lunedì 4 settembre 2017

Letteratura internazionale - Capitolo 17


Buona sera, lettori!
Finalmente ce l’ho fatta! Finalmente ho finito “Il seggio vacante”. Ebbene si! È stata dura, ma ne è valsa la pena e ammettiamolo: mi mancava zia Jo. Anche se, a dire la verità, “il seggio vacante” è una storia talmente diversa (nel genere) da “Harry Potter” che risulta molto

difficile fare delle associazioni o intravedere qualcosa di simile. Niente di grave, la qualità è comunque assicurata e in ogni caso non ce ne frega niente delle similitudini. Anzi, vi dirò di più: in quanto a tematiche e atmosfera mi sembrava di trovarmi di fronte a un altro “Broken”, un cugino neanche troppo lontano di Daniel Clay. Infatti sono proprio le stesse cose che entrambi questi libri denunciano: l’ignoranza, la diffidenza, la chiusura, il pregiudizio, il chiacchiericcio di un piccolo paesino di provincia dalle mille orecchie e dai mille occhi, ma soprattutto dalle mille dita accusatrici, pronte a puntare sul primo malcapitato di turno. Pagford è così: un piccolo paesino apparentemente tranquillo e perfetto, fermamente deciso a mantenere la sua patina di falsità e status quo. E tuttavia oscurato dall’ingombrante ombra dei Fields, il quartiere di case popolari la cui giurisdizione è cascata nelle mani dei pagfordiani, la maggior parte dei quali del tutto intenzionata a levarsi di dosso questo inghippo. I Fields non piacciono. È da secoli che Pagfrod cerca in tutti i modi di disconoscere quella zona povera, degradata e sicuramente piena di delinquenti; sicuramente non all’altezza della più borghese Pagford. Eppure ancora non ci sono riusciti e ancora qualcuno si batte per difenderla. Il primo e più capace difensore della causa è Barry Fairbrother che col suo ottimismo, l’arte della dialettica e la sua natura innata di leader riesce sempre a tenere botta e a trovare un argomento a sostegno del suo quartiere d’origine, i Fields appunto. Barry Fairbrother è un’utopia personificata e come tale, ovviamente, ha vita breve in questo mondo. L’uomo, infatti, viene colpito da un malore e muore nelle prime pagine della storia. Il seggio vacante è proprio il suo; un seggio che per carisma e forza non sarà di certo sostituibile da altri e proprio per questo, la linea progressista dell’amministrazione locale diventa improvvisamente il lato più debole del consiglio.
C’è davvero molto di ciò che ho trovato in “Broken”, a costo di ripetermi e risultare noiosa. C’è la stessa atmosfera, lo stesso andamento cupo, di quella cupezza celata sotto strati di perbenismo luminoso e accecante. È un modo di raccontare che trovo molto inglese e che, in qualche misura, posso avvicinare a prodotti su pellicola come “Skins”, “Misfits”, o “Shameless” e visto che a me piace rischiare e gonfiarmi il petto, cito anche “Peaky Blinders” per la psicologia criminale analizzata e “Trainspotting” per tutto quello che ho già detto e molto di più. Ho reso l’idea dell’atmosfera?
Di nuovo, sia in “Broken” che ne “Il seggio vacante” nessun personaggio è puro, privo di falsità e onesto al cento per cento, ma anzi: di ciascuno, prima o poi, viene a galla l’ipocrisia. La maschera pirandelliana si rivela, talvolta in modo plateale, talvolta sottilmente e tra le righe, ma tutti ne hanno una. Tutti, tranne i bambini, quelli cioè che poi si riveleranno le vittime delle dinamiche sociali dei grandi; in uno spazio in cui si muovono adulti bugiardi e pieni di sé e dove la loro innocenza trova la morte. Gli adolescenti sono già spacciati, come “Il seggio vacante” dimostra. Già capiscono i meccanismi crudeli e pur criticandoli su genitori e insegnanti, non si fanno scrupoli a usarli perché, sembrano voler dire queste storie, se non lo facessero soccomberebbero.
Grande approvazione, quindi, per questo romanzo e per ciò che vuole comunicare. Chissà, potrei anche decidere di guardare la serie tv che ne è stata tratta.
I personaggi sono caratterizzati in modo eccellente e non potevo aspettarmi diversamente dalla Rowling. Vi dico solo che ho intravisto una sfumatura di Umbridge, da qualche parte. Anche i personaggi più negativi sono resi benissimo e irritano dalla prima all’ultima pagina, anche se, come ogni storia ben scritta, c’è sempre una spiegazione del tutto umana ai loro comportamenti. In particolare, ho trovato insopportabili i personaggi di: Gavin, lo scapolo incallito ma innamorato, che non ha il coraggio di rompere il suo legame sentimentale per tentarne un altro e preferisce che le cose si sfaldino da sole, in un silenzio pesante e totalmente menefreghista dei sentimenti altrui; Sherley, la “regina” di Pagford e Ciccio, l’adolescente intelligente e maligno. Giuro che li volevo bruciare vivi e di solito considero questo come un dato positivo della capacità dello scrittore di caratterizzare al meglio le figure di cui parla, per dar loro spessore e sostanza.
Finale triste e amaro, senza possibilità di redenzione, anche se ognuno avrà ciò che si merita e anche il lettore ha la possibilità di raccogliere facilmente più di un significato.
Consiglio questo libro, ovviamente, a tutti e come avevo già scritto per “Broken”, agli amanti del thriller e della psicologia, anche se “Il seggio vacante” non si può considerare né un romanzo thriller, né un romanzo psicologico.
Detto questo, io vi auguro buona serata e buon inizio settimana! Alla prossima!


-Liù

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