venerdì 28 febbraio 2020

Se sei (non) frequentante


Buongiorno amici lettori!
In questo clima da XVII secolo sarebbe bello parlare di Manzoni, de “I promessi sposi” e dell’atmosfera in cui si muoveva tutta la Lombardia sotto la minaccia della peste. Ma a dirla tutta anche no. Basta con tutti questi “pipponi” ignoranti sul raffreddore più potente del west e cerchiamo di concentrarci su qualcosa che invece conosciamo meglio, ci piace di più e ci rende anche persone migliori, ovvero il mondo della letteratura.
O, nel caso di oggi, il mondo universitario. Che per quanto mi riguarda ha tanto a che fare con la letteratura, visto che questa è la mia facoltà, oltre che il mio vero e proprio habitat naturale.
Vi avevo detto che mi avrebbe fatto piacere parlare di alcune cose circa il mondo dell’Università in Italia e dal mio punto di vista. Per il momento, il mio giudizio si rifarà maggiormente all’ultimo percorso universitario che sto intraprendendo e non alla mia triennale, conseguita presso l’Università cattolica di Brescia. Questo perché quegli anni sono stati turbolenti e confusi e per il momento preferirei parlare di un ambiente universitario pubblico, dove tutti noi speriamo esistano gli strumenti necessari per formare un domani competente, competitivo e all’avanguardia.

La prima sessione d’esami del primo anno di corso magistrale è passata. L’Università di Bergamo concede lo straordinario vantaggio di una micro-sessione primaverile tra Marzo e Aprile, per la quale non posso adagiarmi troppo sugli allori dopo gli appelli invernali, ma che allo stesso tempo mi permette di smaltire un po’ d’esami in eccesso. Sarei altrimenti costretta a trascinarmeli senza sosta ancora per molto tempo. Considero questo un grande vantaggio, che promuovo e plaudo e che da modo agli studenti lavoratori, come me, o agli studenti che più semplicemente vogliono organizzarsi secondo le loro personali esigenze, di re-distribuire il lavoro come meglio credono, senza attenersi rigidamente alla via maestra.
A proposito di questo, è ovvio che parlerò dal punto di vista di una studentessa non frequentante e lavoratrice, quale sono. Non potrò esprimermi sulle lezioni, ma l’Università è anche mia, essere all’Università significa anche questo e anche noi non frequentanti ne facciamo parte. Questo ci tengo a precisarlo, perché sembra un po’ essere la nota dolente di ogni Università.
Pubblica o privata, da nord a sud, emerge quasi sempre l’idea, confermata dai fatti, che il mondo universitario, in Italia, resta un mondo chiuso, profondamente ripiegato su sé stesso, dove chi è iscritto da non frequentante non raggiunge tutti i vantaggi e le opportunità alle quali solitamente si ha accesso.
Se frequenti, hai un libro in meno da studiare. Se frequenti, conosci la gente giusta che ti apre le porte del mondo del lavoro. Se frequenti, hai tempo. Se frequenti, il professore non ti trattiene per due ore all’esame. Se frequenti, girano le domande con le risposte già pronte. Se frequenti, la vita è più facile e per tutti sembra che sia giusto così. Come se tu, invece di frequentare le lezioni, te ne stessi sul divano in panciolle a guardare la D’Urso. Per carità, esisteranno anche i fan della Barbarona
nazionale, ne sono certa, ma nella grandissima maggioranza dei casi, posso assicurarvelo, le persone che non frequentano, sono lavoratori che si svegliano la mattina per pagarsi gli studi di un’Università che molto spesso li snobba.
Non stiamo parlando della semplice logica per cui se ti fai il mazzo, se vieni a lezione, allora le facilitazioni te le meriti. E di conseguenza, se non vieni a lezione, devi per forza compensare con più studio a casa. Stiamo parlando di istituzioni che di regola non hanno l’obbligo di frequenza, ma per le quali si fa uscire dal cappello magico qualsiasi gioco di prestigio per penalizzare chi, insieme allo studio, lavora anche. È un gioco facile, considerato normale e tanto più facile quanto più lo si considera la normalità. Per cui, alla fine della fiera, si giunge sempre alla triste conclusione che no, l’Università non è per tutti. L’Università è per una élite che può permettersi di studiare senza lavorare.
Per questo motivo sono stata piacevolmente sorpresa nel constatare che molti dei miei professori, anzi direi proprio la maggioranza di essi, non chiedessero del lavoro aggiuntivo o un programma differenziato. Ho benedetto la decisione come sacrosanta, equa, giusta e in via definitiva la considero come un altro enorme punto a favore dell’Università di Bergamo, insieme all’inserimento della micro-sessione primaverile sopracitata.
Ribadisco che io sto vivendo questo periodo di studio in modo molto diverso dai precedenti che ho vissuto. Ed è forse questo che mi fa apparire tutto più roseo; questa maturità che, vuoi o non vuoi, mi sta dominando più che in passato. Certo a Bergamo non è tutto così e alcune differenze, come in qualsiasi ambiente, ci sono. Eppure alcuni evidenti fatti, alcuni atti di gentilezza, alcune piccole ma fondamentali cose non posso fare a meno di notarle.
Tanto per cominciare ho dei compagni di corso che aiutano, consigliano, condividono e appena possono danno una mano senza riserve. Anche qui, ribadisco, le eccezioni ci sono, ma a dispetto di esse ho trovato tantissima collaborazione. Forse sono stata semplicemente fortunata, non mi aspetto che ogni facoltà e ogni gruppo di studenti per anno scolastico rispecchi il mio, ma è innegabile che benessere emotivo ed equilibrio mentale dipendono molto da chi ti sta intorno. E il mio “entourage” merita.
In conclusione credo proprio di poter affermare che, tra gli studenti non frequentanti italiani, io sono in una posizione privilegiata, migliore rispetto a molti altri. In generale non lo trovo giusto e nello specifico sono contenta della decisione che ho preso sul mio percorso di studi.

Voi vi siete mai trovati a ricoprire le vesti di studenti lavoratori? Condividete ciò che penso, o avete altre esperienze che smentiscono? Fatevi sotto! Apriamo questo mondo universitario, troppo spesso chiuso e impenetrabile e cominciamo a metterlo in discussione.
Nel frattempo, vi auguro un felice week end di ridicola quarantena e tantissime nuove letture!
Alla prossima, amici!
-Liù

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