venerdì 10 marzo 2017

Letteratura internazionale - Capitolo 14



Il titolo del libro di cui oggi vi parlo potrebbe trarre in inganno, perché “Il paradiso degli orchi” sembra rimandare al genere fantasy o all’horror. In realtà basta pensare all’autore di questo romanzo per chiarirsi un po’ le idee. Forse. Daniel Pennac è, se qualcuno di voi ancora non lo conoscesse, uno scrittore francese di 72 anni. Se non ne avete mai sentito parlare vi consiglio di informarvi su di lui, perché sembra essere una delle
prove viventi del fatto che l’etichetta che gli altri ci danno e ci affibbiano non conta nulla e non ci deve limitare in alcun modo. L’autore è sempre andato male a scuola a causa della dislessia ed oggi è laureato in lettere, è scrittore ed insegnante e riceve la Laurea ad Honorem in Pedagogia.
“Il paradiso degli orchi” è il primo di una serie di romanzi sul protagonista, Benjamin Malaussène, pubblicato nel 1985. La storia narra di questo sfortunato personaggio che ha un lavoro particolare: fa il capro espiatorio presso dei grandi magazzini. Cosa significa? Lui sa piangere a comando e quando la clientela presenta dei reclami, il suo superiore lo fa chiamare e lo tratta in maniera pessima davanti ai clienti, minacciando di licenziarlo, quelli si commuovono davanti alle sue lacrime e al suo sguardo contrito e ritirano il reclamo. Per il protagonista è pesante e frustrante lavorare così, ma ha a casa una famiglia un po’ disastrata, se così si può dire: la madre ha avuto  6 figli, lui compreso, con diversi uomini e ogni volta torna a casa dopo un periodo passato lontano, incinta e abbandonata dall’ennesimo uomo di passaggio. Essendo lui il figlio maggiore sente ed ha effettivamente la responsabilità di tutti quanti. Questo è il motivo per cui ancora non ha lasciato il suo lavoro. In tutta questa situazione si inserisce un elemento che non mi sarei mai aspettata: ai grandi magazzini cominciano a scoppiare delle bombe, che vanno ad uccidere, fortunatamente, poche persone.  Il protagonista comincerà ad indagare, insieme all’amico Theo e ai fratelli (anche se solo ipoteticamente parlando, la sera quando tornato dal lavoro racconta loro gli avvenimenti sotto forma di fiaba, dato che sono solo bambini).
Non mi aspettavo questa svolta investigativa all’interno del romanzo, avevo già letto “Signori bambini” di Pennac, e l’avevo trovato particolare. Non ci sono grandi descrizioni ma molte situazioni bizzarre e i personaggi risultano un po’ fiabeschi, sembrano infatti possedere delle caratteristiche che sarebbero di difficile comprensione nel mondo reale. O nel mondo che si crede essere reale. Non sono sicuramente i personaggi eroici in cui tanto ci piace immedesimarci, ma risultano per lo più divertenti e affascinanti.
Lo stile di scrittura di Pennac è molto sintetico, con degli elementi di sorpresa buttati qua e là per mantenere alta l’attenzione. Inizialmente non mi aveva affascinato, anzi, durante la lettura dei primi capitoli mi ero un po’ pentita di averlo iniziato, ma poi la situazione è migliorata. Sarà perché è emersa la fase delle bombe che mi ha coinvolto maggiormente.
È un romanzo breve, circa 200 pagine e si legge rapidamente. In realtà non ho molto da dire al riguardo, mi è piaciuto e lo consiglio sicuramente in quanto particolare e divertente, divertente non perché faccia proprio ridere ma per le situazioni bizzarre dei suoi romanzi, che rendono tutto talmente surreale da strapparti un sorriso. È diverso dai romanzi umoristici o francamente divertenti, come per me lo sono quelli di Sir Terry Pratchett, ma sicuramente Pennac riuscirà a farvi sorridere. Per la particolarità dei personaggi, o per la stramberia delle situazioni, per il modo in cui tutto va a rotoli quando si pensava di avere il totale controllo.
Quindi se siete indecisi, vi consiglio di buttarvi, sono solo 200 pagine e il ritmo del racconto è veramente scorrevole. Pollice in su per Daniel Pennac.

-Pearl

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