venerdì 4 dicembre 2015

Letteratura internazionale - Capitolo 4



Vicki Myron è una bibliotecaria ormai in pensione, che ha scritto un libro sulla sua storia e, più nello specifico, sulla storia della sua biblioteca e del gatto che ne divenne la mascotte: Dewey.
Questo libro è stato pubblicato per la prima volta nel 2008 e narra dunque l’incontro e la vita del gatto rosso della biblioteca di Spencer e della bibliotecaria che lo ha adottato. In realtà non c’è molto da dire in quanto
è un semplicissimo romanzo, carino, senza particolarità di scrittura o caratterizzazione dei personaggi. Insomma, un classico romanzetto da leggere come passatempo, soprattutto se siete appassionati di gatti. Il gatto infatti è il principale protagonista e vengono descritti, tutti coloro che hanno un gatto lo potranno confermare, i comportamenti che è facile ritrovare in un felino: palle di pelo, sguardi eloquenti, tipici movimenti, manifestazioni d’affetto eccetera. Il titolo “Io e Dewey” potrebbe richiamare alla memoria di molti un altro romanzo (poi trasformato in film) intitolato “Io e Marley”, che praticamente sarebbe la stessa cosa, solo con un cane come protagonista. Il romanzo di cui parliamo qui è successivo al romanzo di John Grogan, che non ho letto e di cui non ho nemmeno visto il film. Entrambe sono storie vere
Quello che personalmente ho trovato interessante, sono le riflessioni che questo libro mi ha portato a fare mentre lo leggevo, in particolare sul rapporto uomo – animale e sull’impatto che questi ultimi possono avere nella vita delle persone che gli stanno attorno. Infatti, io ho un gatto al quale sono molto legata e sono riuscita ad immedesimarmi completamente nella protagonista e in quelle parti del romanzo in cui esprime il legame creatosi tra loro. Questo mi ha fatto pensare ad una frase che qualcuno mi disse: “Gli animali non sono persone.”, sottolineando la predominanza o comunque la maggiore importanza che doveva essere data agli uomini. 
E in effetti è così, gatti, cani, e qualsivoglia altro animale non sono umani, altrimenti non si chiamerebbero animali, ma questo non significa che siano meno importanti. Ogni persona, come ogni animale, è a sé, cioè non si può fare una categorizzazione dicendo che i gatti sono indipendenti e ruffiani mentre i cani sono affettuosi e sempre felici. Come ogni persona ha il proprio carattere e la propria personalità, così è anche per gli animali. Sarà infatti possibile trovare dei cani particolarmente indipendenti anche se affettuosi o gatti estremamente bisognosi di affetto e contatto umano.
Se si ha la fortuna di riuscire ad instaurare un rapporto profondo con un animale, questo rapporto riuscirà a rendere felici entrambi, e nel momento il cui il rapporto si interrompe, per un motivo o per un altro, può provocare una sofferenza fortissima, che qualcuno non riesce a capire. Personalmente ritengo sia molto vero che non si dovrebbe sostituire una persona con un animale, magari per evitare di affrontare una perdita, ma è anche vero che gli animali tengono molta compagnia e possono aiutare a far fronte ai problemi della vita. Fondamentale risulta dunque distinguere la funzione terapeutica degli animali che permettono di affrontare meglio fasi della vita particolarmente difficili e l’investire tutti i sentimenti e tutto ciò che ci fa stare male sull’animale per evitare di risolvere o accettare una situazione.

La pet therapy esiste, e permette il raggiungimento di miglioramenti di vario tipo, soprattutto psicosociale e psicologico – emotivo, in pazienti di vario tipo, quindi perché non dovrebbe essere vero anche per tutte le persone? Anche per quelle persone che non presentano un disturbo o una patologia particolare. Sono sicura che se si potesse chiedere a chiunque possiede un animale se quel rapporto è significativo e se li ha cambiati in positivo, tutti, o almeno il 99% direbbe di sì.

-Pearl

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