sabato 5 dicembre 2020

Romanzo storico - Capitolo 1

 

Buona sera.
Noterete da subito, con mio grande piacere, che la Sonzogno e le sue copertine, mi hanno aiutata a collocare i libri di Winston Graham in una categoria più precisa e decisamente più adatta della semplice “Narrativa”.
In omaggio ai (non troppo) vecchi tempi, in cui vi raccontavo che non sapevo dove collocare questa storia, manterrò i primi due libri nella sezione già loro assegnata, lasciando che il terzo volume, “Jeremy Poldark”, apra effettivamente le file del genere, relativamente nuovo sul nostro blog.

Altra lettura leggera (e in ritardo), per questa settimana. Perché sarà anche vero che siamo nel secondo lock down, ma qui gli impegni aumentano peggio di prima e lo studio è sempre più intensivo. Di conseguenza, credetemi, l’unica cosa che voglio quando finalmente riesco a infilarmi nel letto la sera, è crogiolarmi in un guilty plesure semplice ed ugualmente stimolante nella sua semplicità.
È decisamente il caso di Graham, che si destreggia piuttosto bene tra momento drammatico ed episodio leggero, a mio avviso senza mai cadere nella banalità e in tanti di quegli stereotipi che contraddistinguono la maggior parte della lettura di evasione. Alcuni ci sono, eh. Ma vi posso assicurare che sono pochi e per nulla marcati.
Ovviamente bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare ed ammettere candidamente che questa è a tutti gli effetti una lettura di evasione, altroché.
“La saga dei Poldark” è soprattutto questo e meno male che esistono anche libri così, i quali dimostrano a chiare lettere che “leggero” non significa necessariamente “superficiale”.

“Certo, perché il pop è per deficienti” –cit.
(se già non l’avete fatto, dovreste proprio guardare “Scrivimi una canzone”)

Con “Jeremy Poldark” , Graham si trova ad un altro punto di transizione della sua storia. Per la precisione il secondo di fila, dopo “Demelza Poldark”, che trova un senso grazie solo ad alcuni episodi drammatici ivi narrati, ma che fatica a trovare la spinta per ergersi da solo, sulle sue sole gambe. Forse non è nemmeno stato questo il suo scopo. Con “Jeremy” la situazione migliora e non di poco.
So per certo che inizialmente fu una storia concepita su quattro volumi e per molto tempo è effettivamente stato così, finché l’autore, a distanza di un bel po’ di anni, decise di continuare dove si era fermato.
Che questa parte della storia si inserisca ancora nella sezione pensata all’origine, si vede eccome. Non è lenta e sembra tutt’altro che di passaggio. Graham ne sa parecchio di tempi narrativi e il ritmo lo gestisce molto bene di episodio in episodio; dal momento dell’azione a quello più statico, dominato dalla chiacchiera tra due o più personaggi.
Grande merito sulla fluidità del racconto, lo devo dare al mio personaggio preferito in assoluto, che qui fa la sua comparsa: Caroline Penvenen. Una ricca e giovane ereditiera che non ha nessuna intenzione di essere ingabbiata nel ruolo di moglie ben inserita nell’alta società britannica. E scusate se è poco, quando un personaggio simile viene scritto da un autore uomo nel 1950.
Caroline non è mai banale, ha uno spirito tendente all’indipendenza, la quale in lei non risulta assolutamente vuota o ripiegata su sé stessa, ma che al contrario si concretizza nelle sue scelte e nel suo ruolo all’interno della trama.
Caroline ha un’ironia pungente, che spesso la fa capitombolare in situazioni scomode. Non viene idealizzata, dimostra molti difetti e il coraggio per ammetterli. Senza dubbio il personaggio meglio caratterizzato fino ad ora.
Se è vero che la storia non accoglie particolari spunti di riflessione su tematiche serie o profonde (e comunque, al lettore un po’ sveglio,  qualcuna ne viene fuori), è anche vero che l’autore diventa molto bravo a disseminare le sfumature caratteriali e a rendere i personaggi vividi e concreti.
Plausibili e realistici, umani e peccatori, brontoloni e irosi, grati seppur pieni di tormenti. La Cornovaglia di Graham è piena di sfumature di cui è un piacere leggere. Lo stesso si può certamente dire delle ambientazioni, descritte a loro volta magistralmente.
Un esempio per spiegare quello che intendo sui personaggi, potrebbe essere fatto confrontando le due donne più importanti della storia: Demelza ed Elisabeth ed il loro essere madri completamente diverse tra loro. Quando penso a Demelza, anche nei momenti in cui è incinta, non me la immagino mai e dico mai con il pancione. Demelza non viene definita dalla sua condizione di madre e allo stesso tempo il suo esserlo a tutti gli effetti non ne rovina il personaggio. Al contrario, Elisabeth è decisamente definita nel suo ruolo di madre. Anche di moglie, in effetti, ma soprattutto di madre. È in questo che il suo personaggio trova senso. È in questo che il suo personaggio si esaurisce, quasi, senza avere null’altro tipo di scopo.
In un volume dove più che mai si può apprezzare Demelza, ecco che suo marito è quanto da lei ci sia di più distante. Mentre il resto dei personaggi, anche i più impensati, celebrano la signora Poldark, Ross non la comprende più, sembra non avere più interesse nei confronti di sua moglie, salvo rarissimi momenti, né tantomeno voglia di fare uno sforzo maggiore nella sua direzione.
Ross, oltre ad essere il protagonista, è forse il personaggio in cui possiamo vedere emergere qualche stereotipo. Cose piccole, non immediatamente lampanti, ma l’aria da eroe maledetto, ahimé, se la porta addosso tanto quanto la sua cicatrice, forse di più.
Ross è il maschio alfa e si, è quello più bidimensionale fra tutti, anche se non raggiunge mai delle vette intollerabili. Vi posso assicurare che parlo contro il mio interesse, perché è un personaggio che mio malgrado mi trovo ad apprezzare in ogni cellula.
Tuttavia il pensiero critico bisogna tirarlo fuori e se proprio dobbiamo fare un’analisi la facciamo bene. Graham, il suo protagonista, poteva migliorarlo.
Altra nota che ho apprezzato moltissimo è questa: ci sono dei brevi brani, sparsi qua e là e assolutamente non insensati o prepotenti, in cui il parallelismo tra la situazione storica della rivoluzione francese presente nel libro e quello che probabilmente la generazione di Graham si ricordava di Hitler nel periodo storico in cui questo libro è stato pubblicato, è decisamente molto palese. Spero di trovare altri spunti simili, man mano andrò avanti con la storia, perché forse potrebbe emergere qualcosa di più; qualcosa che potrebbe consacrare “La saga dei Poldark” un filino sopra il semplice intrattenimento.
Non c’è molto altro da dire, in verità, perché il vero clou della storia si raggiunge nel prossimo volume che almeno fino ad ora si è rivelato il mio preferito. Non vedo l’ora di raccontarvelo.
Per il momento vi lascio alle vostre letture, augurandovi buon fine settimana e buona serata!
Alla prossima, amici lettori!
-Liù

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