venerdì 17 luglio 2020

Lavoro sulla scuola e didattica a distanza. Dove sono finiti i Pro?



Ben ritrovati, cari amici lettori!
Ancora per un’altra settimana volevo parlarvi di DAD, ossia di Didattica A Distanza. Beh, di quella e di libri, ovviamente. Si, ancora. Poiché negli ultimi quattro mesi mi sembra di non aver fatto altro, ecco che ricomincio la solfa, ragazzi, ma non temete perché con il nostro blog c’entra parecchio anche questa volta.
Ho già accennato al rapporto avuto per quanto riguarda l’Università (la mia sessione d’esami estiva si concluderà oggi, incrociate le dita per me), ma non ho ancora parlato di quanto la DAD abbia fatto parte anche del mio mondo lavorativo e quindi eccoci qui.
Lavorando nelle scuole si, mi è capitato anche questo e di dover affrontare connessioni traballanti, dispositivi dell’anteguerra e difficoltà comunicative virtuali con coloro coi quali solitamente mi rapporto vis a vis: bambini e ragazzi.
Inutile asserire quanto questo esperimento si sia rivelato disastroso e fallimentare, soprattutto per noi operatori per l’integrazione, che non solo siamo entrati in cassa integrazione da subito, ma siamo stati destinati a raccogliere le briciole di un progetto educativo messo in piedi alla bell’ e meglio per tappare buchi che era impossibile tappare.
Come giustamente ha affermato anche Elio, questo lock down, mostruosamente necessario, ha lasciato le categorie più fragili abbandonate a sé stesse: i minori disabili. E la scuola, così come il personale preposto, ha cercato di rispondere, riuscendoci in misure disomogenee sul territorio, creando forse più danni che altro.
Tutto ciò per dirvi che nemmeno un’infinitesima parte del mio agire professionale, in questi mesi, mi ha lasciata soddisfatta. Non sento di aver avuto a mia disposizione nessun tipo di mezzo, misura o possibilità per poter fare bene il mio lavoro. La trovo una mancanza grave da parte delle istituzioni e degli enti preposti e non mi stancherò mai di ribadire questo concetto, perché per quanto mi riguarda è semplicemente aberrante anche solo pensare alle condizioni in cui abbiamo versato e che soprattutto hanno versato i nostri utenti con disabilità.
Detto ciò, ecco come il mio lavoro ha coinciso in larga misura con la mia passione libraria.
Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia ho contribuito ad un progetto rivolto alla favola di Pinocchio, per il quale, assieme alle maestre di sezione e all’insegnante di sostegno, ho raccontato la famosa storia di Collodi attraverso dei video posti sulla piattaforma comunale atta alle scuole dell’infanzia.
Parlando di me in particolare, la mia parte del racconto non è stata verbale ma svolta attraverso dei disegni fatti a mano, che si alternavano a dei passaggi letti dagli insegnanti.
Potrà sembrare banale, ma una cosa importante che ho imparato lavorando a contatto con bambini in età pre-scolare è che per loro non ha minimamente importanza il fatto che debbano ancora imparare a leggere. In questo caso non è necessario saper leggere per appassionarsi alla lettura e questo perché l’arte del raccontare va ben oltre il segno grafico, diffondendosi a chiunque sia disposto ad aprirsi alla creatività. Mi pare ovvio che io non mi stia riferendo a nessun adulto burocrata, dal momento che tali video sulla storia di Pinocchio sono stati perentoriamente tolti dalla piattaforma on-line per il rispetto del diritto d’autore.
La sentite anche voi? La sentite anche voi la presa per i fondelli che sta arrivando?
Ancora non mi capacito di come possa essere stato possibile che un libro considerato a tutti gli effetti – e sottolineo a tutti gli effetti – letteratura italiana, possa essere abolito da una piattaforma pubblica che aveva il solo scopo educativo di trasmetterlo a dei bambini dell’asilo.
Aggiungiamoci il fatto, poi, che nessun libro in questione veniva reso visibile nei video incriminati, bensì era presente solamente la maestra che leggeva qualche passo, spesso rielaborando il testo a suo modo così da renderlo più teatrale per i fruitori, mentre le sue immagini venivano alternate da disegni che noi stessi avevamo realizzato ed ecco: avrete una vaga idea di quanto può esserci sembrato assurdo questo provvedimento.
