venerdì 27 gennaio 2017

Libri per bambini - Capitolo 2



Buongiorno a tutti!
Oggi parliamo di un libro molto interessante che ha come protagoniste assolute le emozioni. Inoltre rientra nella categoria di “libri per bambini” perché è adatto a partire dai tre anni di età, ma non mi sentirei di mettere un limite a questo libro. Anzi ci terrei molto a sottolineare che, spesso, i libri per bambini sono divertenti ed educativi per il loro
target di riferimento, ma sono molto più esplicativi e suggestivi per gli adulti, che magari si ritrovano con figli o nipoti a leggerli.
Questo libro si intitola “Emozionario. Dimmi cosa senti” e si pone come obiettivo quello di spiegare in modo semplice e accompagnato da interessanti illustrazioni che cosa sono le emozioni, cosa vuol dire essere felici, cosa significa arrabbiarsi, come ci si sente quando si prova vergogna o quando ci si trova davanti alla frustrazione. Non c’è un vero e proprio autore, nel senso che questo libro è stato scritto a più mani da più di una persona, dunque una lista di diversi autori che non sono ancora riuscita a recuperare con sicurezza, nel senso che non ho idea di chi siano. Gli unici nomi riportati in copertina sono di coloro che si sono occupati delle illustrazioni. Girovagando per vari siti di case editrici e di recensioni altrui ho trovato due nomi: Cristina Nunez Pereira e Rafael Valcarcel, che vengono citati come gli autori. Non ne sono certa al 100% ma prendiamola per buona. Questo è infatti un libro proveniente dalla Spagna e sembra che stia riscuotendo un gran successo.
Dal punto di vista stilistico è molto bello e ben organizzato: aprendo il libro è possibile vedere una grande immagine che rappresenta l’emozione specifica e che va ad occupare una facciata e mezza. Il restante spazio è dedicato alla descrizione dell’emozione. Ne riporto un paio, giusto per far capire come è scritto il libro:
“Tenerezza – Alcuni esseri risvegliano la nostra tenerezza: un cucciolo, i germogli sui rami di un albero, un nonnino… la tenerezza è vicinanza, affetto e compassione. Proviamo tenerezza per persone, esseri e oggetti indifesi o che non sembrano minacciosi. Dove si trova la tenerezza? La tenerezza è dentro di te. Però sono gli altri che aprono la porta della tua tenerezza. La fragilità degli altri risveglia il nostro desiderio di essere gentili, attenti e comprensivi. La tenerezza è un invito all’amore.”
“Odio – L’odio è una grande antipatia, un rifiuto che proviamo per qualcosa o qualcuno. Di conseguenza, desideriamo che a questa cosa o a questa persona capiti qualcosa di brutto. Quanto dura l’odio? Certe volte l’odio dura molto tempo. Altre volte, soltanto un pochino. Puoi provare un odio passeggero per una persona ma questo non vuol dire che tu abbia smesso davvero di volerle bene. Se l’odio ci spinge all’azione siamo vittime dell’ira.”
Come è possibile vedere sono descrizioni chiare e semplici e al termine di ogni descrizione c’è una frase che anticipa l’emozione successiva, in questo caso amore e ira. Le emozioni descritte sono molte, 42 per la precisione e per ciascuna di esse viene seguito questo schema.
Onestamente parlando, lo ritengo un libro molto bello, molto utile ed educativo, soprattutto considerando il contesto storico – sociale nel quale si inserisce: quante volte ci è capitato di vedere bambini fare i capricci per strada? Non ascoltare i genitori ed urlare all’improvviso senza un qualche motivo plausibile? Sicuramente in queste situazioni gioca un ruolo importante l’educazione, ma è bene ricordare che l’educazione compre un ampio raggio di ambiti: non c’è solo l’educazione scolastica, l’educazione non è solo dire “grazie” o “per favore”. Esiste anche quella che viene definita educazione emotiva, e che attualmente tanti danno per scontata, tralasciandola per dare spazio ad altro. Magari allo sport oppure ad altre attività ritenute più importanti. Tanto le emozioni le proviamo tutti, quindi perché spiegarle ad un bambino? È normale averle ed è normale capirle al momento giusto.
No, non funziona proprio così. Provate a pensare di essere piccoli, di avere, non so, 2 anni e trovarvi magari all’asilo, dove la mamma non c’è. Vorreste tanto giocare con l’orsacchiotto di peluche, ma ci sta già giocando un altro bambino. Però voi lo volete tanto, tanto, forse anche più di quel bambino, lui ci stava già giocando prima quindi adesso tocca a voi. Pensate a quello che le emozioni suscitano dentro di voi. Le sensazioni interne che provate quando vi sale la gelosia, o la rabbia. Un adulto, che conosce queste emozioni, perché le ha già sperimentate, sa riconoscerle e dunque, prima di agirle, mette in atto una serie di strategie e competenze per mediare o pilotare l’emozione in modo da gestirla e non lasciarla esplodere. Un bambino non lo sa. Un bambino prova le stesse cose ma non conosce alcuna strategia per dosare la forza dell’emozione. È l’emozione a guidare l’azione e forse il bambino potrà addirittura essere spaventato dalle sue stesse azioni.
Riuscire a spiegare ai bambini cosa sono le emozioni e dare un nome a ciascuna di esse è fondamentale, perché ciò di cui non sappiamo nulla ci spaventa, ci terrorizza e, in preda alla paura ci fa agire in modo sconclusionato o impulsivo, facendo cose che potrebbero ritorcersi contro di noi. Riconoscerle è il primo passo per rendere le emozioni meno spaventose, ed una volta imparato ciò il bambino sarà in grado di dire “Sono arrabbiato”, “sono triste”, “sono geloso”, “sono felice”. Il secondo step è sapere come gestire l’emozione che si prova. Dare un nome a ciò che ci spaventa  fa sì che la nostra paura diminuisca, perché provare delle sensazioni senza sapere cosa siano, sensazioni che ci portano ad agire, può mandarci in panico. Sapere che quella specifica sensazione ha un nome, le dà un contesto, e se ha un nome qualcuno prima di noi ci deve essere già passato e deve avere già superato questa cosa. Qualcuno sa cosa è dunque ora posso chiamarla con il suo nome e cercare di capire, possibilmente con l’aiuto di un adulto, come fare fronte a tutto ciò.
È inevitabile per me pensare a quanto sia triste che l’educazione emotiva sia stata trascurata e lasciata da parte negli ultimi anni, perché i bambini che sanno gestire le frustrazioni e che sanno gestire i “no” saranno adulti maturi con le competenze e le capacità necessarie a fronteggiare le delusioni della vita, fino ad uscirne rafforzati e arricchiti. Un bambino che non sa gestire un “no”, che adulto diventerà? Io un’idea personale ce l’ho, e la si vede spesso in giro, sui giornali o in tv, quindi invito tutti a riflettere su questo. IO so riconoscere le emozioni che provo? E le so anche gestire? E i miei figli?

Consiglio questo libro a tutti, senza distinzione di età, anzi, lo consiglio soprattutto ai genitori, ai nonni e agli zii.
-Pearl



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