio, come sempre, agli amanti del genere,  ma anche a chi si potrebbe essere incuriosito ma vorrebbe partire  con qualcosa di soft prima di passare ad altro, magari ad un thriller.
-Pearl

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