Si può essere più inetti, più beceri di così? Qui non si sta contestando il diritto d’autore in sé e per sé come concetto, ma la capacità di esercitarlo con cognizione di causa, cosa che nel suddetto caso è completamente mancata, lasciando non poca amarezza non solo in noi che avevamo progettato i video, ma anche in chi, quei video, aspettava di riceverli con gioia.
Per quanto riguarda le scuole medie è stata tutta un’altra storia… Ma disastrosa anche in questo caso.
Tanto per cominciare io, in quanto operatrice per l’integrazione, quindi in quanto membro esterno alla scuola poiché dipendente di una cooperativa, non potevo accedere alla piattaforma con le lezioni. Mi viene da ridere al solo pensarci. E rido per non piangere. Ma aspettate, che adesso arriva il meglio.
Io non potevo accedervi, ma allo stesso tempo venivo chiamata a fare un lavoro che dovesse essere caricato sulla suddetta piattaforma a disposizione del ragazzo disabile con cui ho lavorato per la prima parte dell’anno scolastico. Sembra davvero una barzelletta, detta così eppure è successo veramente.
Ed eccomi ritrovata ad ingegnarmi nel trovare un’attività che potesse essere efficace nelle poche ore mensili datemi a mia disposizione dall’alto di quel grande moto di generosità che si è rivelato essere il mio comune di residenza. Si, sono marcatamente ironica.
Io e l’insegnante di sostegno, quindi, cosa abbiamo fatto? Ebbene, dopo aver fotografato ogni pagina di ogni libro per bambini che siamo state in grado di recuperare (ho chiamato a raccolta qualsiasi parente o conoscente in grado di potermi aiutare) e abbiamo recuperato il programma WebLaunchRecorder on line, grazie al quale siamo riuscite a realizzare dei piccoli video con la nostra voce narrante fuori campo, che fotogramma per fotogramma inquadrava le pagine da noi immortalate seguendo la nostra voce. Questi video sono poi stati caricati sulla piattaforma (che per me era off limits) e sono arrivati al mio utente. Almeno è ciò che spero. Spero che in qualche modo gli siano arrivati.
Accanto a favole tradizionali e a libri commerciali come quelli della Disney o di Peppa pig (qui il diritto d’autore non importava a nessuno), abbiamo avuto l’occasione di registrare delle vere chicche della narrativa per bambini: “A caccia dell’orso”, un libro che in alcune sue parti va rigorosamente cantato e che con poche righe e tanta fantasia, fornisce un’esperienza straordinaria dell’avventura raccontata; “Dieci dita alle mani e dieci dita ai piedini”, le cui immagini semplici è chiare aiutano il bambino nella percezione fisica di sé stesso; il famoso “Bruco mai sazio”, che con i suoi colori sgargianti attira subito qualsiasi piccolo lettore”; “I colori delle emozioni”, di fondamentale aiuto per riconoscere il proprio sentire e  l’immancabile Lemony Snicket, di cui ho ampiamente parlato, che dovevo per forza chiamare in causa ad ogni costo come bene supremo dell’umanità.
Da un punto di vista professionale ed accademico, questi mesi sono stati letteralmente un inferno e fra mille difficoltà si sono aperte sempre più voragini, sempre più dubbi e soprattutto sempre più richieste di riforme scolastiche, ma soprattutto educative, che le istituzioni non possono semplicemente rifiutarsi di prendere in esame.
Non faccio neanche finta di nascondere il senso di frustrazione che provo per aver operato in simili condizioni e soprattutto consapevole che nessun aiuto, né sostegno sarebbe mai arrivato.
Spero vivamente che ci siano state delle realtà e delle esperienze più felici di questa, ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tutto questo possa rivelarsi in chiave positiva come il motore propulsore capace di giungere alla svolta radicale e che porti con sé il coraggio necessario per metterla in atto.
Detto questo vi saluto e vi auguro un buon fine settimana, cari lettori!
Alla prossima!
-Liù


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