venerdì 24 marzo 2017

Letteratura italiana - Capitolo 3



Buona sera a tutti!
Oggi parliamo di letteratura italiana, quella parte di letteratura tipica del nostro bel paese, ma che spesso salto, tralascio, dimentico. Infatti non ho mai letto molto di  autori italiani nonostante li senta citare molto spesso, e devo ammettere che di solito ne sento parlare bene , se si sorvola su certi scrittori della domenica.
Parto però
con il botto, e dopo aver recensito “Quattro gatti” di un’autrice italiana, mi dedico ad uno dei più grandi scrittori italiani: Leonardo Sciascia. Ho letto “Il giorno della civetta”, uno delle sue opere più famose, edito nel 1961 da Einaudi. Risulta essere n giallo/poliziesco che si occupa di un omicidio, che poi ne scatenerà altri, in Sicilia. L’investigatore è un capitano del nord, Bellodi, che si trova a fare i conti con un delitto legato alla mafia. Si ispira ad un vero omicidio, avvenuto per mano di Cosa Nostra.
Sembrerà sciocco leggere questa domanda, ma quanti di voi conoscono o sanno cosa è la mafia? E quanti di voi sanno quanto è esteso il loro territorio di azione? La maggior parte degli italiani conosce la mafia solo perché ne ha sentito parlare al telegiornale o magari in qualche programma e pensa ancora oggi che sia un problema del sud, della Sicilia o di Napoli. Altri ancora credono che la mafia sia ormai sconfitta e che non esista più. E vi posso assicurare che all’estero sono veramente pochi quelli che sanno che la mafia esiste veramente: per loro è o potrebbe anche essere un invenzione fatta ad hoc per il cinema. La realtà è ben diversa, come confermano diverse analisi e ricerche, non solo quelle dell’antimafia ma anche quelle di coraggiosi studiosi che si interessano all’argomento (vedi per esempio i lavori di LoVerso e Giorgi, psicologi che studiano la mafia da questo punto di vista, o i lavori di Nicaso, giornalista che vive e lavora in Canada).
Sciascia era siciliano e quindi poteva vedere e sapere molto più di quello che si sapeva per esempio al nord; e infatti il suo racconto e le sue descrizioni esprimono in modo semplice ma molto evocativo e chiaro la realtà della mafia, quello che la mafia fa, quello che la mafia è. Mi permetto di citarvi una parte del suo romanzo che mi è sembrata molto efficace da questo punto di vista:
“E ciò discendeva dal fatto, pensava il capitano, che la famiglia è l’unico istituto veramente vivo nella coscienza del siciliano, ma vivo più come drammatico nodo contrattuale, giuridico, che come aggregato naturale e sentimentale. La famiglia è lo Stato siciliano. Lo Stato, quello che per noi è lo Stato, è fuori: entità di fatto realizzata dalla forza e impone le tasse, il servizio militare, la guerra, il carabiniere. Dentro quell'istituto che è la famiglia, il siciliano varca il confine della propria naturale e tragica solitudine e si adatta, in una sofisticata contrattualità di rapporti, alla convivenza. Sarebbe troppo chiedergli di valicare il confine tra la famiglia e lo Stato. Magai si infiammerà all’idea dello Stato o salirà a dirigerne il governo: ma la forma precisa e definitiva del suo diritto e del suo dovere sarà la famiglia, che consente più breve il passo verso la vittoriosa solitudine.”
Quello che emerge e che viene narrato rispecchia un po’ la realtà dei fatti, sicuramente di allora, ma in parte anche di oggi. Non si parla di mafia, c’è l’omertà, quella che viaggia a braccetto e di pari passo con la mafia e che ne garantisce il successo ed il dilagarsi della stessa. Tutto è descritto in maniera molto precisa e, ripeto, semplice, comprensibile a tutti.
Con una nota allegata all’edizione Einaudi nel 1972 l’autore specificò l’obiettivo di questa opera: era un modo per sbattere la realtà in faccia a chi al governo, nel 1960 ancora negava l’esistenza dell’organizzazione criminale. Nessun libro allora parlava di mafia e dunque questo libro ha voluto essere la “notizia bomba”, in barba a chi sapeva e ha sempre negato. Ancora oggi in realtà c’è chi nega l’esistenza o, la maggior parte, dichiara che non esiste più, che è un fenomeno passato e sconfitto.
È un libro breve, di un centinaio di pagine circa e lo consiglio molto, soprattutto a quelle persone che la mafia non sanno nemmeno cos’è, che non sanno che si trova anche fuori dalla loro porta di casa e che mantengono nella mente lo stereotipo del mafioso vecchio stampo, ma il mafioso non è più quella persona ben vestita, con la coppola e i gioielli. La mafia si adatta ai tempi che corrono e si trasforma, portando con sé il cambiamento dell’ambiente stesso in cui si va ad insediare. Per questo la si trova un po’ ovunque nel mondo e se noi italiani siamo avvantaggiati perché è nata qui e dunque abbiamo una più lunga storia e una maggiore consapevolezza (sempre troppo poca, comunque), all’estero spesso non sanno nemmeno di averla e quando della mafia tutti rispondono “Ah sì, il film de ‘Il padrino’!”.
Piaciuto: sì. Consigliato: sì.
Serve altro per convincervi a cominciare a leggere??

-Pearl

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