mercoledì 23 ottobre 2019

Mai giudicare un libro dal suo film... e viceversa! - Frankenstein


ATTENZIONE!
Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto alla pari tra due canali comunicativi differenti.

Un buongiorno terrificantemente horror a voi, miei cari amici dell’occulto!
Io vi avverto:  le pubblicazioni rimasteci per il mese di Ottobre e quelle slittanti a inizio Novembre saranno, come ci sembra naturale che sia, ad alto contenuto halloweenesco.
Ma state tranquilli: salvo Zucca ed il suo approccio al prossimo, non facciamo paura a nessuno.
Ormai lo sapete, questo è uno dei nostri periodi dell’anno preferiti e ci piace celebrarlo a nostro modo, cioè parlando e sparlando di libri, film, storie da raccontare, chi più ne ha ne metta!
Voi avete qualche libro o qualche film che vi piace guardare solamente in uno specifico momento dell’anno? E quali sono quelli che tradizionalmente guardate a cavallo tra Ottobre e Novembre? Sono libri e film che avete conosciuto da poco, o che vi accompagnano da quando eravate bambini?
Molti film della mia infanzia rimandano proprio a questo periodo dell’anno, primo fra tutti “Hocus Pocus”, considerato un vero e proprio cult da quelli della mia generazione. Del resto come poteva non essere altrimenti, dato il mio interesse ossessivo compulsivo verso le streghe e qualsiasi cosa vi abbia a che fare?
Il mio approccio con Frankenstein, invece, risale ad epoche pressoché recenti. Per quanto riguarda il film anche meno, visto che ho guardato “Frankenstein di Mary Shelley” (1994) appena l’altro ieri.
La conoscenza più solida e duratura che ho fatto con la terrificante creatura di questo romanzo è senza dubbio, rullo di tamburi e squilli di trombe, “Frankenstein junior”. Dite quello che volete, amici, ma io plaudirò sempre Mel Brooks per questo suo capolavoro. Detto ciò, però, capite bene che una produzione del genere non risulta molto funzionale per fare un confronto tra storia libresca e storia cinematografica. Fermo restando che questa è la mia rappresentazione preferita.
Ebbene sì, lo ammetto! Non amo trascorrere il periodo di Halloween con film veramente horror, per i quali non ho mai avuto grande interesse. Preferisco piuttosto dedicarmi a storie misteriose, ad alto contenuto magico o ambientazione gotica e dark. Il che mi fa prediligere pellicole come quelle di Tim Burton, o se esiste una categoria simile, di “soft-horror”. Passatemi il termine, perché lo trovo veramente azzeccatissimo per la storia più famosa di Mary Shelly.
Sul libro non mi soffermerò a lungo, poiché avrò modo di ampliare il discorso questo venerdì, ma parlando del film del ’94 diretto Kenneth Branagh, qualcosa da dire ce l’ho.
Il film, per la maggior parte del tempo, resta saldamente ancorato al romanzo. Fedelissimo su quasi ogni episodio se non per quelli trascurabili e per il finale leggermente cambiato, ma che ci porta alla stessa conclusione del libro.
Quando si mette in scena un grande classico sembra naturale approcciarsi ad esso in punta di piedi ed impostare le scene ed il loro susseguirsi stando attenti a non cambiare quelle cose care al pubblico, che l’audience si aspetta di vedere e che addirittura pretende.
A questo proposito, un ruolo controverso si può attribuire ai tanto famosi fulmini. Nell’immaginario collettivo, la creatura senza nome protagonista della storia è riportata in vita attraverso i fulmini di un temporale molto forte, o comunque attraverso l’elettricità. È solo dopo aver letto il romanzo che mi sono resa conto di quanto, questo elemento, fosse stato insinuato nell’opinione comune dall’industria cinematografica prima che dal libro stesso. In quest’ultimo si accenna appena ai fulmini e all’interesse che il dottor Frankenstein ne aveva per i suoi scopi scientifici. L’arte cinematografica invece, che probabilmente nutriva grande interesse per questo minuscolo particolare reperito da mezza riga del romanzo, ha trovato nell’elettricità l’elemento primario per creare scene dal grande effetto, spettacolarizzando la creazione e la nascita del famoso mostro, centro nevralgico di tutta la storia. Nello specifico, Branagh non manca di usare l’elemento elettricità, ma lo fa a suo modo e con il risultato di personalizzare la storia attraverso il suo stile, pur restando fedele alle origini.
Che poi, i veri mostri, si scoprono essere gli altri invece che lui: un essere umano che non ha avuto diritto nemmeno al nome, ma che resta umano in ogni parte del suo carattere, anche in quella più brutale.
Le caratteristiche di ciascun personaggio sono ben riportate nel film, che crea le giuste atmosfere e rispecchia appieno ciò che credo fosse nelle intenzioni di Mary Shelly.
In conclusione, questo è uno di quei casi in cui il film supera, amplia e migliora il romanzo, trasformando in drammaticità e pathos tutto quel romanticismo talvolta stucchevole che potremmo percepire fra le pagine.
La scelta di inserire un episodio finale sulla compianta Elisabeth e sul suo ritorno alla vita, cosa che il romanzo non si sognava neanche di inserire, è perfettamente azzeccato; un momento forte e triste che Helena Bonham  Carter, con la sua interpretazione, calibra al millimetro.
Resta pur sempre una questione di gusti, ma trovo che il film abbia saputo mantenere il registro di alti e bassi più o meno drammatici e che sia riuscito ad ampliarne il potenziale.
La creatura portata in vita da Frankenstein mantiene sullo schermo tutta la sua sofferenza nell’incapacità di essere compresa dagli altri esseri umani e il dolore trasformato in odio da questa incapacità è mostrato molto bene sia dall’attore (De Niro) che dagli effetti scenografici. Il cuore strappato dal petto della giovane sposa di Frankenstein rende bene l’idea.
A proposito degli effetti, è giusto dire che vengono utilizzate tecniche cinematografiche considerate, ad oggi, ormai vecchiotte, ma che più di vent’anni fa erano sicuramente all’avanguardia e che adesso contribuiscono al grottesco. Considerando la trama, non stona per niente.
Voi cosa ne pensate? Avete visto questo film? E il libro? Siete d’accordo?
Io comunque resto dell’idea che la versione migliore è quella di Mel Brooks.
Buon proseguimento di settimana, miei spaventosi amici! E alla prossima!
-Liù



Nessun commento:

Posta un commento