venerdì 14 luglio 2017

Thriller - Capitolo 7



Buongiorno.
Oggi recensione breve, come avrete capito dal titolo del post, dato che andremo a parlare di un thriller. Inoltre sto davvero ragionando sul termine  “recensione”, perché secondo la Treccani fa riferimento ad un “Esame critico, in forma di articolo più o meno esteso, di un’opera di recente pubblicazione”, ed effettivamente è quello che faccio, però trovo che anche il termine
“opinione” calzi bene. Dunque non saprei.
Scusate la divagazione.
Oggi torna Wulf Dorn con il libro “Il mio cuore cattivo” che narra la storia di una ragazza, Dorothea, che vive con un fantasma: quello del fratellino che ha trovato esanime e ormai morto da ore una mattina. La sera precedente era stata lei a fare da baby sitter e non ricorda cosa sia successo. A seguito di ciò si presentano delle allucinazioni che la portano ad essere ricoverata in un reparto psichiatrico. La narrazione però inizia successivamente, quando lei ormai ripresa si trasferisce con la madre in una nuova città e trova un ragazzo nel capanno che le chiede aiuto. Questo ragazzo però risulterebbe essere morto suicida pochi giorni prima.
A questo punto si riapre la preoccupazione sua e della madre, la paura che le allucinazioni siano tornate e tutto ciò che ne consegue.
Dal punto di vista dello stile non ho nulla da aggiungere alle recensioni precedenti legate a questo autore salvo forse il fatto che ci vuole un tempo maggiore prima che si cominci veramente a sentire la suspense.  Quindi sotto questo aspetto mi ha preso un po’ di meno rispetto agli altri suoi romanzi letti fino ad ora.
La storia è comunque molto interessante ma si differenzia dalle altre perché non è ambientata nell’ospedale psichiatrico di Fahlenberg, la città da lui inventata ed in cui si sono già svolti “La psichiatra”, “Il superstite” e “Follia profonda”. C’è comunque un collegamento, perché l’ospedale psichiatrico in cui la protagonista è stata in passato è proprio quello, ed il suo psichiatra era proprio il dottor Jan Forstner, protagonista già de “Il superstite” e di “Follia profonda”.
Al di là di ciò rimane sempre un thriller, o come viene definito a volte, psico-thriller.
Uno degli aspetti che ho apprezzato di più è il tema di fondo: l’avere una parte di noi che definiremmo “cattiva” perché per la società non risulterebbe accettabile. Quella parte di noi che si lascia andare alle emozioni e si lascia pilotare, senza mettere limiti razionali al comportamento. E certamente sapere che ognuno di noi ne ha una e che è solo lì nascosta fa paura; per questo si nega la sua esistenza anche se riconoscerla potrebbe essere il punto di partenza per evitare che emerga.
D’altronde io credo fermamente nel fatto che noi siamo i nostri peggiori nemici, perché per paura ci poniamo dei limiti, evitiamo di fare cose o conoscere gente perché pensiamo che sarebbe pericoloso o per imbarazzo (sono solo esempi per rendere l’idea) e ci si bruciano delle occasioni. C’è da sottolineare che i limiti servono, anzi sono fondamentali ma non bisogna mai esagerare, né da un lato né dall’altro. La nostra mente interpreta ciò che avviene nel mondo esterno, e quello che noi capiamo o pensiamo di capire è già il frutto di una prima elaborazione che, anche se spesso può risultare esatta, non lo è sempre.
È dunque importante prestare attenzione ad ogni parte che compone il nostro essere, anche e soprattutto quelle che ci fanno paura.
Nonostante tutte queste note positive, la critica che posso muovere è relativa, non alla trama, non allo stile, però è un libro che mi ha preso meno degli altri in quanto a suspense e colpi di scena. Non so se ciò sia relativo a questo libro in particolare o se sono io che mi sto abituando allo stile dell’autore. Lo scopriremo con il suo prossimo thriller!
Con questo non posso far altro che concludere questa recensione suggerendovi questo romanzo e sollevare i pollici: Dorn non si smentisce, almeno per il momento.

 -Pearl

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